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Etiopia, governo contro Economist: “Irragionevole sul Tigray”

Lettera aperta dopo l'articolo sulla crisi nel Tigray: "Dal Fronte popolare per la liberazione del Tigray 30 anni di abusi"

Pubblicato:28-01-2021 14:49
Ultimo aggiornamento:28-01-2021 14:51

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ROMA – Il governo dell’Etiopia ha reagito con una lettera aperta a un articolo dell’Economist dedicato al conflitto in corso nel Tigray, contestando al settimanale britannico di aver lanciato “accuse” e “affermazioni irragionevoli” e di aver impiegato un approccio “miope” verso azioni che, invece, le autorità avrebbero attuato per rispondere alla crisi umanitaria.
Il governo contesta all’Economist, “dopo aver fatto riferimento a ‘resoconti’, citando ‘inquietudini’ di un certo ‘diplomatico occidentale’, di avere “insistito sul fatto che sia impossibile sapere”.

Dopo l’avvio a novembre dell’operazione militare contro il Fronte popolare per la liberazione del Tigray (Tplf) al potere nella regione al confine con l’Eritrea, in molti hanno criticato la decisione di Addis Abeba di bloccare anche le telecomunicazioni e l’ingresso delle organizzazioni umanitarie, rendendo difficile a media e organizzazioni acquisire informazioni e portare aiuti. Secondo le Nazioni Unite, circa 4,5 milioni di persone rischia di non riuscire ad alimentarsi a sufficienza.

LA LETTERA

Nella lettera si sostiene che, “in questa operazione complicata” per la “transizione del Tigray verso la ricostruzione e la ripresa”, le agenzie umanitarie, le missioni diplomatiche e gli organi della stampa “dovranno sopportare l’inconveniente di prestare ascolto alle indicazioni del governo”.

In risposta alle “accuse di incompetenza” che l’Economist avrebbe rivolto al governo, nel documento si ricorda che nell’ultimo mese sono state “mobilitate e consegnate più di 31.000 tonnellate di cibo, prodotti non alimentari e forniture mediche alla regione del Tigray”. Inoltre, si legge nella lettera, “il governo dell’Etiopia sta mettendo in atto i protocolli di sicurezza necessari per proteggere i civili, stabilizzare la regione e catturare coloro che sono sospettati di crimini di tradimento”. L’esecutivo di Addis Abeba continua: “Le agenzie federali, società di servizi pubblici e altri fornitori di servizi stanno lavorando a pieno ritmo per ripristinare i servizi nel Tigray. Lo stanno facendo sulla scia di ben documentati atti di vandalismo del Tplf e delle sue milizie contro infrastrutture e beni pubblici e privati, tra cui telecomunicazioni, trasporti, energia e banche”.


Nella lettera si legge ancora: “Il Fronte popolare per la liberazione del Tigray è stato il grande sponsor della destabilizzazione, del terrore e dei massacri negli ultimi tre decenni e non ha alleviato la sua sete di potere assoluto anche dopo essere stato spodestato attraverso le proteste diffuse e le regole di coalizioni elettorali che lo stesso Tplf aveva progettato. Grazie alla nostra millenaria tradizione di statualità, gli etiopi credono fermamente nella giustizia. E in questa terra di giustizia le azioni hanno delle conseguenze”. In conclusione, per l’esecutivo di Addis Abeba “è deplorevole che l”Economist’ presuma che i leader in Africa siano malvagi o incompetenti”.

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