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La Sartoria sociale Midulla San Cristoforo: come ricucire un quartiere ghetto

La sartoria nel cinema dismesso che in Sicilia "costruisce un ponte verso la normalità": il racconto dell'associazione Memoria e Futuro

Pubblicato:27-11-2020 15:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:39
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ROMA – Entriamo con le parole di De André “nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi”, entriamo a San Cristoforo, il più grande quartiere di Catania, a ridosso del centro storico, il più segnato nella storia del Mezzogiorno dal degrado, dall’abbandono, dal malaffare. Ed entriamo in compagnia di Amelia Alessia Cristaldi che tre anni fa ha aperto, in un vecchio cinema dismesso e in rovina da anni, la Sartoria sociale Midulla San Cristoforo. Entriamo in una enclave dove la legge non scritta è quella dettata dai capicosca e dalla miseria antica. Che dipinta negli occhi e nelle guance di molti suoi abitanti, fanciulli compresi, si trasforma in certi sguardi di chi, anche a soli dieci anni di età, ha visto troppo, anche l’inaudito, di chi è segnato dalle rughe dell’esclusione sociale e dal vivere ai margini di tutto e che quel tutto vorrebbe ingoiarlo in un sol boccone. Con ogni mezzo, in fretta e furia, pure con la violenza. Ex quartiere operaio, San Cristoforo è uno dei simboli meridionali del sistema dello spaccio e della criminalità organizzata, la Suburra catanese dove famiglie timorate da Dio convivono accanto a nuclei mafiosi dalle case con facciate anonime e interni ricoperti da marmi pregiati e animali feroci di ceramica ad altezza naturale a far da guardia e ammonimento. In questo contesto extraterritoriale, agiscono da anni associazioni di volontariato, artisti e operatori sociali. Come la Sartoria sociale Midulla. “All’inizio abbiamo proposto una semplice attività di cucito – spiega Amelia Cristaldi ai microfoni dell’associazione Memoria e Futuro – perché attraverso il cucito ci si incontra, si socializza, un momento di coesione molto forte. Quasi subito, è balenata una grande occasione. La costumista Isabella Rizza è venuta da noi e ci ha proposto di realizzare, tramite i suoi tessuti africani, la sua prima collezione di stilista indipendente. Fu un momento formativo importante per tutte”. Ma come siete state accolte all’inizio? “Giravamo per i vicoli parlando con le donne, si è formato un bel gruppo, compresa la signora Mimma di 81 anni, l’anima della sartoria”. Al centro Midulla gravitano associazioni storiche come il Gapa e il Gammazita, gruppi di artisti, fotografi. Tutti con un solo scopo: costruire un ponte verso la normalità.

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