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ROMA – “Il primo camion è arrivato oggi, carico di prodotti alimentari, detergenti e saponi per l’igiene personale e kit di pronto soccorso; appena la distribuzione sarà finita, tornerà indietro a Bologna, dove c’è chi ci aiuta”. Ivan Sandulovych, 30 anni, per 15 in Italia, parla con l’agenzia Dire dall’Ucraina occidentale.
Al telefono risponde da Chernivtsi, una città in riva al fiume Prut, a 25 chilometri dal confine con la Romania e l’Unione Europea. “In giornata definiremo i dettagli della distribuzione degli aiuti e il camion potrà ripartire” dice Sandulovych. “Qui c’è molto bisogno, perché le persone in arrivo da Kiev e da altre regioni dell’Ucraina sono di più di quelle che ci saremmo aspettati nonostante ormai cinque giorni di bombardamenti: le code delle automobili di chi vuole passare nel territorio dell’Ue arrivano dalla frontiera fino in città”.
Secondo stime diffuse dall’Onu, a oggi le persone che hanno raggiunto Polonia, Slovacchia e Romania sono oltre 400mila. Il commissario europeo per gli Aiuti umanitari e la gestione delle crisi, Janez Lenarcic, ha detto che il numero degli sfollati potrebbe superare i sette milioni e che l’emergenza rischia di rivelarsi la più grave da “molti anni”. Da Bologna, il carico sarebbe arrivato senza ostacoli di carattere burocratico. “Le autorità italiane hanno facilitato la procedura di spedizione” sottolinea Sandulovych.
“È un segnale importante, perché prima dell’inizio della guerra la polizia fermava tutti i nostri camioncini sottoponendoli a controlli dei documenti rigorosi che prendevano tempo”.
L’esperienza è quella dell’Associazione Italia-Ucraina, fondata nel 2009 a Bologna proprio da Sandulovych e dalla sua famiglia. Lui, studi in ragioneria, è stato nel frattempo anche collaboratore e interprete di Ibo Italia, un’organizzazione non governativa con base a Ferrara socia della federazione cattolica Focsiv. “L’idea era creare un luogo di aggregazione e di assistenza per gli ucraini in Italia, ma dopo alcuni anni, in particolare con l’inizio del conflitto nella regione del Donbass nel 2014, si sono sviluppati nuovi progetti di aiuto internazionale” ricorda Sanduloych. “Raccolte fondi hanno permesso l’invio di ambulanze, materiali emostatici, farmaci e protesi per i soldati rimasti feriti”.
Oggi, nel quinto giorno del conflitto cominciato con l’offensiva russa, con bombardamenti sulle principali città, l’impegno è garantire condizioni minime per l’accoglienza e l’aiuto degli sfollati. Ancora ieri per accompagnare alcune famiglie Sandulovych è stato al valico di confine con la Romania. “Arrivano tante donne e bambini, che nonostante le file e l’attesa, anche di giorni, alla fine sono fatti passare” dice il volontario. “Per gli uomini invece è diverso: a causa della legge marziale introdotta nei giorni scorsi, a tutti i maschi nella fascia di età compresa tra i 18 e 60 anni è fatto divieto di lasciare l’Ucraina“.
I timori dei bombardamenti sembrano meno forti nelle regioni occidentali più vicine alla frontiera, come Chernivtsi, una città di circa 250mila abitanti, soprannominata “piccola Vienna”, già sotto il dominio asburgico prima di essere parte dell’Unione Sovietica e poi dell’Ucraina.
Secondo Sandulovych, nel complesso la situazione nell’area appare sotto controllo. “Non ci sono file ai bancomat né nei supermercati, anche se ancora ieri sera ha suonato l’allarme della contraerea e abbiamo dovuto raggiungere i rifugi” sottolinea il volontario: “Per fortuna non sono cadute bombe”.
A preoccupare è anche Chernobyl, il sito dell’incidente nucleare del 1986, pure definito venerdì sicuro come gli altri 15 impianti nucleari dell’Ucraina da esperti dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). “Da qui è distante oltre 500 chilometri” sottolinea Sandulovych. “Pare che con l’arrivo dell’esercito russo sia però stata sospesa la turnazione degli addetti alla sicurezza, che dovrebbe invece avvenire ogni 24 ore per il rischio di esposizione alle radiazioni”.
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