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VIDEO | Lo sviluppo digitale? “Frenato dalla tassa Ue sulle multinazionali tech”

Allarme di Tinagli a convegno a Milano: "Proposta nel 2020, ma pesa obbligo unanimità"

Pubblicato:28-09-2020 15:09
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:57
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MILANO – Il verde e il blu, l’ambiente e il digitale. Come farli convivere? Con una politica che punti concretamente, e senza ipocrisie, sullo sviluppo di competenze nuove e sulla transizione energetica. Il percorso avviato dall’Unione europea verso la sostenibilità è più in discesa rispetto a quello tortuoso di Cina, Giappone e Stati Uniti, tutti Paesi dove il costo dell’energia ‘sporca’ è ancora troppo basso per far favorire un ribaltamento economico.

Ma sul digitale, c’è ancora tanto da fare. Da Bruxelles sono consapevoli dei ritardi, anche se va dato atto a Ursula Von der Leyen, presidente della commissione Ue, di aver tracciato la strada della trasformazione digitale che l’Europa deve percorrere. Un sentiero a ostacoli, con la grana da risolvere che riguarda la tassazione delle multinazionali del ‘Tech’, la spada di Damocle che incombe sull’Unione, frenando la digitalizzazione: “Sarebbe ideale una normativa a livello internazionale. Chi ha introdotto qualche tipo di tassazione ha avuto ritorsioni in termini di dazi dagli Stati Uniti, dove hanno base le maggiori compagnie del digitale. Gli Usa poi, in vista delle elezioni di novembre, hanno sospeso i negoziati”, spiega l’economista Irene Tinagli, durante un dibattito al ‘Verde e Blu Festival’ di Milano, al quale hanno partecipato, oltre a lei, anche l’ex segretario Fim Cisl Marco Bentivogli, Carlo Cottarelli e il Sindaco di Bergamo Giorgio Gori.


Nel frattempo, l’Europa non vuole comunque restare a guardare: “Ci sarà una proposta entro il 2020, ma sarà difficile. Il problema è che per le riforme fiscali ci vuole l’unanimità: tutti gli stati membri dell’Unione dovrebbero accettare una nuova tassazione. Ma molti Paesi, penso a quelli più piccoli come Irlanda, Svezia e Danimarca, sono restii. La loro economia è più legata alle imprese del digitale”, prosegue l’economista. 

Attualmente, l’Italia è agli ultimi posti negli indici europei della digitalizzazione. Si pensa troppo spesso che a mancare siano le competenze, “ma la realtà è che la classe politica ha pensato che non servissero”, punge Gori. La consapevolezza dell’assenza di una cultura digitale nel nostro Paese, ci mette di fronte ad un’altra grande evidenza. Le sperimentazioni tecnologiche non vanno ancora di pari passo con la diffusione di un’informazione adeguata: “Facciamo fatica a spiegare ai cittadini che il 5G, una grande opportunità per noi, non fa male alla salute, figuriamoci se riusciamo a far passare il messaggio della sua utilità”, interviene in collegamento Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente di Anci. Un vero e proprio ‘digital gap’ che l’Italia ha bisogno di colmare con i soldi che arriveranno il prossimo anno dal recovery fund e con l’ormai irrinunciabile introduzione della fibra estesa in tutta Italia. In questa direzione lavora il progetto guidato da Tim, per la realizzazione di un’unica infrastruttura nazionale di connettività a banda ultralarga.

Un percorso condiviso, quantomeno nelle intenzioni, anche dal Premier Giuseppe Conte: “L’Italia del boom economico trovò nell’Autostrada del Sole il collegamento in grado di unire il Paese e favorire la crescita. Oggi l’autostrada che ci proietta in avanti è la banda ultralarga”, sostiene, in un videomessaggio inviato all’evento ‘Riparte l’Italia’ di Bologna. Non si può più aspettare, l’emergenza sanitaria, l’ascesa dello smart working e la didattica a distanza, hanno messo in luce le lacune digitali del Paese. Investire sulla rete unica darà nuova linfa alla scuola e rafforzerà il rapporto tra cittadini e servizi pubblici. Ma dovrà rappresentare quella spinta decisiva per la creazione di nuove figure lavorative e opportunità di sviluppo. 

L’assenza di tecnologia fa chiudere le fabbriche, le imprese che puntano sull’innovazione vanno avanti. Lo strumento tecnologico è freddo di per sé, sono gli uomini e le donne a scaldarlo” sottolinea Marco Bentivogli dal palco del ‘Verde e Blu festival’. In una location, il parco sotto Piazza Gae Aulenti, non casuale, vista la sinergia evidente tra l’ambiente e il digitale, tra lo sviluppo sostenibile e la crescita. Ed è da qui, che Bentivogli, annuncia la novità della giornata. Si tratta di ‘Base Italia’, una nuova associazione “a servizio del paese”, un network culturale di “promozione, partecipazione e impegno civile”, nato su iniziativa sua e del filosofo Luciano Floridi. Ma non chiamatelo ‘partito’: “Ce ne sono già abbastanza” precisa l’ex segretario generale Fim Cisl. 

Ma anche l’economia ha i suoi colori: “Se quella ‘verde’ fosse meno costosa, il mercato la genererebbe. I guadagni non sono immediati, ma occorre una maturità tale da capire che bisogna ragionare sul lungo termine”, sottolinea Cottarelli. 

La transizione sostenibile in Italia, sarà agevolata dal Recovery fund con quasi il 40% delle risorse in arrivo nel 2021 che andrà destinato a investimenti green: incentivi nel settore dell’automotive, potenziamento della rete idrica, mobilità sostenibile e efficientamento energetico degli edifici pubblici. 

Sempre a braccetto, ambiente e digitale, anche in un’emergenza che sembra passata in secondo piano, quella climatica, da combattere con l’uso della tecnologia.

Verde e blu, sostenibilità e nuove competenze, crescita e futuro. E la politica di che colore sarà? 

di Nicolò Rubeis

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