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Ecuador, Tapia (nativi Amazzonia): “Il presidente scappa dalle proteste”

I movimenti sociali dell'Ecuador, con i testa i popoli originari, "bloccano le strade e scendono in piazza contro l'aumento del prezzo del carburante e l'espansione del settore estrattivo"

Pubblicato:28-10-2021 19:00
Ultimo aggiornamento:28-10-2021 20:08
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ROMA – Dall’Amazzonia fino alla cordigliera delle Ande, i movimenti sociali dell’Ecuador, con i testa i popoli originari, “bloccano le strade e scendono in piazza contro l’aumento del prezzo del carburante e l’espansione del settore estrattivo”.

Il presidente Guillermo Lasso, primo indiziato per i manifestanti, “se ne va in Europa per la Cop26, lasciando il Paese immerso nel malcontento”. È lo scenario descritto all’agenzia Dire da Andres Tapia, responsabile della comunicazione della Confederacion de Nacionalidades Indigenas de la Amazonia Ecuatoriana (Confeniae), ente che rappresenta 1.550 comunità originarie apparenenti a 11 nazionalità native delle province amazzoniche dell’Ecuador.

L’attivista parla da Puyo, capoluogo della provincia di Pastaza, la più estesa delle 24 del Paese, nel cuore della foresta amazzonica. Stando a quanto riferisce il quotidiano El Comercio, la Confederacion de Nacionalidades Indigenas del Ecuador (Conaie), l’organizzazione nazionale dei nativi di cui fa parte Confeniae, insieme ai sindacati del Frente Unido de Trabajadores (Fut) e dell’Unión de Organizaciones Campesinas de Cotacachi (Unorcac), avrebbero annunciato da poche ore una pausa alla mobilitazione nazionale per protestare contro le misure imposte dall’amministrazione Lasso che andava avanti da oltre 48 ore.

Le manifestazioni dovrebbero riprendere dopo il lungo fine settimana che attende il Paese, e soprattutto al ritorno in patria del capo di Stato, anche se, precisa Tapia alla Dire, “al momento i dimostranti rimangono in strada in attesa di comunicazioni ufficiali”. Le proteste erano scattate dopo settimane di annunci e di tentativi di negoziati con l’esecutivo. Ieri, alla vigilia della partenza per la Scozia in vista della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop26) al via domenica, Lasso ha fatto sapere però di essere pronto a incontrare i dirigenti nativi il prossimo 10 novembre.

Tra le istanze principali della mobilitazione, riferisce Tapia, “l’opposizione contro una serie di provvedimenti che noi definiamo neoliberisti, promossi solo per compiere gli ordini del Fondo monetario internazionale “. Primo su tutti, prosegue il responsabile della comunicazione di Confeniae, che è anche il direttore della sua radio comunitaria, La voz de Confeniae, “il decreto che sancisce un aumento delle tariffe dei combustibili rispetto ai livelli precedenti al loro congelamento”, decretato nei giorni scorsi da Lasso sempre nel tentativo di placare le proteste di nativi e sindacati.

Fino alla settimana scorsa in Ecuador vigeva infatti un meccanismo di aumento progressivo dei prezzi di benzina e diesel in funzione del costo internazionale del petrolio, maturato nell’ambito di un accordo che era stato stipulato con l’Fmi dal suo predecessore, Lenin Moreno. Altro aspetto che sta molto a cuore ai movimenti nativi, ribadisce Tapìa, è “il contrasto a due decreti, il 95 e il 151, che stabiliscono l’ampliamento della frontiera e il raddoppio della produzione rispettivamente per il petrolio e il settore minerario nel nord-est e nel centro-sud della regione Amazzonica”. Scontri tra manifestanti e forze dell’ordine si sono verificati in diverse zone del Paese negli ultimi due giorni.

Filmati che mostrano l’intervento della polizia in alcuni quartieri popolari della capitale Quito sono stati rilanciati da molti utenti di Twitter. Tapia, parlando della situazione in Amazzonia, dice che “blocchi alle strade si sono registrate lungo l’arteria sud-orientale che connette le città di Puyo e di Macas, quest’ultima nella provincia di Morona-Santiago”, ma anche “nel nord-est della foresta, dove dei blocchi sono stati rimossi dalle forze dell’ordine e poi eretti nuovamente dai manifestanti”.

I momenti di maggiore tensione, riferisce l’attivista di Confeniae, sono stati registrati invece nella zona centrale della cordigliera andina, “nelle province di Cotopaxi, Chimborazo, Bolivar e Tungurahua, dove sono scesi in strada migliaia di manifestanti e dove si sono verificati scontri”. Per adesso le cifre ufficiali parlano di 37 persone detenute, di cui nove sarebbero già state rilasciate stando a quanto afferma il ministero degli Interni. Nelle proteste una persona ha anche perso la vita. “Si tratta di un giornalista dell’emittente comunitario Tvmicc, Juan Gonzalo Rojas Allauca, del movimento nativo del Cotopaxi”, informa Tapìa.
“È deceduto in circostanza ancora da chiarire mentre copriva le proteste nella sua provincia”.


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