Sinner: “Ho pensato di lasciare il tennis. Una cosa del genere da innocente non la auguro a nessuno”

Il numero 1 del tennis al Tg1: "Non è vero che mi hanno trattato diversamente, sono stato più controllato degli altri"

Pubblicato:29-04-2025 20:47
Ultimo aggiornamento:30-04-2025 12:18

Sinner
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ROMA – “Sì, ho pensato di lasciare il tennis“. Così Jannik Sinner in una intervista esclusiva al Tg1. “Mi ricordo, prima degli Australian Open, che ero in un momento non felicissimo. Ho detto ‘c’è ancora quel caso di doping’, e a fine anno ho detto ‘ok, è passato quest’anno, vediamo l’anno prossimo, vediamo com’è la situazione’. Ma poi arrivo lì in Australia e non mi sentivo proprio a mio agio, mangiavo e i giocatori mi guardavano in modo diverso, non mi piaceva proprio, e lì ho pensato che era pesante vivere il tennis in questo modo, ero diverso”.

“Il giorno in cui ho saputo delle contaminazioni da clostebol? Non ho proprio capito cosa era successo, mi hanno dovuto spiegare tutto e l’ho dovuto accettare. Abbiamo saputo subito dove erano avvenute le contaminazioni ma ho fatto fatica ad accettare questi tre mesi di squalifica perché non ho fatto niente, non capivo perché dovevo pagare questo prezzo. Poi il mio avvocato mi ha fatto capire cosa avremmo rischiato”.

“Ognuno è libero di dire quello che vuole ed è libero di giudicare, per me è importante che io so cosa è successo e cosa ho passato da innocente. Non lo auguro a nessuno“, ha poi detto in riferimento alle critiche ricevute da altri sportivi, tra cui Federica Pellegrini.

“Se le regole del doping nel tennis dovessero essere riviste? E’ difficile rispondere, ognuno ha gli stessi protocolli e quando è positivo gli stessi percorsi da fare, nessuno ha trattamenti diversi anche se io ho ricevuto critiche. Invece non sono stato trattato in modo diverso, perché ho dovuto subire molte audizioni e mi hanno controllato forse più degli altri. Dipende da come si vedono le cose”.

“La fortuna è stata aver avuto persone intorno a me che mi hanno capito e mi sono state vicino aiutandomi in quei momenti, come il mio team e la mia famiglia: ho costruito la mia bolla in cui nessuno entrava e questo mi ha dato la voglia di continuare, di lavorare e preparare gli Slam. E’ andato tutto bene l’anno scorso e ho giocato bene, anche se non mi sono sentito una persona felice in campo”.

“GIOCARE E’ IMPORTANTE, MA LA VITA PRIVATA DI PIU'”

“Credo di aver sempre gestito abbastanza bene tutte le situazioni che ho avuto: nella mia testa giocare a tennis è importante però fuori dal campo c’è una parte ancora più importante che è la vita privata, la vita familiare”, continua Sinner. “Abbiamo anche noi una vita fuori dal campo, come ce l’hanno tutti. Abbiamo il nostro lavoro dove vogliamo fare le cose al meglio, però a volte vuoi vedere solo il giocatore in campo ed è giusto così. Siete tifosi, volete fare il tifo”.

Ma davvero Sinner non si arrabbia mai? “Non è vero, anche io ho scatti di rabbia e ne ho tanti. Però giocare a tennis è come giocare a poker, perché quando vedi l’altro che ha un momento di difficoltà, e tu lo vedi, questo ti dà forza”. E ancora, riferendosi al suo team (“senza di loro non sarei nessuno”), svela alcuni retroscena: “Ho dei momenti in cui quando magari sono stanco, quando sono più nervoso, a volte non sento la partita e quindi dal mio team ci sono dei piccoli trucchetti per farmi sentire la partita e viceversa. A volte sono proprio nervoso perché voglio far vedere soprattutto a me stesso di essere capace e poi non ci riesco. Ci sono tanti momenti dove c’è sempre qualcosa che non va. Però il tennis è un gioco e se vuoi solo ‘spaccare’ la palla, questo non sempre funziona”.

Mi mancano la competizione e l’adrenalina, sicuramente sono molto contento che questa fase sia terminata e sono pronto a ripartire”. “Piano piano sto rientrando nel ritmo di allenamenti veri, con un obiettivo davanti. Mi sto allenando anche con dei giocatori forti, anche per vedere su che livello sto giocando. A volte va molto bene, a volte c’è un calo e non so perché. Sono sicuramente molto contento di rientrare in campo. Soprattutto a Roma, che è un torneo speciale per me”, ha aggiunto.

SOGNO F1

“Il mio sogno è sempre stato quello di diventare un pilota di F1, ma non ho mai avuto i soldi e quindi era inutile pure cominciare”. “Fare il calciatore? Sì, giocavo ma mi piacciono le macchine”.
Interpellato poi su chi vincerà lo scudetto, se la cava con una risata: “Non voglio gufare… vediamo”.

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