NEWS:

Profughi usati in nero come security, dai Rolling Stones a Vasco. Uno di loro: “Se fossi stato un terrorista…”

REGGIO EMILIA - Dalle coste libiche alla security dei grandi eventi. Era il destino di alcuni profughi richiedenti asilo che,

Pubblicato:28-01-2019 10:11
Ultimo aggiornamento:28-01-2019 10:11

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

REGGIO EMILIA – Dalle coste libiche alla security dei grandi eventi. Era il destino di alcuni profughi richiedenti asilo che, con falsi decreti prefettizi, venivano impiegati in nero (insieme a nomadi e pregiudicati) per gestire la sicurezza di spettacoli come i concerti dei Rolling Stones, Depeche Mode e di Vasco Rossi.

Gli organizzatori del business illecito, che sfruttavano richiedenti asilo sottopagati e impreparati, hanno messo a rischio l’incolumità di centinaia di migliaia di persone, spiegano i Carabinieri che li hanno scoperti. Dalle prime ore di questa mattina, i militari sono impegnati tra l’Emilia-Romagna e la Lombardia nell’operazione “Security danger”, con esecuzione di varie perquisizioni domiciliari e di quattro ordinanze cautelari nei confronti di altrettanti indagati. Le accuse vanno dall’intermediazione illecita, allo sfruttamento del lavoro, fino alla falsa attestazione a pubblico ufficiale e all’utilizzo di falso materiale in autorizzazioni amministrative.

PARLA UNO DEGLI SFRUTTATI: “SE FOSSI STATO TERRORISTA POTEVO FARE QUALSIASI COSA A CONCERTI”

“Io mi ritengo una brava persona, ma di fatto trovai strana l’assenza di controllo. Perché se fossi stato un terrorista avrei potuto fare qualsiasi cosa“. E’ la testimonianza ai Carabinieri di Reggio Emilia di uno dei circa 100 migranti impiegati come manodopera in nero nella sicurezza dei grandi concerti- con tesserini falsificati- da parte di un’organizzazione sgominata oggi dai Carabinieri reggiani (due le persone arrestate).


Ai militari l’uomo, entrato clandestinamente in Italia nel 2016 dopo essere stato salvato in mare dalla nave di una Ong mentre era in viaggio su un barcone dalla Libia, racconta la sua esperienza “lavorativa” durante un evento a Modena. “Da quando abbiamo cominciato il lavoro a quando lo abbiamo finito nessuno, nè di alcuna società nè delle forze dell’ordine mi ha mai chiesto alcun documento o ha effettuato alcun controllo sul mio cartellino. E non sono stato oggetto di filtraggio con metal detector o di altro tipo, nemmeno visivo, sul contenuto delle mie tasche, o degli effetti che portavo con me”.

I Carabinieri hanno per il momento identificato circa la metà dei migranti che venivano reclutati a Reggio Emilia da una donna e un uomo (madre e figlio con precedenti per truffa) mentre gli altri, definiti “invisibili”, sono di fatto scomparsi.

LAVORAVANO A SEI EURO L’ORA PER 15 ORE CONSECUTIVE

Contattati su internet o per passaparola e ingaggiati per sei euro l’ora. Poi, costretti a turni massacranti, anche per 15 ore di fila al giorno senza pause per mangiare o bere, per garantire la sicurezza dei grandi eventi come il concerto di Vasco Rossi al Modena Park, del primo luglio 2017, che richiamò circa 220.000 spettatori.

Sono i nuovi “schiavi” del mondo della “security” che almeno da un anno venivano sfruttati da quattro persone (oggi tutte indagate e due in carcere), con modalità affini a quelle del caporalato nei campi agricoli. Si tratta di circa un centinaio di “invisibili” tra cittadini italiani o nomadi, alcuni dei quali pregiudicati, ma più spesso extracomunitari clandestini o sbarcati da poco e in attesa di responso della richiesta di protezione internazionale, che in molti casi non parlavano neanche italiano. E’ quanto ha scoperto la Procura di Reggio Emilia che, al termine delle indagini partite nel 2017- titolari il procuratore capo Marco Mescolini e il sostituto Valentina Salvi- ha spiccato quattro provvedimenti cautelari eseguiti oggi dai Carabinieri. Per due persone, Francesca Ceglia di 51 anni e il figlio Damiano Leone di 31, si sono aperte le porte del carcere. I due truffatori seriali, di origine salernitana e già coinvolti in un’inchiesta sulla compravendita in rete di case vacanza fantasma, reclutavano infatti la “manodopera” in nero, accogliendola nella loro casa in città, per poi dirottarla nei luoghi degli eventi o nei locali notturni di tutto il nord Italia dove i migranti- privi di ogni requisito professionale- svolgevano le mansioni di buttafuori.

Nell’inchiesta sono inoltre coinvolti i titolari di due società fornitrici di servizi di sicurezza per eventi, con sede legale in provincia di Bologna e a Imola. A loro è stato imposto il divieto di esercitare l’attività imprenditoriale per un anno. Il ruolo delle società era quello di comunicare alle autorità delle città in cui si svolgevano i concerti i codici prefettizi di autorizzazione dei propri addetti, per poi “mescolare le carte” affiancando agli addetti alla security regolari e formati anche i migranti, dotati per l’occasione di tesserini falsificati.

Un meccanismo illecito che, secondo i Carabinieri, ha fruttato almeno 100.000 euro ai suoi organizzatori, a discapito della sicurezza pubblica. Come dichiarato ai militari da una delle “vittime” dell’organizzazione, un clandestino proveniente dalla Libia che ha prestato servizio in un concerto (la lista include anche quelli dei Guns’n roses a Imola, di Dj Salmo a Modena, dei Rolling stones a Lucca e dei Depeche mode a Milano, tutti di due anni fa, ndr), “se fossi stato un terrorista avrei potuto fare qualsiasi cosa”. Gli indagati devono ora rispondere a vario titolo di una lunga serie di accuse di reato, come intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro, false attestazioni a pubblico ufficiale e uso di falso materiale in autorizzazioni amministrative.

Il comandante dei Carabinieri reggiani Cristiano Desideri, sottolineando che nessuno dei migranti sfruttati era in carico a strutture di accoglienza, sottolinea in particolare, “lo stato di forte soggezione psicologica e morale degli stranieri, che volevano lavorare e proprio con questa promessa venivano attirati nella trappola”.


Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it