Il Papa in partenza per il Congo, l’appello: “C’è un buco nero dell’informazione, il mondo apra gli occhi”

Alla vigilia del viaggio del Papa nella Repubblica democratica del Congo, scrittori e attivisti lanciano un appello ai giornalisti affinchè raccontino lo stato del Paese, devastato dai conflitti armati da 30 anni, e non accendano un faro solo sul Pontefice

Pubblicato:29-01-2023 17:47
Ultimo aggiornamento:29-01-2023 17:47

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ROMA – Rompere il silenzio sui conflitti armati in Congo, un Paese vittima della propria stessa ricchezza, coltan, cobalto e “terre rare”, sulle quali vogliono mettere le mani governi e multinazionali dell’industria elettronica: è l’appello che arriva da Roma, a pochi giorni dalla visita apostolica a Kinshasa di Papa Francesco.

Le voci sono quelle di scrittrici, rifugiati, attivisti, di origini congolesi o italiane, insieme, in rete con oltre cento ong e realtà della società civile. E che l’incontro sia ospitato nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) non è un caso: a segnarlo subito è un monito e un incoraggiamento ai giornalisti, affinché diano spazio agli “ultimi” e illuminino anche le “periferie dell’informazione”. Rilanciando così il messaggio di Francesco, il Papa del Sud, “giunto quasi dalla fine del mondo”.

MWENDIKE (LUCHA): “GUERRA È SEMPRE E SOLO FALLIMENTO”

La guerra fallisce sempre, non risolve nulla, distrugge, uccide e fa tornare al punto di partenza; e le rivendicazioni iniziali, che sembravano giustificarla, sono consumate, inghiottite e ridotte al nulla: parola di Micheline Mwendike, scrittrice e attivista, fondatrice del movimento Lucha in Repubblica democratica del Congo. La sua testimonianza è stata resa durante un incontro nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), a pochi giorni dalla partenza di Papa Francesco per Kinshasa in programma martedì prossimo.

“Arrivai in Italia nel 2015, era gennaio, e un giorno mi spaventai per degli spari” ha ricordato Mwendike: “Quando mi fu detto che era in corso una caccia ai cinghiali rimasi incredula, pensando che la guerra la portavo con me, che faceva parte ormai della mia identità”. L’attivista, di base in Emilia-Romagna, è autrice di un libro dal titolo ‘La guerre a échoué’, in italiano “la guerra ha fallito”. Pagina dopo pagina si susseguono ricordi personali, anche da bambina, risalenti agli anni Novanta, quando le persone sfollate già cercavano rifugio nella città di Goma, il capoluogo della provincia congolese del Nord Kivu a ridosso del confine con il Ruanda.

“Penso all’incontro con una ragazza, nel mio quartiere” ha detto Mwendike: “Mi disse che la guerra era ormai la sua quotidianità”. Con la sua famiglia, ancora ragazza, l’attivista è stata costretta a lasciare la propria città e ha rischiato la vita a causa delle incursioni e delle violenze di gruppi armati. Il suo, allora, in una fase di rinnovati scontri e tensioni che coinvolgono anche il Ruanda, è un appello a un maggiore impegno internazionale in favore della pace. “Il Congo mi ha insegnato che la guerra non è mai la soluzione e che si perde sempre” ha detto Mwendike.

“In 30 anni di guerra siamo sempre allo stesso punto; la guerra comincia con una rivendicazione sensata, c’è chi ti viene a convincere, ma quel discorso poi dove va a finire? Non c’è più: la guerra lo consuma, è lei a dominare”. Secondo l’attivista, è da qui che nasce la scelta della nonviolenza, promossa anche con Lucha, acronimo per Lutte Pour Le Changement, un movimento civile nato a Goma nel 2012. “La guerra uccide le stesse rivendicazioni iniziali”, ha detto Mwendike, “e poi rimangono solo disperazione e sofferenza”. L’incontro alla Fnsi è stato promosso da ong, reti delle diaspore e associazioni del Terzo settore. Il titolo è: ‘A quando la pace in Congo? Il grido della società civile per la pace nella Repubblica democratica del Congo’.

KABEZA (RIFUGIATO): “ASPETTIAMO PAPA, MONDO APRA OCCHI

Nei campi gli sfollati aspettano la visita del Papa con la speranza che il mondo possa accorgersi del conflitto in Congo, aprendo orecchie, occhi e anche bocca per denunciare e intervenire: in un’intervista con l’agenzia Dire lo sottolinea Pierre Kabeza, professore e sindacalista costretto a lasciare il suo Paese di origine e oggi rifugiato in Italia.

Il colloquio si tiene nella sede della Fnsi, che ha ospitato un incontro a pochi giorni dalla partenza di Francesco per Kinshasa, prevista martedì prossimo. “La sua visita è attesa dai congolesi con molta speranza” dice Kabeza, ricordando come il viaggio sia stato rinviato più volte e come il pontefice non potrà comunque recarsi nelle province orientali del Kivu per ragioni di sicurezza. “Mi torna in mente una donna sfollata che quando seppe che la visita era stata annullata si mise a gridare che ‘lo aspettava’ e che il Papa avrebbe potuto aiutare a cambiare l’opinione della comunità internazionale”.
Secondo Kabeza, nonostante decenni di conflitto armato e violenze, alimentate da gruppi ribelli e tornate ad aggravarsi in coincidenza con rinnovate tensioni con il vicino Ruanda, “il problema del Congo non viene mediatizzato”.

La speranza, allora, è che “il mondo apra gli occhi, le orecchie e anche la bocca“. Con urgenza, sottolinea Kabeza, originario proprio del Kivu: “Il fatto che l’esercito del Ruanda abbia aperto il fuoco contro un caccia congolese per un presunto sconfinamento conferma che corriamo il rischio di andare verso una guerra generalizzata, già documentato peraltro dalla presenza nell’est di truppe di più Paesi, keniane, sud-sudanesi o burundesi”.

Il riferimento è a contingenti inviati dalla Comunità dell’Africa orientale lo scorso anno, con l’obiettivo dichiarato di garantire la sicurezza dopo le incursioni nel Kivu del Mouvement 23 mars (M23) e di altri gruppi ribelli, in qualche caso sospettati di legami con il Ruanda. Kabeza è esponente di diverse organizzazioni. Tra queste l’Associazione amici di Luca Attanasio, nata in ricordo dell’ambasciatore italiano assassinato in un agguato in Nord Kivu nel febbraio 2021.

DON DELL’OLIO: PAPA DIVENTA ORA VERA SCORTA MEDIATICA

Papa Francesco è oggi la “vera scorta mediatica del Congo” e la sua visita può diventare importante per un Paese che resta “alla periferia dell’informazione”: lo ha detto oggi don Tonio Dell’Olio, presidente dell’associazione della Pro Civitate Christiana di Assisi. L’occasione è stata un incontro presso la sede romana della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), a pochi giorni dalla partenza del pontefice per Kinshasa martedì prossimo.

Questo conflitto dura da oltre 30 anni ma non trova la dovuta attenzione sulla stampa” ha denunciato don Dell’Olio, in riferimento a violenze dilagate nel 1998 e proseguite in particolare nelle regioni orientali del Kivu dopo quella che è stata definita anche la Grande guerra africana. “La visita del Papa in questa periferia persino dell’informazione diventa importante” ha continuato il presidente di Pro Civitate Christiana. “Francesco è la vera scorta mediatica del Congo”. Secondo don Dell’Olio, l’incontro di oggi è stato promosso da 107 organizzazioni della società civile con l’obiettivo di far sì che “l’attenzione verso il Congo non svanisca con la visita del Papa stessa”.

GIULIETTI (FNSI): RACCONTARE PAPA MA ANCHE CONTESTO

Raccontare il “contesto”, ciò che accade intorno, e “non limitarsi solo alle parole che saranno pronunciate dal Papa”: questo l’appello rivolto ai giornalisti da Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (Fsni), a pochi giorni dalla visita di Francesco in Repubblica democratica del Congo e Sud Sudan.

Giulietti ha citato un discorso del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. “Ha chiesto di disarmare i cuori, di abbandonare lo spirito bellicista e soprattutto di andare alle frontiere, dando voce agli ultimi” ha ricordato il presidente della Fnsi. “In sostanza ha ripreso il suo messaggio sulla necessità di illuminare le periferie”.
Secondo Giulietti, essenziale nel lavoro sul Congo e su altri Paesi poco raccontati è “illuminare il contesto, ciò che accade attorno al buco nero dell’informazione“. Nei prossimi giorni, allora, questo l’appello del presidente della Fnsi, i cronisti “non dovranno limitarsi solo alle parole che saranno pronunciate dal Papa”.
L’incontro di oggi ha come titolo ‘A quando la pace in Congo? Il grido della società civile per la pace nella Repubblica democratica del Congo’.

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