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Il ‘canaro’ e la storia di una vendetta nel libro di Luca Moretti

'Ho lavorato per sei anni su memoriale scritto in prigione'

Pubblicato:28-05-2018 13:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:56

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ROMA – Sei anni di raccolta documentale, per raccontare una storia “affascinante”, una storia di “vendetta”, in un tempo e in un luogo ugualmente attraenti. Luca Moretti è l’autore de ‘Il Canaro – Magliana 1988: storia di una vendetta’ (edizioni Red star press), un libro di cui si sta parlando molto fin dai primi giorni della sua pubblicazione, coincidente con l’uscita del film ‘Dogman’ di Matteo Garrone. Che però non ha ispirato, perché “lui aveva già una storia tutta sua”, precisa Moretti, che pure Garrone lo ha incontrato, ma solo per confrontarsi sulla vicenda.

COSA ACCADDE REALMENTE


È il 20 febbraio 1988 quando in una discarica a due passi da via della Magliana, a Roma, viene trovato un corpo carbonizzato e mutilato. È quello di un ex pugile di 27 anni, Giancarlo Ricci, e per il suo assassinio sarà condannato un toelettatore di cani, Pietro De Negri, detto ‘Er canaro’. De Negri fu complice di Ricci in una rapina, ma al tempo stesso divenne, questa l’accusa, vittima delle sue prepotenze e dei suoi soprusi. Secondo la versione dello stesso ‘Canaro’, l’uomo fu attirato nel negozio di toeletta, torturato e ucciso. Ma la ricostruzione fu smentita dall’autopsia, secondo cui fu invece prima ucciso e poi torturato. Fin dal primo giorno di carcere il Canaro della Magliana inizia a scrivere un memoriale, in tutto una decina di pagine. E proprio quel memoriale è il punto di partenza per Moretti, che lo svilupperà, completerà, grazie a una lunga ricerca documentale.

“Lavoro a questo romanzo dal 2012- ha raccontato all’agenzia Dire- Mi piaceva molto, mi affascinava la storia della vendetta, il tempo e il luogo dove si era consumata. Sei anni fa ho raccolto il materiale e ho cominciato a scrivere. Il problema più grande era riuscire a raccontare una realtà che fosse quantomeno credibile”. Il Canaro, Pietro De Negri, spiega Moretti, “ha raccontato la sua verità. Sono passati tutti questi anni, è difficile raccontare senza usare il memoriale, scritto dall’omicida, in cui racconta in maniera realistica tutto quanto avvenuto in bottega”.

Una verità secondo la quale “la vittima ha subito torture ed è stata infilata in una gabbia”. Ma “sappiano che la verità non è stata questa, ce lo dicono le carte, i medici che si sono occupati del caso”. Da qui, la scelta di “raccontare attraverso gli occhi dell’assassino. Per non cadere in problemi di tipo narrativo, sono partito da quelle 10 pagine e sono andato ad indagare attraverso una lunghissima ricerca documentale. Per sei anni mi sono barcamenato alla ricerca di una modalità che mi permettesse di raccontare la verità”.

In queste ore sta anche montando la rabbia della mamma dell’ex pugile Giancarlo Ricci, la vittima del Canaro, che si è scagliata soprattutto contro il film per come il figlio viene rappresentato: “Quella donna, che nel libro chiamo ‘madre tortura’, è una delle protagoniste dimenticate della storia. Questa sua forza, risvegliata dal film, è la stessa che produsse nel 1988 nei quotidiani. Lei non è mai stata soddisfatta di come si erano chiuse le indagini”.

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