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Speranza resta ministro, Lega e Forza Italia isolano Meloni

L'editoriale del direttore Nico Perrone per Dire Oggi

Pubblicato:28-04-2021 17:34
Ultimo aggiornamento:28-04-2021 17:34

berlusconi
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ROMA – Ventinove senatori favorevoli e 221 contrari alla mozione di sfiducia. Respinto l’assalto di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, al ministro della Salute, Roberto Speranza, accusato di aver fallito nella lotta al covid. La Lega di Matteo Salvini e Forza Italia, che appoggiano il Governo Draghi, non hanno seguito l’alleato del centrodestra che, rimasto da solo a fare opposizione, ogni giorno spara contro la ‘grande ammucchiata’ seminando il terreno parlamentare di trappole.

“Comprendo le ragioni della battaglia politica, ma la politica non è un gioco d’azzardo sulla pelle dei cittadini“, ha detto il ministro Speranza nel suo intervento in aula al Senato. “Anche a chi ogni giorno fa polemica- ha aggiunto- continuo a dire: non dividiamo il Paese sulla pandemia, che è ancora in corso purtroppo, non è finita come qualcuno vuole far credere. Perché sconfiggere il virus è ancora oggi il principale interesse dell’Italia e la premessa di ogni ripartenza economica e sociale. In un grande Paese non si fa politica su una epidemia”.

Giorgia Meloni, da parte sua, aveva sfidato soprattutto Lega e Forza Italia, i suoi alleati del centrodestra: “Continueremo a non dare tregua a questo governo finché la follia del coprifuoco non sarà abolita, anche andando contro tutto e tutti…” chiamando al voto contro “il ministro Speranza: il simbolo e il principale promotore del coprifuoco e della fallimentare gestione dell’emergenza… qualcuno avrà il coraggio di schierarsi con noi?”. Appello vano, a Fratelli d’Italia sono arrivati soltanto 9 voti in più.


Anche oggi si registra la spaccatura dentro il centrodestra tra Salvini e Meloni, per chi dovrà guidare la coalizione. Ed è stato proprio il presidente dei senatori della Lega, Massimiliano Romeo, a mettere in risalto questo ‘braccio di ferro’: “Diciamo a Fratelli d’Italia che è molto meglio lavorare su una commissione di inchiesta piuttosto che presentare mozioni che hanno più lo scopo di mettere in difficoltà la Lega e Forza Italia che il ministro Speranza”. Mastica amaro Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia: “Rispetto gli amici di Lega e Forza Italia”, ma “li controllerò uno per uno, quelli che avranno il coraggio di dare la fiducia al ministro Speranza e non potranno più dire nulla”.

Per quanto riguarda il leader della Lega, Matteo Salvini, continua a stare sulle barricate sfidando e dando addirittura 3 giorni agli alleati di governo: “La richiesta di far ripartire le attività non è un capriccio di Salvini – ha detto- che vuole litigare con Speranza ma è un diritto. Ieri abbiamo ottenuto di poter verificare entro maggio la curva per poter togliere il coprifuoco che è un danno e un pregiudizio. Mancano tre giorni a maggio quindi tra tre giorni saremo già in data utile“. Alla faccia degli alleati di Governo e anche di chi, come il premier Mario Draghi, aveva invitato tutti a collaborare e spingere in una sola direzione.

Sullo sfondo le elezioni amministrative di ottobre e l’elezione del nuovo Capo dello stato a febbraio. Appuntamenti che spingeranno sempre più le forze politiche a dividersi e lottare per conquistare consensi, più potere contrattuale. E Draghi? Diverse le ‘voci’ che si rincorrono nei Palazzi della politica: da una parte c’è chi spinge perché Mattarella alla fine accetti di proseguire il suo mandato per un altro anno dando così al premier la possibilità di incardinare e seguire in prima persona l’attuazione concreta del suo Piano di rilancio e resilienza; dall’altro chi considera questo scenario un errore, perché la politica e il Paese avrebbe tutto da guadagnare con Draghi nuovo presidente della Repubblica.

Con 7 anni di mandato sarebbe lui a seguire e a garantire dall’alto tutti i passaggi fino alla scadenza, ‘lasciando’ libere le forze politiche di andare alle elezioni per chiedere i voti ai cittadini. Un passaggio con forti tensioni è vero, sapendo però che alla fine della gara elettorale qualsiasi maggioranza di governo si dovrà misurare sempre con Draghi presidente che, facile previsione, avrà comunque l’ultima parola.

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