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Coronavirus, Berardi (Women For Oncology Italy): “Ai tavoli tecnici zero donne, fa indignare”

"Studio di W4O fotografa l'impatto sociale della pandemia"

Pubblicato:29-04-2020 16:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:14

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ROMA – La pandemia sta avendo un impatto significativo sulla vita sociale e familiare di molti professionisti della sanita’, prevalentemente donne che hanno scelto di vivere lontano dai familiari per evitare il rischio di trasmissione domestica. Questa e’ la situazione fotografata dai risultati della prima indagine sull’impatto sociale per gli operatori sanitari durante l’emergenza Covid-19, condotta dall’associazione Women For Oncology Italy. Di questo, ma anche della assenza di quote rosa nei tavoli tecnico scientifici, chiamati a decidere in questa emergenza, parla la professoressa Rossana Berardi, vicepresidente di W4O, intervistata dalla Dire.

– W4O ha lanciato un’indagine sull’impatto che il Covid-19 sta avendo nell’ambito sociale e familiare. Qual e’ la fotografia della situazione?


“Abbiamo lanciato un sondaggio nazionale, hanno risposto 600 operatori di diversi ruoli, discipline e Regioni italiane. In maniera interessante e’ emerso uno spaccato del nostro panorama in epoca Covid. In particolare quello che emerso e’ che dei 600 responders il 74% di questi erano donne, cosa che riflette la fotografia nell’ambito nazionale. Nel 41% dei casi soltanto, gli operatori ritenevano di aver avuto una adeguata informazione e formazione rispetto a quanto stava cambiando l’organizzazione sanitaria della propria struttura ma anche della gestione dei pazienti nel periodo pandemico. Altro dato interessante e’ che l’83% degli operatori riteneva di essere a piu’ alto rischio di contatto in ragione della tipologia della propria attivita’ lavorativa. Mentre il 72,5% riteneva di essere a rischio anche per la propria famiglia. Da qui l’indagine di W4O ha voluto approfondire il disagio sociale di medici e operatori, in particolare quelle scelte dolorose di vita messe da loro in atto per tutelare la propria famiglia”.

– Molte le donne medico in prima linea contro il Coronavirus, nessuna seduta pero’ ai tavoli tecnico-scientifici. Che ne pensa?

“Questa emergenza sanitaria ha comportato e comporta scelte dolorose, come dicevamo, proprio in termini di disagio sociale. Il 75% delle persone, per la maggior parte donne, ha cambiato vita e non solo l’allontanamento, doloroso, dal nucleo familiare ma uno stravolgimento della vita quotidiana. Nel 43% dei casi si e’ cambiata abitazione e il 32% di queste operatrici non vede i propri figli da piu’ di 14 giorni e l’80% di loro non vede i propri genitori da piu’ di due settimane. In un lavoro pesante, stressante ed in continua evoluzione, quale quello che sta avvenendo in epoca Covid, questo elemento relativo all’aspetto familiare e all’insicurezza personale non facilita l’attivita’ lavorativa. In questo spaccato che e’ emerso in cui le donne sono protagoniste sia in termini numerici che di scelte di vita effettivamente stupisce se non indigna l’assenza di donne che possono dare un contributo ideativo e decisionale”.

– Se potesse parlare con i decisori che cosa chiederebbe per la sanita’ del futuro?

“Sicuramente chiederei la presenza di tutti gli interlocutori che possono dare un contributo utile al fine di arrivare a decisioni comuni. Il comitato tecnico scientifico, che e’ stato recentemente istituito, vede 21 membri e zero donne all’interno. Noi riteniamo che ci possa essere anche un contributo positivo per il nostro genere che e’ il piu’ impegnato in prima linea. Come W4O abbiamo scritto a riguardo una lettera a tutti i ministri e al presidente del Consiglio, pubblicata anche sui nostri profili social (https://www.facebook.com/477115745813292/posts/1392630550928469/? d=n) perche’ riteniamo che sia importantissimo in questa fase, dove non c’e’ il sapere incontrovertibile per nessuno, sentire anche la voce di chi lavora sul campo e vede cio’ che puo’ essere molto migliorato. Nella fase due a cui ci avviamo delle azioni possono essere messe in campo. Sicuramente bisogna rendere piu’ forte il territorio che forse e’ stato meno supportato nella fase 1 e quello che ha comportato alcuni cedimenti in alcune Regioni. Il territorio e’ quello che ci deve supportare per identificare le persone asintomatiche, poterle isolare e tracciare contatti. Ci stiamo battendo in tal senso perche’ crediamo che sia quanto piu’ importante possa essere fatto nella fase 2. Bisogna mantenere le cautele e usare i Dpi per operatori e cittadini, nonche’ il distanziamento che ci aiuta a limitare il rischio di contagio nel momento in cui le persone riprenderanno a muoversi sempre di piu’. Fondamentale in questo momento e’ seguire quello che abbiamo lanciato come slogan: ‘Aiutateci ad aiutarvi‘: questo perche’ come professionisti ce la stiamo mettendo tutta e continueremo a lavorare per il bene dei pazienti. E’ fondamentale pero’ che ciascuno di noi faccia la propria parte le istituzioni, gli operatori e i cittadini”.

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