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ROMA – Paesi europei da una parte, Stati Uniti dall’altra: una divisione, con al centro l’Ucraina, emersa più volte questa settimana. Anzitutto alle Nazioni Unite ma anche in seno al G7, il forum delle potenze occidentali che tornerà a riunirsi con i ministri degli Esteri dal 12 al 14 marzo in Canada. Prima, giovedì prossimo, 6 marzo, un altro appuntamento: il vertice dei capi di Stato e di governo dell’Unione Europea, con la partecipazione del presidente Volodymyr Zelensky e l’impegno di fornire a Kiev “garanzie di sicurezza”. I punti di attrito tra le due sponde dell’Atlantico non riguardano ovviamente solo l’Ucraina. Proprio martedì prossimo la Commissione darà il via a “un dialogo strategico” sull’acciaio che dovrebbe “tracciare una rotta decisiva per il futuro dell’industria siderurgica europea”: una risposta, anche, ai dazi preannunciati dall’amministrazione americana di Donald Trump, tornato alla Casa Bianca il 20 gennaio. Il voto all’Onu, dunque. Se ne sono tenuti non uno ma due, nella sede newyorchese del Palazzo di vetro, lunedì 24 febbraio, nel giorno del terzo anniversario dell’offensiva russa del 2022. Gli Stati Uniti si sono schierati con Mosca prima nel voto di una risoluzione non vincolante all’Assemblea generale e poi nel voto di un’altra risoluzione al Consiglio di sicurezza, le cui decisioni sono invece vincolanti. È stata soprattutto la prima presa di posizione a sollevare critiche e preoccupazioni. Gli Stati Uniti hanno infatti votato assieme a Russia, Bielorussia e Corea del Nord contro una risoluzione presentata da Kiev e dall’Unione Europea, in cui si condannava l'”invasione” russa dell’Ucraina e si chiedeva il ritiro delle truppe di Mosca.
Dal suo insediamento, Trump ha confermato in vari modi l’avvicinamento alle posizioni del suo omologo russo Vladimir Putin: in particolare aprendo alla possibilità di negoziati di pace senza includere l’Ucraina e gli alleati europei, e chiedendo la rimozione dei termini “Paese aggressore” da altri documenti. Gli Stati Uniti hanno poi cercato di fare passare una seconda risoluzione all’Assemblea generale, nella quale si chiedeva la pace in Ucraina senza condannare l’offensiva russa. I Paesi europei sono riusciti a fare emendare il documento statunitense aggiungendo la condanna per Mosca. A quel punto la risoluzione è passata, ma gli Stati Uniti si sono astenuti, non votando la versione emendata della loro stessa risoluzione. Washington ha poi presentato un’altra risoluzione al Consiglio di sicurezza in cui si chiedeva “una pace immediata” in Ucraina, senza menzionare l’offensiva russa o attribuire alcuna colpa e senza far riferimento alla sovranità e alla integrità territoriale di Kiev. In questo caso il documento è stato approvato con dieci voti a favore, nessuno contro e cinque astenuti (i Paesi europei del Consiglio di sicurezza, vale a dire Francia, Slovenia, Grecia e Danimarca, più la Gran Bretagna), mentre Russia e Stati Uniti si sono trovati per una volta sullo stesso fronte assieme alla Cina.
Un doppio strappo tra Washington e le capitali europee, quindi, al quale si è aggiunto poi l’annuncio di Trump che nei colloqui con Putin si stanno discutendo anche futuri patti economici russo-americani. A riguardo è indicativa una nota pubblicata sulla rete sociale Truth. “Tutti hanno sottolineato che l’obiettivo è la fine della guerra, io ho sottolineato l’importanza del vitale accordo sui minerali che speriamo venga firmato molto presto”, ha affermato Trump, ribadendo che per Washington la priorità è recuperare le “centinaia” di miliardi risorse investite a supporto di Kiev negli ultimi anni. Trump ha poi confermato la visita di Zelensky, atteso alla Casa Bianca oggi. “Firmeremo un grande accordo”, ha detto il presidente americano, “e riavremo i nostri soldi”. In gioco ci sono le terre rare, minerali strategici dei quali Kiev avrebbe ampia disponibilità. In settimana Trump ha anche accolto alla Casa Bianca l’omologo francese Emmanuel Macron. I due hanno partecipato insieme a una video-conferenza con i capi delle principali economie del G7 e Zelensky. Per porre fine alla guerra, ha detto Macron, “vogliamo un accordo rapido, ma non fragile”. Secondo il presidente francese, la pace non può significare la “resa dell’Ucraina” e bisogna impedire che si affermi la “legge del più forte”. Di “brutale aggressione” da parte della Russia ha parlato anche il presidente dell’Italia Sergio Mattarella, ribadendo “vicinanza e solidarietà alla coraggiosa resistenza ucraina a difesa della propria indipendenza e della libertà delle sue scelte nazionali”. Sulla stessa linea, il capo del governo Giorgia Meloni. Durante la video-conferenza del G7, ha riferito in una nota Palazzo Chigi, la presidente del Consiglio “ha ribadito come la priorità dell’Italia sia quella di costruire, insieme ai partner europei e occidentali e insieme all’Ucraina, una pace giusta e duratura”. Secondo Meloni, un punto chiave riguarda le “garanzie di sicurezza” per Kiev, che dovrebbero essere “reali ed efficaci”.
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