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Cgil Bologna, arriva congresso. E stavolta dovrebbe essere più ‘normale’

Appuntamento dal 22 al 24 ottobre al Circolo Arci di San Lazzaro di Savena

Pubblicato:28-09-2018 10:01
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:36

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BOLOGNA – Quattro anni fa successe l’inimmaginabile: la Camera del lavoro di Bologna, la più grande d’Italia in rapporto alla popolazione del suo territorio (solo Milano ha una stazza maggiore), uscì dal congresso senza segretario. Danilo Gruppi a un passo dalla riconferma si chiamò fuori. Gli echi di quel ‘terremoto’ sembrano lontani (o vengono tenuti ben lontani) e Maurizio Lunghi, attuale numero uno di via Marconi, inquadra dietro l’angolo un nuovo congresso “molto più pacato e tranquillo, più normale”. Dietro l’angolo perchè dal 22 al 24 ottobre la Cgil di Bologna va di nuovo a congresso: il direttivo ha votato e accolto all’unanimità la delibera che lo indice per la 19esima volta.

L’appuntamento per i 403 delegati è al Circolo Arci di San Lazzaro di Savena, alle porte di Bologna. “C’è un clima tutto sommato costruttivo e buono, abbiamo lavorato bene e costruito risultati significativi: al congresso ne discuteremo e cercheremo di darci una linea programmatica” per una fase che per la Cgil si prospetta non priva di sfide.

Derby tra Landini e Colla

Maurizio Lunghi

A livello locale, inquadra Lunghi parlando con la “Dire”, c’è da impostare la rotta per districarsi tra welfare aziendale, territoriale e contrattuale; ma anche per far pesare il punto di vista del sindacato su Fiera, Hera, partecipate. Allargando lo sguardo, ecco il governo gialloverde: “Dobbiamo predisporci a un possibile confronto o ad un possibile scontro”, sintetizza Lunghi. Tanto che molti sindacalisti Cgil dicono che il leader che verrà dopo Susanna Camusso sarà scelto in base all’opzione di un rapporto più o meno muscolare con il Governo. E inoltre il nuovo segretario sarà uno che forse a Bologna conoscono bene: si profila un derby tra Maurizio Landini, già leader Fiom, e Vincenzo Colla, ex ‘capo’ della Cgil in Emilia-Romagna. “Pare che la soluzione sarà emiliana”, osserva Lunghi.


Un bis di Lunghi?

E Lunghi che farà? Ci sono ‘le condizioni’ per il suo bis? “Io presento al congresso il lavoro di quattro anni” (di cui fa parte un’opera certosina di ricucitura degli equilibri interni) e “se mi verrà proposto sono a disposizione per fare un altro mandato”, risponde. Del resto, è già passato attraverso la tempesta perfetta: “Mi sono fatto carico delle beghe di quattro anni fa, adesso… Eravamo messi molto peggio allora. Ora nella Cgil c’è un dibattito, una dialettica normale“, soprattutto “meno veleni” di quattro anni fa, quando in via Marconi il clima era “molto brutto e pesanti i rapporti”.

Adesso anche con la Fiom c’è maggiore distensione, almeno apparente (soprattutto perchè la sigla delle tute blu avrà un peso non piccolo nei giochi che possono portare Landini alla leadership); sta di fatto che Lunghi li ha ‘portati dentro’: la sua segreteria ha visto l’ingresso di un dirigente Fiom, “un modello unitario” di gestione della Camera del lavoro, “collettivo che ha valorizzato” il sindacato di via Marconi, rivendica Lunghi che ha firmato il documento congressuale 1 “Il lavoro è”, di maggioranza (in cima c’è il nome di Camusso).

Al congresso Lunghi porta poi una Cgil con 170.000 iscritti (in aumento gli attivi, in calo i pensionati) e conti “in positivo. In fatto di rappresentanza e economia siamo in ordine”; non resta da decidere che strada prendere per il dopo e con chi. Lunghi mette in conto che il congresso possa anche spingere sulla via della mobilitazione alla luce delle scelte della manovra o delle “politiche in stile ‘prima gli italiani’ che a noi creano qualche problema”.

Salvo sorprese, a conti fatti, alla Cgil va ‘meglio’ che al Pd… “Capisco che lì ci sia un qualche tormentone in più”, non infierisce Lunghi. Ma è certo, aggiunge il segretario di via Marconi, che “anche se molti nostri iscritti hanno votato Lega e Movimento 5 stelle, del dibattito nel Pd ci saranno riverberi e riflessi” anche in casa Cgil, del resto “c’è sempre stata una ricaduta, ma da tempo ci siamo fatti autonomi” se non ostili come nel caso della lotta al Jobs act. E allora si può forse vivere il proprio congresso con maggiore distacco dai tormenti di quello dem. “Vedo una discussione movimentata, ma capisco che la loro condizione sia molto diversa. Credo che nel Pd ci sia una sforzo per farlo ripartire ma lo vedo anche molto con la testa rivolta all’indietro- osserva Lunghi- per regolare i conti di ciò che non ha funzionato e ha portato alla disastrosa sconfitta elettorale”. Poi è pur vero che c’è pure “chi cerca di rimettere insieme i cocci, riannodare i legami con i circoli, e ricominciare ad ascoltare i problemi della gente”. Ma del resto, “questa faccenda della disintermediazione” è stata l’inizio dello sprofondo, dice Lunghi: il Pd si è troppo allontanato dalle sue radici, dal lavoro e dall’associazionismo”.

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