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Covid, Ats Milano: 655.000 casi gestiti e 15.000 prestazioni Usca

Il direttore dell’Ats di Milano, Walter Bergamaschi: “Noi siamo un’agenzia regolatoria e fino a febbraio 2020 non avevamo rapporti con la cittadinanza”

Pubblicato:29-01-2021 15:54
Ultimo aggiornamento:29-01-2021 15:54
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Di Maria Laura Iazzetti

MILANO – Nel territorio gestito dall’Ats di Milano dall’inizio della pandemia circa 655.000 persone sono stati casi sospetti di Covid-19, contagiati o in qualche modo hanno avuto accesso ai servizi legati alle diagnosi per il nuovo coronavirus. Con queste persone l’Ats ha collezionato quasi oltre un milione e mezzo di contatti (1.637.094). A rivelarlo è il direttore dell’Ats di Milano, Walter Bergamaschi, durante il convegno online sulle fragilità del sistema sanitario lombardo organizzato dalla ‘Fondazione Ambrosianeum’.

Bergamaschi sottolinea che è importante considerare il ruolo svolto dall’Ats prima della pandemia: “Noi siamo un’agenzia regolatoria e fino a febbraio 2020 non avevamo rapporti con la cittadinanza”. Rapporti che, invece, a dispetto dei compiti assegnati dalla legge Maroni, le Ats hanno dovuto intrattenere. Sul portale creato ad hoc sono stati indicati 310.000 pazienti sospetti da inizio pandemia con picchi di 10.000 segnalazioni al giorno. Il 62% dei positivi veniva indicato dai medici di medicina generale.


Durante il suo intervento, Bergamaschi ha sottolineato il piano di intervento che l’Agenzia territoriale ha dovuto mettere in campo durante la seconda ondata ripensando i servizi territoriali, che saranno oggetto della riforma della legge sulla sanità lombarda del 2015.

Questo ripensamento dell’azione di Ats Milano ha riguardato diversi aspetti. In primis, il coinvolgimento dei medici di medicina generale nella vigilanza dei pazienti fragili, la diffusione di 60 centri di coordinamento per i medici di base e la creazione di 18 poli territoriali (dietro richiesta delle Asst), in cui effettuare sorveglianza e assistenza ambulatoriale per i casi domiciliari che sviluppano sintomi. Per il direttore dell’Ats, proprio questi 18 poli “possono essere il modello di un modo diverso di organizzare la gestione della cronicità”. Oltre al servizio domiciliare delle Usca (che hanno svolto 15.300 prestazioni), sono stati attivati sei Covid-hotel per diminuire il flusso di ospedalizzazione.

Iniziative importanti, secondo Bergamaschi. “E’ servito ripensare i servizi territoriali? Non abbiamo dati certi per rispondere a questa domanda. Possiamo, però, osservare che con un aumento del numero dei casi durante la seconda ondata la mortalità in generale si è ridotta”, spiega.

Con la pandemia per il direttore dell’Ats, “abbiamo imparato che il territorio non puo’ essere solo investimenti in termini di sedi e di persone”. C’è bisogno di un modello organizzativo in cui siano inserite e formate figure professionali “come l’infermiere di famiglia o il medico territoriale”. “Non si tratta di integrare solo l’ospedale con il territorio- specifica Bergamaschi- ma di integrare il territorio con il territorio”.

In questo senso, è fondamentale puntare sulla prevenzione, “che non deve essere il 5% del fondo del sistema sanitario nazionale” e aumentare “gli investimenti per i sistemi informativi”.

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