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Siria, Assad riconquista il villaggio di Maarat: caduto il simbolo della rivoluzione democratica

Il giornalista italo-siriano Fouad Roueiha commenta la caduta del villaggio di Maarat Al-Numan

Pubblicato:29-01-2020 18:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:55

Siria
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ROMA – “La caduta di Maarat Al-Numan è particolarmente dolorosa perché la gente di quel piccolo villaggio si era distinta per un’esperienza di autogoverno democratico davvero lodevole, mentre per anni, da un lato, resisteva agli attacchi dell’esercito di Damasco e, dall’altro, alle offensive dei gruppi integralisti. Questo evento conferma che gli interessi del regime siriano e delle altre potenze coinvolte nel conflitto si giocano sulla pelle dei siriani”. Questo il commento per la Dire di Fouad Roueiha, giornalista italo-siriano esperto di Medio Oriente e attivista per ‘Osservatorio Iraq’.

L’esercito del governo di Damasco, che da mesi tiene sotto assedio la provincia di Idlib, ha annunciato la conquista del villaggio di Maarat, ritenuto roccaforte delle proteste anti-governative. L’intento, hanno sostenuto i generali, è sradicare i gruppi terroristi, ma secondo il movimento democratico che in Siria rivendica il valore della rivoluzione pacifica del 2011, Bashar Al-Assad punta a riprendere il controllo di aree sfuggite al controllo di Damasco e in cui si sono realizzate varie forme di autogoverno.

E Maarat Al-Numan, dice Roueiha, è proprio l’emblema della resistenza dei siriani al governo autoritario: “Il piccolo villaggio circondato dalle truppe di Assad si è distinto per il suo tentativo di emanciparsi sia dal regime sia dalla presenza dei gruppi legati ad Al-Qaeda. Gli abitanti hanno sollevato la bandiera siriana della rivoluzione pacifica per l’indipendenza in un momento in cui farlo significava esporsi alle pallottole di chi, invece, sventolava i vessilli del gruppo Jabhat Al-Nusra o di altre milizie estremiste”.


Affrancatasi da Damasco nel 2012, dice Roueiha, la gente di Maarat poi “per cento giorni è scesa in piazza per rivendicare la propria esperienza di autogoverno democratico, caratterizzato dalle elezioni del Consiglio rivoluzionario e amministrativo locale. Un esempio che ha reso orgogliosi molti siriani”.

Ma oggi, continua il giornalista, tale esperienza “è stata spazzata via, i suoi abitanti costretti a fuggire verso la Turchia, diventando l’ennesima pedina di scambio per le trattative tra Russia e Turchia”.

Secondo il giornalista, in Siria si incontrano gli interessi di Mosca e Ankara, che a loro volta “si fanno portavoce dei loro protetti: rispettivamente il regime di Bashar Al-Assad e l’esercito creato dalla Turchia e composto da miliziani siriani”.

Quest’ultima milizia in particolare, dice Roueiha, “ha partecipato all’invasione turca del nord-est della Siria di novembre scorso. Ora verranno inviati anche in Libia”. Ankara, d’intesa con Tripoli, invierà infatti contingenti militari per respingere l’offensiva di Khalifa Haftar. Secondo Roueiha, “vari interessi stranieri si giocano in Siria sulla pelle dei siriani e, ora, anche dei libici“.

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