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Coronavirus, Valente: “Gli incontri genitori-figli da remoto per tutelare le donne”

La presidente della Commissione Femminicidio chiarisce anche che i 5,5 milioni per centri antiviolenza e case rifugio non passeranno dalle Regioni

Pubblicato:29-04-2020 13:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:14

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ROMA – “Abbiamo sostituito gli incontri in presenza genitore-figlio in spazio neutro con visite da remoto per 45 giorni con l’obiettivo di mettere in sicurezza le donne che subiscono violenza, che si vedevano costrette ad avere incontri ravvicinati con uomini potenzialmente violenti, spesso denunciati, che utilizzavano gli incontri con i minori per avvicinare le donne, verso le quali in molte Regioni non si riescono a rispettare le dovute garanzie, ovvero lo spazio neutro in presenza degli assistenti sociali”. Così all’agenzia di stampa Dire la senatrice Pd e presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, Valeria Valente, chiarisce l’obiettivo dell’emendamento all’articolo 83 del Dl Cura Italia, ora divenuto legge, che, alla lettera 7bis, dispone che “tra il 16 aprile e il 31 maggio 2020, gli incontri tra genitori e figli in spazio neutro, ovvero alla presenza di operatori del servizio socio-assistenziale, disposti con provvedimento giudiziale”, siano “sostituiti con collegamenti da remoto che permettano la comunicazione audio e video tra il genitore, i figli e l’operatore specializzato”, salvo diversa disposizione del giudice.

L’emendamento, nei giorni scorsi, aveva suscitato le critiche della deputata del Gruppo Misto e Segretaria della Commissione parlamentare infanzia e adolescenza, Veronica Giannone, secondo la quale “privare il bambino dell’incontro con il genitore non affidatario, o in alcuni casi con entrambi i genitori, in questa fase di grave emergenza sanitaria, rappresenta un inutile ed ingiustificato sacrificio per il minore stesso“, ricordando l’indicazione della Commissione femminicidio di riservare l’opzione solo ai casi di “pendenza di procedimento penale per reati di cui all’art. 1 legge 69/2019, (c.d. Codice Rosso)”.

La presidente Valente parte dal precisare che “non si tratta di una sospensione tout court, ma di una sostituzione degli incontri in presenza con incontri da remoto”, necessaria per “porre un freno alla frammentazione delle prassi che si stavano consolidando nelle singole Regioni e finivano per essere molto rischiose per donne coinvolte in procedimenti penali per violenza subita. Noi abbiamo guardato a quelle situazioni, ma in sede di scrittura dell’emendamento ci è stato fatto notare dagli uffici legislativi che andava corretto perché non si poteva applicare una disparità di trattamento nè operare dei distinguo” per una questione di “tenuta legislativa. Noi- sottolinea Valente- abbiamo fatto una regola che guardasse alla stragrande maggioranza delle donne, per proteggerle e metterle in sicurezza, per non esporle a rischi pericolosissimi prendendo atto che negli incontri spesso non venivano garantiti i minimi essenziali criteri di sicurezza”, prefigurandosi situazioni in cui “gli assistenti sociali non riuscivano a essere presenti all’incontro con i bambini” e “le donne potevano vedersi costrette a garantire quelle visite” e ad incontrare i propri aggressori da sole. Secondo la presidente della Commissione femminicidio “qualsiasi donna merita attenzione e risposta” e se ce n’è qualcuna “che è stata costretta a non vedere in presenza, ma soltanto a distanza, il proprio figlio per 45 giorni, questo può essere un sacrificio chiesto per tutelare la stragrande maggioranza delle donne dagli incontri con uomini violenti. Non credo siano rari i casi in cui l’uomo utilizzi gli incontri con il minore per continuare a esercitare violenza sulla donna. Per me è inaccettabile che le donne vengano accusate di alienazione parentale, che non esiste- sottolinea Valente- e faccio una battaglia come Commissione per tutelarle al massimo. Ad alcune, per queste ragioni, è stato sottratto il minore o sono state imposte visite protette coi propri bambini, ma si tratta di una minoranza”, che va comunque “tutelata”.


La donna, infatti, “può sempre rivolgersi al giudice, che, se non ci può essere un incontro a distanza da remoto, può costruire le condizioni per cui quell’incontro in presenza sia sicuro, perché a noi interessa questo: che sia sicuro. Dobbiamo sempre pensare di tutelare anche una specifica minoranza- conclude la senatrice- non perdendo però mai di vista l’interesse generale, che in questo caso è proteggere le donne che subiscono violenza”.

VALENTE: “5,5 MLN A CAV E CASE RIFUGIO NON PASSERANNO DA REGIONI”

Tra Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio “c’è una comunione di intenti” su come occorre intervenire in centri antiviolenza e case rifugio “per garantire la sicurezza di donne e operatrici” e per i “5 milioni di euro ad essi destinati e stanziati in occasione del Cura Italia, diventati grazie alla ministra Bonetti 5,5, sarà fatto un bando per non passare dalle Regioni“, spiega Valente a pochi giorni dall’approvazione, da parte della Conferenza delle Regioni e province autonome, del documento sulle criticità connesse all’emergenza Covid-19 nei centri antiviolenza e nelle case rifugio, inviato dal presidente, Stefano Bonaccini, a Valente e ai presidenti delle Regioni.

“Mi sono chiarita con il presidente Bonaccini ed è emersa la necessità di un confronto diretto con la conferenza delle Regioni e la ministra Bonetti che avverrà domani in videocall- fa sapere alla Dire Valente- Chiederemo alle Regioni di lavorare, d’intesa con la Protezione Civile, per individuare centri antiviolenza, case rifugio, consultori e tutti i presidi di competenza regionale, e fare in modo che siano garantiti i dispositivi e le misure di sicurezza per le operatrici e per le donne che si rechino in quei luoghi“.

Sul tema dai fondi da destinare in emergenza ai cav “abbiamo un po’ forzato la procedura, sempre nel rispetto del titolo V della Costituzione, chiedendo una deroga rispetto a un’emergenza”. Trasferire queste risorse alle Regioni, come si fa per i fondi del Dpo programmati nel piano antiviolenza, significherebbe non garantire in tempi rapidi l’arrivo delle risorse “perché è una procedura molto più complessa. Abbiamo chiesto una deroga con un’intesa con la Conferenza Stato-Regioni ed è stata un’esigenza molto compresa e accolta con serenità- sottolinea Valente- Domani chiederemo alla Conferenza di procedere di comune accordo per individuare i soggetti accreditati. Infine, accolgo positivamente l’indicazione della Conferenza di lavorare a un fondo per il sostegno al reddito dei percorsi di autonomia delle donne in uscita dalla violenza– conclude la presidente della Commissione femminicidio- ci siamo ripromessi di ripresentare la proposta per il decreto di aprile”.

VALENTE: “BONETTI A LAVORO SU CAMPAGNA 1522 IN ALTRE LINGUE”

“Ho sentito la ministra Bonetti e mi ha assicurato che sta lavorando per implementare la campagna per promuovere il 1522 anche in altre lingue, è tra le sue priorità”, commenta Valeria Valente in riferimento alla petizione online lanciata lo scorso 20 aprile su Change.org e indirizzata alla ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, da Invisibili-Collettivo Afrofemministe. Il collettivo, assieme alle associazioni ‘CReA’, ‘Donne Africa Subsahariana e II generazione’, ‘Cambio Passo’ e ‘Sans Frontiere’, chiedono di arricchire con “più inclusione e diversità culturale”, a partire dalla lingua, ‘Libera Puoi’, la campagna social che promuove il 1522 ed è rivolta alle donne che vivono situazioni di violenza durante l’emergenza Covid-19. La petizione (disponibile qui) ha raggiunto ad oggi oltre 300 firme.

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