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Raggi X e 3D, ecco gli ori di Vulci restaurati dall’Iscr da oggi in mostra a Villa Giulia

ROMA - Dai tombaroli al Museo di Villa

Pubblicato:28-05-2016 12:21
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:47

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ROMA – Dai tombaroli al Museo di Villa Giulia. Una storia da film, per fortuna a lieto fine, quella del meraviglioso corredo funebre di una antica dama di Vulci appena restaurato dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr), grazie al finanziamento della Fondazione Paola Droghetti onlus. Da oggi, nelle sale del Museo tutti potranno ammirare i gioielli che compongono il corredo, frutto di un sequestro fatto dai Carabinieri di Ischia di Castro, in provincia di Viterbo, nel 1962 e riscoperto quasi per caso nel 2010 nei depositi del Museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, durante i lavori di riallestimento.

Un vero ‘Tesoro per l’aldila” quello della Tomba degli Ori, risalente all’VIII secolo avanti Cristo, che tra i pezzi piu’ belli conta una sontuosa spilla da parata in lega d’oro, tre rari pendenti a disco in argento dorato, con simboli astrali, tre scarabei incastonati in pendenti-sigillo di tipo siro-fenicio e un raffinato bracciale tubolare in argento decorato in filigrana d’argento dorata.


“Si tratta di reperti particolarmente interessanti, gioielli che appartenevano alla sepoltura di una donna di alto rango, una dama, che trovano confronti con altri ritrovamenti sempre nel territorio di Vulci”, racconta all’agenzia Dire Barbara Davidde, che ha coordinato il progetto e diretto il restauro Iscr. “Era una tomba a fossa- aggiunge- molto diffusa nella zona tra l’VIII e il VII secolo avanti Cristo. Negli anni Sessanta, Vulci e’ stata particolarmente attaccata dall’attivita’ dei cosiddetti tombaroli che sapevo di trovarsi in una zona ricca di tombe etrusche”. Tant’e’ che le indagini per identificare il sito di appartenenza dei reperti hanno portato alla necropoli della Polledrara, presso Vulci. È da li’ che viene il corredo che testimonia il fasto e il censo dell’antica dama dell’aristocrazia di Vulci che ne fu proprietaria – forse madre o moglie di un principe – e offre un significativo spaccato della composita temperie culturale che connota Vulci nella prima Eta’ Orientalizzante.

L’esposizione temporanea del ricco corredo nella Sala 21 del Museo di Villa Giulia, che a partire da oggi verra’ aperta al pubblico in coincidenza con la seconda delle aperture serali prolungate fino alle 22.30, si protrarra’ fino al 31 dicembre 2016 ed e’ frutto dell’impegno congiunto del Polo Museale del Lazio, della Soprintendenza per l’Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale, dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro e della Fondazione Paola Droghetti onlus.

I reperti sono arrivati al San Michele grazie alla Fondazione Droghetti– spiega ancora Davidde- che ogni anno finanzia due borse di studio riservate agli studenti e alle studentesse della Scuola di alta formazione. Quest’anno, hanno vinto la borsa di studio Flavia Puoti e Irene Cristofari. Sono loro che hanno restaurato i reperti della Tomba di Vulci sotto la mia direzione, quella di Antonella Di Giovanni e di Marina Angelini, della Soprintendenza dell’Etruria Meridionale”. Insomma, una sinergia tra pubblico e privato grazie a cui si e’ potuto realizzare il restauro e restituire al pubblico gli Ori di Vulci.

“Per l’intervento sono state eseguite le analisi scientifiche delle leghe, in particolare chimiche e fisiche, e- dice ancora Davidde- in collaborazione con il Cnr sono state eseguite anche analisi radiografiche e di fluorescenza dei raggi X per studiare i materiali e la tecnica esecutiva”. E per la preziosa fibula, la spilla da parata che la dama di Vulci portava sulla spalla, l’Universita’ della Calabria in collaborazione con l’Iscr ha realizzato un supporto in 3D. Tutto raccontato nel volume ‘Tesori per l’aldila’. La Tomba degli Ori di Vulci dal sequestro al restauro’, a cura di Barbara Davidde e Simona Carosi.

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