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Brexit, Johnson stoppa il Parlamento fino al 14 ottobre. Ok dalla Regina

Il premier britannico ha chiesto di posticipare la riapertura dei lavori per metà ottobre. I laburisti gridano al colpo di Stato

Pubblicato:28-08-2019 12:35
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:38

boris johnson
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ROMA – La Regina ha detto sì: il discorso alle Camere sarà posticipato dal 2 settembre al 14 ottobre, così come richiesto dal primo ministro britannico Boris Johnson. Lo confermano i media locali citando il documento redatto al termine dell’incontro a Balmoral, nel nord del Paese, tra la regina Elisabetta II e il premier. Una decisione prevedibile, secondo alcuni osservatori, che ricordano che la corona non si è mai opposta alla “prorogation”, ossia al rinvio dell’apertura dei lavori delle Camere dopo la pausa estiva.

Con questa mossa, Johnson intende ostacolare quei deputati che vorrebbero ottenere un rinvio dell’uscita di Londra dall’Ue, prevista per il 31 ottobre, ostacolando in particolare quelli contrari al divorzio senza accordo.

Trump: “Johnson è un grande”

Tante le critiche a questa misura, tuttavia il premier britannico ha incassato il plauso del presidente Donald Trump, tra i principali sostenitori della Brexit: “Johnson è esattamente ciò che il Regno Unito stava cercando, e dimostra di essere un grande! Love Uk”, ha twittato il capo della Casa Bianca, aggiungendo che l’obiettivo del leader dei laburisti Jeremy Corbyn di ottenere un voto di sfiducia contro Johnson “si fa sempre più difficile”.


Sta facendo intanto il giro dei social il documento condiviso dal ministro della Salute Matt Hancock a giugno scorso, in cui incoraggiava i deputati a non fare ricorso alla “prorogation” per favorire la Brexit entro fine ottobre. Secondo Hancock è una mossa che “mina la democrazia parlamentare”. “Sospendere le attività del Parlamento per opporsi alla sua stessa volontà- ha scritto il ministro nella lettera indirizzata ai deputati- sarebbe una scelta politica molto poco seria da parte di un Primo ministro nel XXI secolo”.

I laburisti: “È un colpo di stato, scandaloso”

La mossa di Johnson ha provocato aspre critiche tra i deputati d’opposizione, primi tra tutti i laburisti, che hanno gridato anche al colpo di stato. Quanto a Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese, ha parlato di dittatura: “È una mossa assolutamente scandalosa” ha dichiarato, stando a quanto ha detto alla ‘Bbc’. “Chiudere il parlamento al fine di forzare la Brexit senza alcun accordo, arrecando danni indicibili e duraturi al Paese, e andando contro il volere dei deputati, non è democrazia. È una dittatura e se i parlamentari non si riuniranno la prossima settimana per fermare Boris Johnson- ha aggiunto Sturgeon- penso che questa data passerà alla storia come il giorno in cui è morta la democrazia nel Regno Unito“. Parlando a Edimburgo, il leader scozzese ha concluso: “Tutti sanno di cosa si tratta. Johnson vuole limitare il potere del parlamento nel fermare una Brexit senza alcun accordo”.

Il ‘piano’ di Johnson

Congelare il lavori del Parlamento fino al 14 ottobre, in modo da impedire il rinvio della Brexit, prevista per il 31 ottobre, mettendo i bastoni tra le ruote a quei deputati contrari all’uscita dall’Europa anche in caso di ‘No Deal’. A dare la notizia per primo, un giornalista della ‘Bbc’, secondo cui Johnson porterà a termine il suo progetto coinvolgendo direttamente la Regina Elisabetta, un passo rischioso e audace, dal momento che la corona si è sempre mantenuta neutrale sulla questione.

Il premier britannico chiederà infatti alla monarca di posticipare il proprio discorso in Parlamento, con cui si sancisce la riapertura dei lavori dei deputati dopo la pausa estiva: fissato per martedì 3 settembre, Johnson intende ottenere il rinvio al 14 ottobre, così da lasciare un margine di tempo troppo esiguo per qualsiasi azione legislativa anti-Brexit. La palla passa così nelle mani della monarchia. Il premier Johnson, che ha poi confermato le indiscrezioni, ha assicurato che alle Camere “resterà tutto il tempo necessario” per presentare una eventuale legge con cui posticipare il divorzio tra Londra e l’Unione europea, bloccando la strada all’uscita senza No deal, vale a dire senza accordo con Bruxelles.

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