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Maternità surrogata, Vegni (Unicusano): “Non basta riconoscimento corte di Trento”

ROMA - "Il riconoscimento giuridico permette di ovviare a una serie

Pubblicato:28-02-2017 17:02
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:57

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ROMA – “Il riconoscimento giuridico permette di ovviare a una serie di passaggi burocratici bloccati dal mancato riconoscimento giuridico. Se non c’è riconoscimento giuridico non possono essere concesse informazioni mediche o andare a riprendere i bambini a scuola. Questa è una sentenza storica per il riconoscimento giuridico, ma che si scontra con un problema culturale che appunto la sentenza non risolve”. A sostenerlo Nicoletta Vegni, docente di Psicologia familiare dell’Università Niccolò Cusano, commentando la notizia della Corte d’Appello di Trento che ha riconosciuto, per la prima volta, il legame tra i figli e il padre non genetico. È stata infatti riconosciuta la genitorialità a una coppia formata da due papà, padri di due bambini nati negli Usa con la maternità surrogata.

“C’è un problema di integrazione rispetto alle differenti forme di famiglia- continua la docente dell’Unicusano- Ricordiamoci che 40 anni fa essere figli di genitori separati differenziava i bambini dalla maggioranza. Rispetto ad oggi le separazioni e i divorzi erano meno frequenti”.

Una sentenza che non risolve, quindi, il problema culturale, forse agli operatori del settore andrebbero dati strumenti che ancora non hanno: “Dietro la sentenza bisogna attivare dei percorsi che possano sollevare e sollecitare il passaggio culturale- ha detto ancora- Il sistema culturale è più lento di quello normativo. Nel 1975 c’è stata la riforma del diritto di famiglia e lentamente il sistema culturale si è adeguato. Le sentenze aprono culturalmente una porta in più ma poi il sistema sociale deve fare il suo”.


Importante è fornire agli insegnanti, e non solo strumenti giusti: “Vediamo per esempio che ci sono sempre più bambini disabili o figli di immigrati. Bisogna fornire agli adulti gli strumenti per essere di sostengo ai bambini” continua Nicoletta Vegni, docente di Psicologia familiare dell’Università Niccolò Cusano.

Una sentenza, quella di Trento, che aprirà probabilmente la strada ad altre simili: “Le leggi sono aggiornate nel momento in cui la società lo richiede. Vediamo la legge sullo stalking, ad esempio. Ci sono quindi possibilità di vedere sentenze simili a questa. Ma la società chiede anche altro. È triste che le persone debbano chiedere il permesso vivere la propria vita. Ci si affida sempre al buon senso, ma è meglio un corso di formazione su cose che possono apparire ovvie. A scuola possono sempre verificarsi episodi di discriminazione e bullismo. La scuola sia aiutata, altrimenti è un po’ difficile” conclude.

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