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I medici: “Costruiamo una rete e una piattaforma digitale per la medicina territoriale”

L'intervista a Ignazio Grattagliano, presidente SIMG per la Puglia, Società italiana di medicina generale e delle cure primarie

Pubblicato:27-11-2020 13:03
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:39

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ROMA – “Abbiamo dovuto mettere in campo una medicina territoriale improvvisata e siamo riusciti a far fronte all’emergenza ma ora va costruita una rete in cui dialoghino medici di famiglia e colleghi ospedalieri, a partire da una piattaforma digitale e per prepararci anche all’individuazione di coloro a cui somministrare il vaccino anti-Covid per primi”. È una visione che guarda oltre i problemi del presente nella medicina territoriale funestata dal Covid, quella di Ignazio Grattagliano, presidente SIMG per la Puglia, Società italiana di medicina generale e delle cure primarie.

– Esiste un modello di medicina territoriale che funziona e che non comprenda solo l’ospedale come riferimento?

“L’emergenza generata dal virus ha slatentizzato una serie di deficienze, sia a livello territoriale che ospedaliero. Gli ospedali sono andati in tilt e i sistemi organizzativi non hanno saputo incanalare i pazienti, attraverso un triage efficace. Sono mancate e mancano ancora le strutture intermedie a media e bassa intensita’ di cura per persone che hanno una forma di malattia non cosi’ impegnativa, ma che presentano fattori di rischio, co-morbidita’, l’eta’ avanzata, situazioni sociali, economiche e familiari difficili. Pazienti, questi, che devono essere isolati dalla propria abitazione. Non bastano e non vanno bene solo i Covid hotel. Ricordo che territorio e ospedale sono caratterizzati da investimenti, finanziamenti, formazione, risorse, visioni diversi. Durante la fase iniziale della pandemia c’e’ stata una sorta di revisione dei rapporti tra i colleghi pur non essendoci una forma strutturata di scambio. Ora dovremmo costituire una piattaforma digitale per la condivisione delle informazioni sul paziente tra medico curante e colleghi ospedalieri. Sarebbe una rete assistenziale e non solo strutturale, utile a paziente e sistema sanitario”.


 – Dal punto di vista della medicina territoriale possiamo considerare funzionali le unita’ speciali di continuita’ assistenziale? Quali limiti hanno?

“Sono state volute dal sindacato dei medici di medicina generale, una sorta di braccio lungo dei medici di base, ma anche in questo caso, ci sono state delle grosse differenze tra le regioni, a seconda anche del livello di esperienza dei colleghi. Per la Puglia, le Uscar (dove ‘r’ sta ad indicare che si tratta di unita’ regionali) sono state impiegate per poco tempo nella prima ondata e nel periodo estivo sono stati rimandati a casa i medici arruolati. Successivamente con la nuova impennata dei contagi, sono stati richiamati i colleghi ma destinandoli ai dipartimenti di prevenzione per il tracciamento dei contatti. In queste ultime settimane, finalmente, si stanno concentrando sul servizio di assistenza ai pazienti Covid in cura domiciliare”.

– Come ci si prepara, anche per i medici di famiglia, per l’organizzazione e la distribuzione del vaccino anti-Covid?

“Il campo delle vaccinazioni e’ stato sempre gestito dai medici di medicina generale. Faccio parte del gruppo di lavoro di bioetica presso l’Istituto superiore di sanita’, in cui studiamo le differenze tra i vaccini anti-Covid e confrontiamo i fattori differenziali per fasce di categorie. Anche nel caso della distribuzione il nostro ruolo di medici di base sara’ centrale, cosi’ come lo sarebbe una piattaforma digitale unica: perche’ solo i medici di famiglia possono conoscere le eventuali co-morbidita’ e l’impatto delle patologie sulla quotidianita’ di ogni singolo paziente”. 

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