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Rinascono Lega Nord e Liga Veneta, prima grana per il nascituro governo Meloni

L'editoriale del direttore Nicola Perrone

Pubblicato:28-09-2022 19:35
Ultimo aggiornamento:29-09-2022 13:11

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ROMA – Prima grana, grossa, per il nascituro governo di Giorgia Meloni. Mentre la premier indicata dai cittadini italiani è alle prese con la girandola di nomi che ogni ora si aggiungono per il nuovo esecutivo, all’orizzonte si staglia il primo pericoloso scoglio che potrebbe mettere a rischio la navigazione. “Salvini lo conosciamo e chi lo conosce sa che lui resterà attaccato alla sedia di segretario fino alla fine – spiega un esponente di spicco della Lega Nord – anche i congressi che ha annunciato tutti sanno che saranno finti congressi, gestiti da uomini che ha messo lui e che senza di lui un secondo dopo verrebbero mandati a casa a calci nel sedere. Quindi quella roba lì non interessa, e qui non staremo a guardare”.

Dopo l’accusa lanciata ieri dal Governatore del Veneto, Luca Zaia, oggi anche ex leader e ministri leghisti, come Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Castelli sono scesi in campo contro Salvini chiedendo un nuovo segretario e una nuova linea politica: “Ma Salvini farà finta di niente – sottolinea la fonte della Lega Nord- per questo è già partita nei territori la raccolta di adesioni per rompere con la ‘Lega per Salvini residente’ e tornare all’alleanza tra Lega Nord e Liga Veneta. Vero che con Salvini ci saranno i parlamentari che adesso ha fatto eleggere ma questi, sono pronto a scommettere, quando i loro territori li chiameranno a rispondere lo lasceranno al suo destino”. La fonte della Lega Nord insiste che nei prossimi giorni “la rabbia dei territori si farà sentire ed emergerà anche con nette prese di posizione dei Presidenti di Veneto e Friuli Venezia Giulia”. E quello della Lombardia? “Fuori dai giochi, qui a Milano tutti scommettono che Giorgia Meloni non si farà sfuggire l’occasione di marcare ancora di più la sua forza politica in Lombardia conquistando la Regione: sarà lei a candidare Letizia Moratti, a quel punto il ‘salviniano’ Fontana tornerà alla vecchia professione”.

Insomma, se dai rulli di tamburo si arriverà alla guerra delle Leghe, per il governo Meloni non sarà facile contare sull’appoggio incondizionato dei parlamentari eletti da ‘Salvini presidente'” giurano gli arrabbiati del Nord. Altra grana, quella del possibile spappolamento del Pd. Vero che il segretario uscente Enrico Letta sta cercando di tenere tutti buoni con la promessa di arrivare presto al congresso per poter passare subito la gestione della sconfitta al successore. Ma gli schemi, lo si vedrà presto, ormai sono tutti saltati. Le vecchie correnti, di fatto, non esistono più e nessuno sa più se gli attuali ‘capi’ domani conteranno davvero. Passata la delusione monterà la rabbia, di quei tanti e bravi Sindaci, amministratori e dirigenti che sul territorio da anni si stanno facendo il mazzo senza essere considerati da quella che ormai agli occhi dei più  appare come una vera e propria casta che a livello nazionale pensa soltanto a prolungare la propria permanenza e il proprio posto.


In molti sono sicuri che il territorio alla fine vincerà la leadership del Pd e il territorio ha già il suo leader naturale: Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna; altri sono già all’opera per trovare qualcun altro, capace di mettere d’accordo le varie anime assicurando la prosecuzione con solo qualche aggiustamento di facciata. Il problema, come dicono molti dirigenti Dem nelle varie chat che circolano, è che il Pd va rivoluzionato dalle fondamenta perché ormai non solo non attira più ma respinge quanti vorrebbero impegnarsi in politica. In campo anche la possibilità che alla fine i Dem decidano di prendere strade diverse per ritrovare una chiara identità politica sulla quale puntare. Senza aspettare che Giuseppe Conte lanci una sua opa per conquistare i delusi di sinistra, meglio sarebbe che dirigenti vincenti, come Elly Schlein, ‘rompessero’ e lanciassero loro un’opa, con l’aiuto di  Maurizio Landini, leader della Cgil, sul Movimento del Conte pseudo di sinistra,  magari per creare una nuova e forte area politica di sinistra capace di attrarre non solo i vari partitini e movimenti ma soprattutto i tantissimi delusi che hanno deciso di non andare a votare. A quel punto Stefano Bonaccini potrebbe puntare a ricreare un nuovo e forte partito con una identità riformista e liberale, capace di riportare dentro Matteo Renzi, Carlo Calenda puntando anche a quell’otto per cento di elettori che adesso hanno votato Forza Italia ma che non accetteranno la deriva sempre più di destra che per forza di cose prenderà l’attuale coalizione che ha vinto le elezioni. Solo rabbia inutile? Come diceva il nostro vecchio e saggio Stanislaw Jerzy Lec : “A volte la rabbia impotente fa miracoli”.

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