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Fuoco incrociato al Senato: bocciato il ddl Zan e pure il Pd di Letta con l’inguacchio

L'editoriale del direttore Nico Perrone

Pubblicato:27-10-2021 18:19
Ultimo aggiornamento:27-10-2021 19:26

enrico letta
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ROMA – Dopo la gioia per la vittoria alle elezioni amministrative, arriva per il Pd di Enrico Letta l’amarezza per la figuraccia al Senato dove l’assemblea ha cassato il Ddl Zan grazie ai franchi tiratori che nel segreto dell’urna hanno votato a favore della bocciatura proposta da Lega e Fdi. Gran festa e gioia nel Centrodesta a guida Salvini e Meloni, che da sempre hanno sparato ad alzo zero contro le nuove norme per combattere l’omotransfobia. “Sconfitta l’arroganza di Letta e dei 5Stelle: hanno detto di no a tutte le proposte di mediazione, comprese quelle formulate dal Santo Padre, dalle associazioni e da molte famiglie, e hanno affossato il Ddl Zan. Ora ripartiamo dalla proposte della Lega: combattere le discriminazioni lasciando fuori i bambini, la libertà di educazione, la teoria gender e i reati di opinione” ha detto il leader del Carroccio. Gioisce pure Italia Viva di Matteo Renzi, che dopo aver approvato la legge alla Camera ha cambiato parere e si è sfilato dal Centrosinistra ma oggi riconquista centralità e manovra politica.

Nel mirino finisce anche il segretario del Pd, Enrico Letta, che da parte sua scarica la colpa e incolpa di tradimento proprio Italia Viva. Velenosa la sottolineatura di Ettore Rosato, presidente di Italia Viva, proprio all’indirizzo del segretario Dem: “È chiaro che il no del Pd e dei 5 Stelle al rinvio del voto segreto sul ddl Zan significava che le parole di Letta sulla ricerca di una mediazione erano solo l’ennesimo spot. La difesa dei diritti si fa approvando le leggi non nei salotti televisivi, in Parlamento dove ci si assume le responsabilità della sintesi, la fatica del compromesso, il rischio che qualcuno ti dica che si poteva ottenere di più. Senso del dovere che il Pd sembra aver perso per strada, impegnato com’è a rincorrere il Movimento 5 Stelle, quello che non votò nemmeno la legge sui unioni civili” ha detto Rosato.

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Singolare la presa di posizione di Letta, che si affida al lessico napoletano: “Hanno voluto fermare il futuro. Hanno voluto riportare l’Italia indietro. Sì, oggi hanno vinto loro e i loro inguacchi, al Senato. Ma il Paese è da un’altra parte. E presto si vedrà” ha sottolineato il segretario Pd. Ma tra i parlamentari c’è chi se la prende anche con lui, per come ha gestito il passaggio politico scaricando sul senatore Zan a responsabilità di ricercare un accordo all’ultimo minuto. Per alcuni di questi non poteva far altro visto e considerato che anche la Chiesa era scesa in campo. Da parte sua Zan incolpa Italia Viva: “Una forza politica si è sfilata dalla maggioranza che c’era alla Camera e ha flirtato con la destra sovranista, inoltre Forza Italia si è compattata con la destra sovranista dimostrando di non essere una forza liberale vicina ai diritti” ha detto.

Non ci sta l’Italvivo Gennaro Migliore: “La matematica non è un’opinione. 23 voti di scarto sono un baratro e IV, con i suoi 11 voti, ha comunque votato contro la mozione della destra. Perché continuare una narrazione falsa invece di andare a guardare chi nei gruppi di Centrosinistra abbia votato con la destra?”. A seguire tutta una sfilza di commenti e accuse pro e contro, destinato ad incendiare il dibattito politico soprattutto nel campo del Centrosinistra. Una situazione complicata che va a sommarsi al duro confronto in atto tra sindacati e premier Draghi sulla riforma delle pensioni e sulle manovre in atto per trovare il nuovo inquilino per il Quirinale a fine gennaio. E proprio Pierluigi Bersani, ex segretario del Pd oggi fuori dal partito, lancia l’allarme rosso: “Sul ddl Zan oggi al Senato è stato inferto un colpo molto grave ai diritti e temo una prova generale per il quarto scrutinio per il Quirinale. È tempo che il campo progressista prenda piena coscienza della situazione”, ha detto Bersani con chiaro riferimento al Centrodestra che, come più volte dichiarato, voterebbe Silvio Berlusconi al Colle.

Ma è proprio sul termine ‘inguacchio’ usato oggi da Letta, diffuso in diverse parlate meridionali e da lì all’italiano, a indicare ogni situazione sporca, poco chiara, “confusa e pericolosa, creata per inesperienza o malizia” (Treccani), che la memoria riporta ad altre singolari situazioni in cui la parola è stata usata. Si scopre addirittura un profeta, Roberto Giachetti, che il 18 settembre del 2020, un anno prima delle comunali a Roma, parlando di queste sentenziava: “Il Pd muore dalla voglia di fare un accordo strutturale con i 5 stelle e a Roma faranno qualche inguacchio per raggiungere lo scopo…”. Altri associano la parola all’ex pm di Milano, Tonino Di Pietro, e c’è pure una singolare scena nel film ‘Arriva la bufera’ di Daniele Luchetti del 1993, quando Tangentopoli spazzava via la Prima Repubblica. Nella sequenza il truffatore Orlando (guarda il caso, napoletano) accusa il giudice Abatantuono che lo sta arrestando di essere un comunista, per difendersi scarica ogni responsabilità raccontando che gli ‘inguacchi’ già c’erano prima che lui nascesse. Con un finale molto amaro per il nostro Paese che con i suoi abitanti vengono sommersi da tonnellate d’immondizia. E, guarda il caso, nel fine settimana che arriva i grandi del mondo si ritroveranno proprio a Roma per discutere di come salvare il pianeta dall’inquinamento.


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