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L’osservatorio Milex: “L’Italia ha speso 450 milioni di armi per l’Ucraina”

Me la stima potrebbe essere più alta per la partecipazione all'European Peace Facility ed eventuali rifornimenti della Difesa

Pubblicato:28-11-2022 17:51
Ultimo aggiornamento:28-11-2022 17:51
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armi milex
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ROMA – Ammonta a 450 milioni di euro la cifra complessivamente spesa dall’Italia per inviare armi in Ucraina all’indomani del conflitto scoppiato a febbraio, secondo la valutazione dell’Osservatorio Milex. La stima è diffusa alla vigilia di un nuovo dibattito Parlamentare che toccherà anche il tema della cessione di armi all’Ucraina, in vista di un possibile sesto decreto interministeriale con dettaglio di materiali da inviare a breve alla volta di Kiev.

La cifra però secondo gli analisti supera “abbondantemente i 450 milioni di euro di spesa, secondo le valutazioni derivanti dal valore dichiarato delle cessioni e dal contributo italiano all’European Peace Facility (lo strumento europeo con cui tali invii di armi avranno copertura finanziaria), senza contare possibili ulteriori costi di rifornimento magazzini della Difesa”.

LA DEROGA ALLA LEGGE SULL’EXPORT DI ARMI

L’Osservatorio evidenzia che l’autorizzazione alla “cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina” è stata definita con il decreto legge n. 14 del 2022 (nel quale è stato trasposto il contenuto del decreto legge n. 16 del 2022), convertito con la legge n. 28 del 2022. Nonostante tale autorizzazione, che ha validità temporale fino al 31 dicembre 2022, si riferisca materiali d’armamento già in possesso della Difesa italiana che non verranno pagati dall’ucraina si è voluto esplicitare – in maniera superflua – che si tratta di un provvedimento in deroga alla legge 185/90 sull’esportazione di armi. Per rendere effettiva la decisione si è dovuto procedere all’adozione di un atto di indirizzo del Parlamento.


NESSUN DATO SU COSTI E TIPO DI ARMAMENTI

Al momento, risultano definiti cinque decreti interministeriali, con dettagli sugli armamenti scelti secretati, quattro dei quali emessi durante la XVIII legislatura con l’ultimo invece adottato a nuove elezioni già avvenute e illustrato dal ministro della Difesa Guerini al Copasir lo scorso 4 ottobre. L’obbligo di aggiornamento delle Camere previsto dal decreto legge con cadenza almeno trimestrale è stato assolto con alcuni dibattiti periodici, e relativa approvazione di documenti, che però non hanno mai toccato i dettagli sui materiali inviati e sui costi relativi. L’Osservatorio Milex continua ricordando che già lo scorso aprile aveva provato a definire una prima stima generica di costo per le casse pubbliche di questa decisione di sostegno militare all’Ucraina, a partire dall’unica cifra diffusa formalmente da Guerini durante un’audizione parlamentare (e presa come riferimento base anche dalle analisi internazionali): 150 milioni di controvalore.

LA PARTECIPAZIONE ALL’EUROPEAN PEACE FACILITY

Il costo reale per il nostro Paese deriva però dalla modalità “internazionale” di copertura che è stata decisa a livello di Consiglio Europeo (i fondi militari sono esclusi dalle competenze specifiche dell’Unione, secondo i Trattati costitutivi): il ricorso allo strumento European Peace Facility (Epf). Come già evidenziato si tratta di uno strumento finanziario ‘fuori bilancio’ a supporto delle iniziative militari internazionali europee istituito il 22 marzo 2021 con una prospettiva settennale (che no si ipotizzava certo di dover utilizzare così copiosamente per l’Ucraina) e una dotazione previsionale di 5.692 milioni di euro.

Dunque l’Epf è finanziato dai contributi annuali degli Stati membri dell’Ue stabiliti in base al Reddito nazionale lordo: la quota di contribuzione annuale dell’Italia è quindi di circa il 12,5%. Le erogazioni successivamente decise nel corso dell’anno hanno superato di molto il budget annuale previsto e si attestano al momento ad un totale di 3,1 miliardi di euro confermati ad ottobre 2022. La modifica sostanziale, in aumento, delle cifre previsionali non ha però modificato la modalità di erogazione fondi a copertura degli invii delle armi, che rimane definita in base al controvalore degli armamenti secondo i meccanismi di funzionamento già stabiliti. Ciò significa che ciascun Paese può richiedere rimborsi Epf in base a quanto dichiara di aver inviato all’Ucraina: poiché però i controvalori dei materiali d’armamento spediti sono molto più alti del fondo comune già deciso la copertura non potrà essere integrale.

Al momento, soprattutto a seguito delle forti pressioni della Polonia che è ai vertici della lista dei sostenitori militari dell’Ucraina, ci si sta orientando su una copertura pari a circa il 50%. Cosa significa questo per l’Italia, in termini reali e considerando che invece l’erogazione verso il fondo Epf è definita con quote già previste a priori? Partendo dall’unica cifra diffusa, risponde Milex, il nostro Paese si dovrebbe vedere restituiti 75 dei 150 milioni spesi ma a fronte di una “quota Epf” di circa 387 milioni di euro. Cioè un totale complessivo per le casse pubbliche che supera abbondantemente i 450 milioni di spesa.

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