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Smartphone, droni e robottini, ecco la vigna 2.0

Ecco i primi prototipi realizzati col progetto di ricerca "Sostinnovi, sostenibilità e innovazione nella filiera vitivinicola"

Pubblicato:27-11-2017 20:16
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:56

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ROMA – Da un dispositivo che analizza l’uva e ne invia i dati tramite smartphone consentendo di “stimare” quando sarà pronta per la vendemmia, a robot e droni per monitorare i vigneti. Passando per sensori che, in cantina, tengono sotto controllo i principali indicatori del processo di vinificazione e processi che recuperano gli scarti di produzione e li trasformano in bioplastiche e materiali per l’edilizia. Sono alcuni degli avveneristici scenari già oggi aperti per la filiera vitivinicola emiliano-romagnola del futuro: più sostenibile, efficiente e tecnologica. Si tratta infatti di alcuni dei primi risultati, al momento sperimentali e di prototipo, ottenuti nell’ambito del progetto di ricerca “Sostinnovi, sostenibilità e innovazione nella filiera vitivinicola“, presentati martedì scorso in un workshop al Tecnopolo di Reggio Emilia.

A fare gli onori di casa, Biogest Siteia, il centro di ricerca interdipartimentale per il miglioramento e la valorizzazione delle risorse biologiche agro-alimentari dell’Università di Modena e Reggio Emilia, diretto dal professore Andrea Antonelli, capofila della rete degli enti coinvolti nell’iniziativa.

IL PROGETTO FINIRA’ A MARZO

Il progetto Sostinnovi, partito ad aprile del 2016 e destinato a concludersi a marzo del 2018 vede nello specifico interessati altri quattro laboratori accreditati con Aster la rete Alta tecnologia della Regione: Intermech, Ciri Agro, Siteia Parma, e Crpv Lab. Finanziata con circa 800.000 euro provenienti da risorse europee, la ricerca coinvolge anche una serie di aziende, che curano l’80% della produzione vinicola regionale come Caviro, Cantine Riunite & Civ, Gruppo Cevico, Cantina Sociale San Martino in Rio ed Emilia Wine.


MONITORAGGIO CON DRONI E SMARTPHONE

“Siamo a metà del progetto Sostinnovi che valuta la sostenibilità di tutta la filiera vitivinicola, dalla vigna fino alla produzione del vino e soprattutto alla gestione degli scarti“, spiega Antonelli. “Dal punto di vista della vigna si fa un monitoraggio con strumenti innovativi come droni e smartphone per determinare il grado di maturazione dell’uva senza ricorrere a tecniche analitiche di laboratorio, ma per avere in campo, con una foto mandata ‘in cloud’ un’idea della bontà dell’uva”.

UNA FOTO PER CAPIRE SE L’UVA E’ MATURA

Un operatore dunque “va nel vigneto con una camera costituita da uno smartphone con la sua telecamerina e un piccolo alloggiamento illuminato con dei led. Introduce degli acini d’uva in un cassettino e la macchina fa una foto, la spedisce in cloud e poi interviene un algoritmo che, in base a tutta una serie di analisi fatte in precedenza per tarare il sistema, è in grado di dire grosso modo il livello di maturazione, il contenuto di sostanze fenoliche e quindi se l’uva incomincia ad essere pronta per la raccolta”, esplica il professore. Così, quindi, “si evita di fare continue ispezioni in campo perché basta una sola persona con un telefonino e poi al momento giusto si interviene”. Sempre “sul terreno”, continua il direttore, “con i droni si fa un monitoraggio ad ampio raggio, utilizzando appunto droni in volo e robottini a terra che riescono a dare una visione quasi pari a quella di un’operatore umano”.

C’E’ ANCHE UN RISPARMIO ENERGETICO

Non è tutto: “In cantina- prosegue Antonelli- operiamo sul controllo e la gestione dell’impatto ambientale, ricorrendo a tecniche a minor consumo energetico e di eliminazione, per quanto possibile, di allergeni come ad esempio l’anidride solforosa (uno dei componenti chimici più discussi e detestati in enologia, ndr)”.

GESTIONE INNOVATIVA DEGLI SCARTI

A seguire “c’è tutta la gestione dei sottoprodotti degli scarti del vigneto: residui di potatura e della vinificazione, come le feccie e le parti solide dell’uva, i graspi e le vinacce”. Elementi che vengono utilizzati in due modi: uno è il biochar “cioè una sorta di carbonella di legna da cui si ricava energia elettrica sottoforma di calore, mentre quello che resta di questo biochar è un ammendante, un fertilizzante del terreno, che contiene tutti gli elementi o meglio i metalli della fertilità che possono venire restituiti al terreno con un risparmio di costi di fertilizzanti e di riciclo di materiali tutto sommato pregiati”. Il tutto con “sottrazione di co2 nell’atmosfera“. Inoltre gli scarti dell’uva possono essere utilizzati come ‘riempimento’ per la produzione di materiali plastici utilizzando resine convenzionali però con un risparmio di questo materiale.

NOVITA’ A PORTATA DI GRANDI E PICCOLI

“Da ultimo- sottolinea ancora Antonelli- c’è la gestione del processo fermentativo con tecniche in remoto, per cui dalla vasca parte un segnale che dice quanto è piena la vasca stessa e altre indicazioni utili al processo”. Insomma, sottolinea il coordinatore del progetto, “l’idea è quella di portare una buona dose di innovazione in tutti gli aspetti della filiera. La vocazione del nostro laboratorio è quella di interfacciarsi con le realtà produttive. Ora abbiamo contatti con 5 tra i più grandi produttori enologici della regione, ma nella prosecuzione di questo lavoro vorremmo coinvolgere anche piccole cantine con produzioni eccellenti perché i sistemi che siamo riusciti a sviluppare sono applicabili a grandi realtà industriali ma anche ad aziende con produzioni piu’ modeste”. A questo proposito nell’incontro al Tecnopolo sono stati calendarizzati incontri con diverse realtà produttive.

di Mattia Caiulo, giornalista professionista

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