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Pangea: “Violenza donne, grande lavoro grazie alla rete Reama”

Le modalità on line pensate fin dall’inizio del lockdown sono state all'avanguardia: per le donne è stato più facile scrivere che parlare

Pubblicato:28-05-2020 08:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:24
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ROMA – “Durante l’emergenza Covid-19 è stato importantissimo rimanere a casa. Ma per alcune donne restare a casa ha rappresentato una trappola ben peggiore a causa della convivenza con l’uomo maltrattante. La violenza domestica, infatti, esiste da sempre ma può diventare devastante in condizioni di convivenza forzata e obbligatoria”. E’ quanto si legge nella nota di Fondazione Pangea Onlus che ha accolto e ascoltato tante voci di denuncia, ha collaborato con associazioni e supportato donne e bambini.

“Anche l’Onu- continua il comunicato- ha dichiarato che in isolamento e dunque sotto l’emergenza Covid-19 il livello della già diffusa violenza domestica è aumentato. I dati dei nostri due sportelli parlano chiaro: lo sportello antiviolenza Reama di Fondazione Pangea Onlus ha seguito dall’inizio del 2020 45 donne, di queste ben 36 ci hanno contatto dal 1 marzo 2020 a oggi quindi nel pieno dell’emergenza Covid-19. 175 sono invece le richieste di aiuto complessive dall’avvio dello sportello, ovvero dall’ottobre del 2018. Per quel che riguarda lo Sportello Mia Economia specifico sulla violenza economica, da gennaio 2020 a oggi sono in totale 33 le donne seguite, di queste 16 ci hanno contattato dal 1 marzo a oggi, durante il Covid. Dall’apertura dello sportello di Mia Economia (ottobre 2018) a oggi sono 97 le donne seguite. Per quanto riguarda invece i servizi della rete Reama, ovvero 24 tra centri antiviolenza, gli sportelli, case rifugio che fanno parte della in tutta Italia, questi hanno ricevuto nel periodo tra il 1 marzo e il 21 maggio tra le 800 e le 900 richieste di aiuto”.

“In generale il primo periodo di lockdown ha rappresentato per la maggioranza della rete antiviolenza REAMA un momento generalizzato di battuta d’arresto soprattutto nelle prime due settimana. In questo periodo si sono riorganizzati i lavori da remoto e in presenza dei CAV, degli sportelli che hanno assunto tutte le precauzioni del caso. Diversa la situazione per le case rifugio perché hanno mantenuto il lavoro in presenza sempre. Successivamente, anche in seguito alla campagna di sensibilizzazione del 1522 fortemente richiesta dalle donne e dalla realtà impegnate su questo fronte, il messaggio che la rete antiviolenza in tutta Italia continuava ad essere operativa ed era autorizzato l’accesso ai CAV agli sportelli e le case rifugio ha decisamente contribuito all’emersione della violenza”, afferma Simona Lanzoni, vice presidente di Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice della rete Reama. Le modalità on line pensate fin dall’inizio da Pangea, nel periodo di reclusione dovuto all’emergenza Covid-19, si sono mostrate all’avanguardia. Questo ci ha permesso di rompere il doppio isolamento psicologico creato da un lato dall’uomo violento e dall’altro dalle restrizioni del covid-19. Proprio per questo Fondazione Pangea Onlus, attraverso la rete antiviolenza Reama ha messo in campo tutte le sue forze a livello nazionale, riadattando e rimodulando i servizi durante la reclusione, in base alle specifiche esigenze. Come lavoriamo: la rete antiviolenza Reama di Fondazione Pangea (www.pangeaonlus.org), spiega sempre la nota, è nazionale e quindi cerchiamo di smistare le richieste ai centri che hanno aderito (qui il link).


Lo sportello antiviolenza on line (sportello@reamanetwork.org) a cui le donne possono scrivere, fa da coordinamento, indirizza e orienta le donne che ci scrivono in base alle specifiche esigenze e alla loro zona di residenza. Il servizio è dunque personalizzato e si avvale di quella fitta rete di professioniste, centri antiviolenza, case rifugio, associazioni e persone che hanno aderito alla rete Reama. Abbiamo anche uno sportello specifico, rivolto alle donne che subiscono violenza economica (miaeconomia@reamanetwork.org) che, grazie alla presenza di operatrici esperte, aiuta le donne a fare una analisi della loro situazione debitoria e – dove possibile – a rinegoziare i debiti, richiedere il mantenimento dovuto per i figli ecc.

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