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‘Vogliono rapirmi’, ecco le bugie per togliere bambini ai genitori

Dall'ordinanza dell'inchiesta che a reggio Emilia ha scoperto un giro di sottrazioni di minori e affidi pilotati emergono le 'bugie' inserite ad hoc da assistenti e psicologi indagati

Pubblicato:28-06-2019 13:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:28

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REGGIO EMILIA – Frasi “testuali” mai pronunciate dai minori o “adattate allo scopo”, diagnosi psicologiche omissive o false e pressioni sui bambini, anche con strumenti elettromagnetici per indurli a ricordi negativi dei loro genitori. E’ tutto nero su bianco nelle 277 pagine dell’ordinanza spiccata dal Gip del tribunale di Reggio Emilia Luca Ramponi, che dispone 16 misure cautelari e indaga 27 persone per il presunto giro di affari sugli affidamenti dei minori nei servizi sociali dei Comuni della val d’Enza.

Per due delle persone indagate sono iniziati questa mattina gli interrogatori di garanzia. Intanto, dalle carte giudiziarie emergono dettagli inquietanti. L’assistente sociale Francesco Monopoli, nella sua relazione del 7 giugno 2016 sull’allontanamento di una minore (che la dirigente del servizio Federica Anghinolfi, anche lei indagata, trasmise all’autorità giudiziaria) inserì tra virgolette alcune frasi che la bambina avrebbe pronunciato, ma che in realtà per gli inquirenti sono “frutto dell’elaborazione dei due indagati”: ad esempio “mia mamma non fa più da mangiare perché dice che papà non le dà i soldi per la spesa“.

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Nello stesso documento si riferiva inoltre che nell’abitazione era stato trovato “cibo avariato lasciato sui mobili da diversi giorni”, circostanza che un sopralluogo dei Carabinieri ha poi smentito. Lo stato di abbandono “morale e materiale” della bambina veniva poi attribuito al padre, omettendo di spiegare che l’uomo- come riferito da una vicina di casa ascoltata dai Carabinieri- era a Parma e non sapeva che la figlia fosse a casa da sola.

Ancora, l’indagata Imelda Bonaretti, psicologa dell’Asl, viene nell’ordinanza accusata di aver diagnosticato alla minore una sintomatologia “seduttiva e sessualizzata” descrivendo gli atteggiamenti della bambina di improvviso distacco dalla realtà come correlati alla propria situazione familiare. Omettendo però di riferire delle precedenti crisi epilettiche della bambina, note alla terapeuta, “tacendo in tal modo circostanze che avrebbero consentito una diversa valutazione della sintomatologia”.

E ancora: le affidatarie Fadia Bassmaji e Daniela Bedogni dichiararono falsamente che la bambina avesse detto loro di avere paura che i genitori “potessero rapirla”, mentre altre due indagate, le operatrici Maria Vittoria Masdea e Katia Guidetti attribuivano alla bambina frasi “fortemente equivoche” a proposito anche di baci in bocca col papà.

Capitolo a sè è invece quello sui condizionamenti psicologici, attuati anche con uno strumento a impulsi elettromagnetici (neurotek) con cavi che i minori dovevano tenere fra le mani. Uno strumento su cui il procuratore capo Marco Mescolini ha chiarito che non provocava elettroshock. Nell’ordinanza si specifica che il dispositivo è “non commercializzato in Italia” e veniva usato senza autorizzazione della famiglia. Era definito la “macchinetta dei ricordi” con cui i minori venivano suggestionati a rievocare immagini negative della loro famiglia d’origine.

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