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ROMA – Momenti di apprensione, stress e ansie ma anche cali psicofisici, che ognuno di noi ha sperimentato almeno una volta nella vita, in alcuni casi possono scatenare manifestazioni sulla pelle con esiti non sempre facili da trattare. Sicuramente la pandemia unita alla conseguente incertezza sociale, lavorativa e a volte anche affettiva sono fattori che peggiorano il quadro clinico di alcuni pazienti o danno luogo ai primi sintomi di una malattia della pelle. Per capire qual è davvero il ruolo dello stress sulla cute, i sintomi da non sottovalutare e l’alleanza dermatologo-psicologo per trattare il problema, l’agenzia di stampa Dire ha intervistato il dottor Andrea Paro Vidolin, responsabile del Centro di Fotodermatologia e cura della Vitiligine dell’ospedale Israelitico di Roma.
– Qual è il ruolo dello stress nei disturbi cutanei?
“Il ruolo dello stress nelle patologie dermatologiche è comprovato e anche facilmente individuabile. Da numerosi studi è emerso, a seguito di biopsie eseguite sulla cute di alcuni pazienti, che in periodo di ansia e stress si verifica la liberazione di alcuni mediatori chimici dalle terminazioni nervose che vanno ad agire su alcune cellule dette ‘mass cellule’ che agiscono sui mediatori dell’infiammazione. Ecco perché le patologie sono slatentizzate, cioè peggiorano sotto stress o si presentano nel soggetto per la prima volta. La cute è un organo spia di numerose patologie per questo bisogna rivendicare il ruolo del dermatologo che può offrire indicazioni anche per malattie più severe e di carattere internistico”.
– Qual è stato l’impatto della pandemia sui suoi pazienti e quante nuove diagnosi ha effettuato da marzo ad oggi?
“La pandemia ha sicuramente creato uno stress psicologico per ognuno di noi e per tutti i pazienti. Inoltre sono state osservate delle evidenze particolari nel campo dermatologico e cioè abbiamo appurato, insieme a molti colleghi del Nord Italia dove il virus agli esordi circolava in modo più virulento che nel resto del Paese, la presenza nei pazienti di eruzioni cutanee simil esantematiche infantili, delle macule tipo il morbillo, vescicole tipiche della varicella. E soprattutto delle manifestazioni a livello acrale, cioè a livello delle mani e dei piedi tipo geloni, macchie rosse rigonfie in queste zone del corpo. Associando queste evidenze cliniche all’aumento della temperatura corporea, a difficoltà respiratorie, i pazienti sono stati invitati ad effettuare dei tamponi ed effettivamente sono successivamente risultati positivi al Covid-19. In ogni caso il mio consiglio, quando ci sono manifestazioni cutanee particolari, è quello di rivolgersi allo specialista. L’altro aspetto del peggioramento o la comparsa di nuove diagnosi per determinate patologie è altrettanto molto importante. Ci sono patologie che risentono molto dello stress come la psoriasi, la vitiligine, l’alopecia a livello della barba, del cuoio capelluto che poi possono trasformarsi in una ‘alopecia universale’. E poi ancora possiamo annoverare l’acne e l’orticaria. Direi insomma che lo stress influisce in maniera molto importante sulla salute della cute”.
– Quali sono i sintomi da non sottovalutare e i trattamenti più indicati?
“La cosa più importante da fare è osservare la propria cute. Sembra una cosa banale ma non lo è perché la cute è un organo dinamico e che ci difende dalle infezioni. Su patologie conclamate per il paziente, un peggioramento molto rapido della patologia è da valutare insieme allo specialista per mettere in atto terapie che tendono a bloccare l’avanzare della patologie per contrastarla all’esordio”.
– Per vincere l’ansia e lo stress che incidono su questo tipo di malattie il dermatologo lavora in equipe con lo psicologo? Che tipo di percorsi sono attivi presso il vostro nosocomio?
“Questa è la parte più importante. Il lavoro in equipe tra il dermatologo e lo psicologo è fondamentale. Sappiamo che la cute e il sistema nervoso, il cervello derivano dall’ectoderma per cui hanno comunque un origine embrionale comune. E’ importante curare il paziente con strategie terapeutiche innovative ma avvalersi anche di un supporto psicologico è la carta vincente. Per questo nel nostro ospedale lavoriamo in equipe con lo psicologo per cercare di aiutare il paziente e vediamo che la risposta è migliore e più veloce per i pazienti”.
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