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Schizofrenia, ecco nuova terapia che migliora la vita

Trattamento ogni 3 mesi; Esperti: "Su cura malattia poca ricerca"

Pubblicato:28-09-2017 15:43
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:44

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ROMA – Si affaccia la speranza di una vita migliore per i malati di schizofrenia. Un nuovo trattamento, da fare solo quattro volte all’anno, che restituisce stabilità e soprattutto dignità a chi soffre di questo disturbo. Se n’è parlato questa mattina a Milano, nel corso di una tavola rotonda organizzata dalla Janssen alla presenza di tre esperti del calibro di Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli-Sacco di Milano e già presidente della Società italiana di Psichiatria, Andrea Fagiolini, docente di Psichiatria all’Università di Siena, e Giuseppe Maina, direttore della struttura di Psichiatria al Policlinico San Luigi Gonzaga di Orbassano, in provincia di Torino.

Proprio nel capoluogo piemontese è stata sperimentata questa nuova cura, prima che venisse messa in commercio. “Da pochi mesi è disponibile per tutti- sottolinea Maina- e si tratta di una banale iniezione“. La novità, spiega il medico, “non è tanto il farmaco in sè, che è comunque abbastanza recente. E’ nuova la formulazione, cioè la possibilità di somministrare questo trattamento ogni tre mesi“. Questo, spiega Maina, “garantisce una maggiore stabilità del paziente ma anche una maggior libertà di muoversi, di andare in vacanza e spostarsi, perché solo ogni tre mesi deve fare la cura”.

Allo stesso modo, continua l’esperto, c’è anche “un recupero di immagine per il paziente stesso, che può muoversi senza la necessità che gli si ricordi continuamente che deve assumere le cure. Questo, anche dal punto di vista dello stigma che la malattia ancora si porta dietro, è un vantaggio notevole“. In poche parole, sottolinea Maina, “si restituisce dignità al paziente e si solleva il caregiver, che quasi sempre è un familiare, da una pesante responsabilità”.



Sondaggio su schizofrenia: poca sintonia medici-malati

Gli psichiatri sono ottimisti su una futura cura per la schizofrenia. Ma c’è ancora (troppa) distanza tra i medici, i pazienti e i loro familiari. E’ quanto emerge da una ricerca (“Open Minds”) condotta a livello europeo dalla Janssen su 347 psichiatri di otto Paesi, di cui 51 italiani. Dalla ricerca emerge che otto medici italiani su 10 si dicono fiduciosi rispetto alle terapie innovative contro la malattia. Il 90% valuta l’aderenza alla terapia come la principale chiave del successo del trattamento, mentre l’88% considera essenziale la prevenzione delle ricadute. Inoltre, sette psichiatri su 10 considerano il caregiver un facilitatore. Ma dalla ricerca emergono anche alcune criticità. Ad esempio, sottolinea Mercacci, “tendenzialmente c’è una discrepanza tra quello che lo psichiatra pensa sia meglio per il paziente e quello che invece lo stesso malato e il suo caregiver pensano della cura”.

Tradotto in numeri, il 23% delle persone affette da schizofrenia non è soddisfatto delle cure, mentre gli psichiatri pensano che siano più della metà. Allo stesso modo il 74% dei caregiver vorrebbe un passaggio alle terapie innovative e il 68% dei pazienti sarebbe disponibile a farlo, mentre la maggior parte degli psichiatri è convinta che le percentuali siano molto inferiori.

La ricerca, commenta dunque Mercacci, “dimostra come la collaborazione va rinsaldata e come l’importanza dei caregiver deve essere trasportata nella pratica clinica, perché diventa un elemento solido per l’adesione alle cure”. Una larga parte di psichiatri, invece, pensa di essere l’unico a dover decidere la terapia, senza concordarla con pazienti e caregiver. Inoltre, nella maggior parte dei casi al paziente non viene subito presentata l’intera gamma di terapie possibili, ma si aspetta che sia lo stesso malato a chiederlo. La maggior parte dei medici, in ogni caso, condivide la necessità di “costruire un’alleanza terapeutica con pazienti e caregiver” e l’obiettivo di “rendere migliore la qualità della vita dei pazienti”.


Schizofrenia tra le prime 20 cause di disabilità al mondo

In Italia soffrono di schizofrenia tra le 250.000 e le 400.000 persone. Se nel calcolo però si comprendono anche familiari e amici dei malati, “si arriva facilmente a un milione di persone” coinvolte in modo diretto o indiretto da questa patologia, rimarca Fagiolini. In Europa si stima che siano circa cinque milioni le persone affette da un disturbo psicotico, compresa la schizofrenia, pari all’1,2% della popolazione, in aumento negli ultimi anni (erano 3,7 milioni nel 2005).

La schizofrenia rappresenta uno dei maggiori oneri per il sistema sanitario ed è classificata tra le prime 20 cause di disabilità nel mondo. In Italia, l’impatto economico di questa patologia tocca i 2,7 miliardi di euro, di cui la metà è costituita da costi indiretti, ovvero calcolati sulla base della perdita di produttività dei pazienti e dei loro familiari. Tra i costi diretti, il trattamento farmacologico pesa solo per il 10% mentre la maggior parte della spesa riguarda ospedalizzazione, residenzialità e assistenza domiciliare.

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