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Ansia nei bambini e sindromi psichiatriche tra adolescenti: le conseguenze del Covid

Angelo Fioritti, presidente del Collegio nazionale dei Dipartimenti di salute mentale e responsabile di quello dell'Ausl di Bologna, spiega: "Troviamo sindromi ansiose nei più piccoli (8-12 anni) e sindromi psichiatriche e comportamentali complesse" nei ragazzi

Pubblicato:29-03-2021 16:48
Ultimo aggiornamento:29-03-2021 16:49

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BOLOGNA – Attacchi d’ansia nei bambini tra gli 8 e i 12 anni e sindromi psichiatriche tra gli adolescenti. È quello che sta emergendo sempre di più da ottobre a oggi a causa dell’emergenza Covid tra i più piccoli e i ragazzi, con un aumento di richieste di almeno un terzo in questa nuova ondata della pandemia in Emilia-Romagna. Ma “la situazione non pare essere diversa in altre parti d’Italia”. A dirlo è Angelo Fioritti, presidente del Collegio nazionale dei Dipartimenti di salute mentale e responsabile di quello dell’Ausl di Bologna, in un intervento pubblicato oggi sul portale Quotidiano Sanità. “Dal punto di vista psicopatologico- spiega- troviamo sindromi ansiose nei più piccoli (8-12 anni) espresse soprattutto attraverso la sfera somatica”, manifestandosi cioè con “mal di pancia, mal di testa, aumento o perdita di peso, incubi, enuresi”.

Negli adolescenti, invece, emergono “sindromi psichiatriche e comportamentali complesse” come “ritiro domestico tipo hikikomori, autolesionismo, accentuazione di sintomi ossessivi, aggravamento dei disturbi del comportamento alimentare, disturbi del pensiero”. Nei bambini con disabilità e disturbi dell’apprendimento, invece, “si assiste a una regressione rispetto ai livelli raggiunti” e un maggior divario coi loro coetanei. “Sono evidenti le implicazioni in termini di salute mentale che ciò potrà avere se dovesse persistere e aggravarsi questa disuguaglianza”, avverte Fioritti.

Il direttore riporta una “prima raccolta non standardizzata dei dati dei servizi regionali dell’Emilia-Romagna”, da cui “risulta che nel periodo novembre 2020-febbraio 2021, rispetto all’omologo periodo 2019-2020, si sia registrato un aumento delle richieste territoriali di circa il 30% per tutte le suddette condizioni cliniche. Il tutto in un sistema che aveva visto crescere la domanda del 50% nei 10 anni precedenti, lavorando in pratica ad isorisorse”. Questa situazione, afferma Fioritti, tra l’altro “non pare essere diversa in altre parti d’Italia”. Per quanto riguarda l’emergenza, invece, “sono state segnalate impennate negli accessi in Pronto soccorso e nei ricoveri“, che rappresentano però “la punta dell’iceberg” e quindi le “proposte di soluzioni basate su tale aspetto non possono che essere fallimentari, per quanto il problema esista e vada affrontato”.


La prima ondata della pandemia, invece, “non ha prodotto guai ulteriori rispetto alla situazione pur drammatica di partenza- sottolinea il direttore del centro di salute mentale- qualcuno suggerisce che la chiusura delle scuole sia stata cognitivamente presa come una sorta di vacanza anticipata dai ragazzi, che poi hanno avuto limitazioni relative durante l’estate. I dati di attività dei servizi sembrano confermare che al primo giro non ci sia stato un aumento né delle richieste di aiuto, né delle attività di emergenza”, ad esclusione degli studenti con disabilità e le loro famiglie, “che già alla prima ondata hanno sperimentato una significativa regressione delle abilità faticosamente conquistate e livelli di stress importanti”.

A conti fatti, dunque, “quella attuale sembra essere una crisi più grave rispetto alle precedenti- avverte Fioritti- che comunque a varie riprese negli ultimi 10 anni si erano già verificate”. Il direttore del dipartimento di salute mentale cita ad esempio il caso dell’area metropolitana di Bologna, dove “dal 2011 al 2021 le prime visite di neuropsichiatria infantile sono aumentate del 50% e in particolare quelle per problemi di psicopatologia dell’adolescente sono aumentate dell’83%”.
In altre parole, analizza Fioritti, “non è tutta colpa del lockdown, anche se quest’anno sta pesando sulla salute mentale degli italiani e probabilmente in misura maggiore sulla salute fisica e mentale dei bambini e degli adolescenti. Diversi indicatori di salute mentale dei giovanissimi sono in calo da almeno 15 anni e in parallelo le richieste di aiuto ai servizi pubblici e privati sono andate crescendo esponenzialmente”. Il quadro, continua Fioritti, “non è molto diversa tra aree urbane, suburbane e rurali e non sembra essere granché diversa tra nord, centro e sud”.

FIORITTI: “AI GIOVANI TROPPI MESSAGGI CONTRADDITTORI, COSÌ NON VA”

Da un lato “si sono colpevolizzati i giovani per i loro comportamenti non sempre attenti” alle misure anti-contagio. Dall’altro, invece, “li si è dipinti come vittime delle stesse misure, arrivando a coniare definizioni come ‘generazione-Covid’ che implicitamente normalizzerebbe l’aspettativa di un presente e un futuro clinico per molti di loro”. A denunciarlo è Angelo Fioritti, presidente del Collegio nazionale dei Dipartimenti di salute mentale e responsabile di quello dell’Ausl di Bologna, in un intervento pubblicato oggi sul portale Quotidiano Sanità.

“La situazione di crisi nella crisi che stiamo vivendo- afferma Fioritti- è un’opportunità per rimettere al centro della agenda sociale il tema dei giovani e contestualizzarlo in una cultura della promozione della salute e della responsabilità”. In questi mesi, però, “i messaggi che sono stati inviati sono contraddittori come poche altre volte”. Dunque, insiste Fioritti, anche “da parte delle istituzioni sanitarie occorre avere linee di comunicazione equilibrate, che non nascondano i problemi esistenti, ma veicolino il coraggio ad affrontare la realtà con gli strumenti della resilienza individuale e dei sistemi sociali, semmai da rafforzare”.

Ogni generazione, del resto, “ha i suoi problemi e anche se quelle che si affacciano ora alla società ne hanno di importanti, è bene che ci sia una consapevolezza intergenerazionale che ce la si farà, con impegno e responsabilità di tutti, come ce l’hanno fatta le generazioni che hanno vissuto la guerra o gli anni di piombo”. A questo si aggiunge il fatto che “sulle strategie istituzionali è sicuramente arrivato il momento di riformare il sistema di relazioni tra scuola, servizi sociali, servizi sanitari, istituzioni giudiziarie e quant’altro si muove attorno ai giovani- sostiene Fioritti- è un sistema talmente complesso, frammentato e contraddittorio che risulta difficile da comprendere anche agli adulti, che disorienta e disamora i giovani“. Infine, segnala il responsabile del centro di salute mentale, “è ineludibile oramai rivedere una politica complessiva verso i giovani e di rafforzamento delle istituzioni territoriali nel loro insieme e delle neuropsichiatrie infantili e dell’adolescenza in particolare”.

Proprio domani, martedì 30 marzo, si insedierà al ministero della Salute un tavolo tecnico a cui il Collegio porterà le sue proposte per “affrontare e risolvere i problemi strutturali e contingenti di questo settore”. In particolare, spiega Fioritti, i nodi storici da affrontare riguardano “la vastità dell’area di intervento” nelle neuropsichiatrie, che vanno dai neonati agli adolescenti, e la “eterogeneità dei modelli organizzativi” nelle varie aziende sanitarie. Vanno poi riviste le relazioni con il territorio, gli ospedali e i servizi sociali di tutela dei minori. “Il sistema territoriale sta sopportando da dieci anni un carico crescente di bisogni complessi e rischia di soccombere davanti a questa crisi nella crisi”, avverte Fioritti.

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