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Berlusconi e Salvini… mi fido o non mi fido? Giorgia non si fida

L'editoriale del direttore Nicola Perrone

Pubblicato:28-09-2022 19:31
Ultimo aggiornamento:29-09-2022 11:50

Meloni
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ROMA – In tutta la campagna elettorale Giorgia Meloni aveva invitato più volte Berlusconi e Salvini a sottoscrivere il patto ‘anti-inciucio’, giurare che mai e poi mai avrebbero tradito per passare col nemico nel corso della legislatura. Appello caduto nel vuoto, i due nemmeno le hanno risposto. Che c’entra questo con la nuova fase politica che si apre? C’entra, c’entra, pure tanto. Oggi il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha perso per strada tre milioni e mezzo di elettori, si è recato dalla vincitrice per chiedere un ministero di peso, quello dell’Interno, per sé naturalmente. In questo modo ‘Salvini premier’ è convinto di poter dimostrare che resta forte, in sella, addirittura con le forze dell’ordine ai suoi comandi. Seeee, ciao Matteo.

Meloni fa politica da qualche annetto, in tutti questi anni lo ha visto all’opera, anche da ministro dell’Interno, e non è così sciocca da affidare la sicurezza nazionale a chi si sempre espresso con lodi all’indirizzo di Putin oggi nemico numero Uno dell’Occidente ed anche della premier indicata dagli elettori italiani, Meloni appunto. La cosa sicuramente non è andata giù al leader della sua Lega tanto che alla fine dell’incontro è stato diffuso solo un comunicato di prassi e lui non si è fermato neppure un secondo a parlare con i giornalisti, tanti, in attesa. Brutto segno, aggravato dal fatto che passando in auto ha pure abbassato la visiera forse per non farsi fotografare col viso incavolato. Dentro Fratelli d’Italia spiegano che con il risultato ottenuto da Salvini questi non può proprio avanzare simili richieste, insomma si dovrà accontentare. C’è preoccupazione comunque tra i Fratelli, perché si comincia a vedere che la navigazione non sarà tranquilla: “Non è che c’è un retro pensiero- spiega un Fratello che segue la partita- è che noi non dimentichiamo: Salvini si è alleato con tutti, pure Berlusconi ha stretto il ‘patto del Nazareno’ col Pd, non è che sono proprio affidabili diciamo”.

Per questo, si fa capire al giornalista, gli alleati dovranno riconoscere che c’è una vincitrice, Giorgia Meloni, e che tocca a lei dare le carte e assegnare i posti. Di qui anche la preoccupazione per le cariche di Senato e Camera. Il Pd spera che come prima forza dell’opposizione, venga concessa la presidenza della Camera. Speranza vana: “In un primo momento la scelta più facile era quella di guardare il risultato elettorale: Meloni premier, il Senato alla Lega arrivata seconda e la Camera a Forza Italia terza. Adesso – sottolinea una esponente Fdi – si sta affacciando anche un altro pensierino: metti che alla fine ci sarà un ribaltone noi ci ritroveremmo senza nulla… Con pure Senato e Camera a loro, quindi forse sarebbe meglio avere una presidenza per Fratelli d’Italia, non si sa mai”.
 


Altro capitolo doloroso: il Pd che analizza, si interroga e si spacca dopo l’ennesima sconfitta, in  marcia verso il congresso per eleggere il sostituto di Enrico Letta. Da tenere presto? Si spera, magari a ridosso delle prossime elezioni regionali in Lazio e Lombardia, in modo da sfruttare la nomina del nuovo segretario, Stefano Bonaccini, e la rivoluzione Dem che metterà subito in atto. Le correnti, che dopo il risultato sono ormai ‘spifferi’, sono già all’opera per trovare una nuova collocazione ai sopravvissuti. Anche qui presto si troveranno di fronte la rabbia che salirà dai territori, dai tanti dirigenti e amministratori che non sono mai stati presi in considerazione. Ecco, sarà proprio Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, a rappresentarli, magari valorizzando subito i più significativi primi cittadini. Sarebbe una bella sveglia, ritrovarsi un partito che riparte da chi i cittadini li incontra ogni giorno, mandando in pensione quanti in questi anni hanno pensato a sistemarsi “per il bene del Paese”.

Non sarà una rivoluzione indolore, perché stavolta o il Congresso sarà vero, e scorrerà sangue, oppure ci ritroveremo al vecchio teatrino già visto… Con la prossima sconfitta da analizzare. Per molti tifosi di Bonaccini la scommessa è quella di tenere il Pd unito, anche con un’area di sinistra interna combattiva guidata da Elly Schlein. Altri, come Roberto Morassut, pezzo da novanta del Pd romano e uno dei due vincitori nello scontro uninominale, pensa che si dovrà ripartire da un soggetto nuovo anche cambiando il nome Pd. Ci sono poi i ‘pezzettini’ di sinistra che si sono messi alla finestra in attesa di capire se per loro ci sarà posto e spazio politico (insomma assicurazioni sulle carriere) oppure dovranno prepararsi a traslocare dal Pd per creare insieme al Conte resuscitato di sinistra una nuova formazione politica. L’avvocato del reddito, che ha già zittito e messo a cuccia il Grillo parlante, non vede l’ora, dopo Letta, di fregare anche loro.

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