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Nuovi scontri tra esercito e ribelli in Myanmar, incendiato un villaggio

Ci sono anche due operatori di Save the Children tra le persone uccise venerdì 24 dicembre in un attacco dell'esercito nello stato di Kayah

Pubblicato:28-12-2021 15:22
Ultimo aggiornamento:28-12-2021 15:22

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ROMA – Non si arrestano le violenze in Myanmar, dove l’esercito responsabile del golpe di febbraio scorso è chiamato a confrontarsi con i gruppi armati ribelli in varie zone del Paese.

Come riferisce la testata locale Irrawaddy, gli scontri sono iniziati lo scorso 22 dicembre nella città di Kale, nello stato nord-occidentale di Sagaing: tafferugli tra militari e milizie locali hanno spinto l’esercito ad attaccare gli abitanti, sequestrandone alcuni, e innescando la reazione di tre gruppi locali: il Kale People’s Defense Force, il Chinland National Defense Force (Kale) e il People’s Defense Force.

Stamani, nel vicino villaggio di Natchaung, i soldati hanno dato alle fiamme diverse abitazioni. Dalla scorsa settimana, come riferiscono i ribelli, nei raid aerei oltre venti persone hanno perso la vita. Il conflitto però da settimane coinvolge soprattutto il Kayah e Karen, prossime al confine con la Thailandia. Qui, come avvertono anche i residenti condividendo foto e filmati tramite i social media, proseguono gli scontri a fuoco. Circa 5.000 persone hanno deciso di lasciare le proprie case per fuggire in Thailandia. A riattirare l’attenzione dei media internazionali sulla crisi birmana è stato però l’eccidio che alla Vigilia di Natale ha coinvolto 35 persone nei pressi del villaggio di Hpruso, nello stato di Kayah. I corpi delle vittime, tra cui anche donne e bambini, sono stati trovati carbonizzati lungo una strada in quella che è sembrata un’esecuzione. I gruppi armati hanno anche richiesto alla comunità internazionale di condannare le violenze imponendo una no fly zone, ma al momento non è giunta nessuna risposta.


DUE OPERATORI SAVE THE CHILDREN MORTI NEL ROGO DI NATALE

“È con profonda tristezza che confermiamo che i due operatori di Save the Children dispersi erano tra le 35 persone, tra cui donne e bambini, che sono state uccise venerdì 24 dicembre in un attacco dell’esercito del Myanmar nello stato di Kayah, nell’est del paese”. Così fa sapere Save the Children, che attraverso una nota chiede una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per “definire le misure che intende adottare per chiedere conto ai responsabili di questi fatti, agli Stati membri di imporre un embargo sulle armi, all’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean) di adoperarsi per il rispetto degli accordi siglati ad aprile e per una soluzione diplomatica volta ad arginare le violenze”.

La nota continua: “I due membri dello staff erano entrambi neo-papà, appassionati dell’educazione dei bambini. Uno di loro aveva 32 anni, un figlio di 10 mesi e lavorava da due anni con Save the Children, come addetto alla formazione degli insegnanti. L’altro aveva 28 anni e una figlia di tre mesi e si era unito all’Organizzazione sei anni fa. Per il momento, per motivi di sicurezza, non vengono diffuse le loro identità”. L’organizzazione riferisce poi che “i due colleghi sono stati coinvolti nell’attacco mentre stavano tornando al loro ufficio dopo un intervento umanitario in una comunità vicina. I militari hanno fermato il convoglio e costretto le persone a scendere dalle auto. Alcuni sono stati arrestati, molti sono stati uccisi e i loro corpi bruciati”.

Inger Ashing, Ceo internazionale di Save the Children, ha dichiarato: “Questa notizia è davvero terrificante. La violenza contro civili innocenti, compresi gli operatori umanitari, è intollerabile e questo attacco insensato è una violazione al diritto umanitario internazionale. Siamo scossi dalle violenze perpetrate contro i civili e il nostro staff, che è impegnato in attività umanitarie a sostegno di milioni di bambini in tutto il Myanmar. Le indagini sulla natura dell’incidente continuano e stiamo facendo tutto il possibile per garantire al nostro personale e alle famiglie delle vittime il supporto di cui hanno bisogno dopo questo devastante evento. Purtroppo- il monito di Ashing- questo non è un caso isolato. La popolazione del Myanmar continua ad essere presa di mira dall’escalation di violenze e questi terribili episodi richiedono una risposta ferma e immediata”.

Ashing ha rilanciato l’appello al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affinché “si riunisca il prima possibile per definire le misure che intende adottare per chiedere conto ai responsabili di questi fatti. Gli Stati membri dovrebbero imporre un embargo sulle armi, concentrandosi anche sulla limitazione degli attacchi aerei osservati negli ultimi giorni. L’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean) deve inoltre convocare una riunione urgente per rivedere e attuare l’Accordo in cinque punti stabilito ad aprile, che chiede l’immediata cessazione delle violenze in Myanmar. Inoltre, l’inviato speciale dell’Asean deve adoperarsi affinché si trovi una mediazione per una soluzione diplomatica. Questi passaggi sono terribilmente urgenti per proteggere i bambini e gli operatori umanitari. La nostra Organizzazione è affranta per due amati e insostituibili colleghi, la cui morte rappresenta una perdita per i bambini di Kayah e di tutto il Myanmar”.

Save the Children lavora in Myanmar dal 1995, fornendo assistenza sanitaria, cibo, istruzione e programmi di protezione dell’infanzia attraverso più di 50 partner e 900 dipendenti in tutto il paese. hanno temporaneamente sospeso le operazioni a Kayah, Chin e in alcune aree di Magway e Kayin a seguito di questo incidente. L’Organizzazione rimane comunque impegnata nell’aiutare i bambini più vulnerabili in Myanmar, specialmente in questo periodo di violenze estreme e di crisi.

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