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Letta aspetta la ‘luce’, Meloni si accontenta del 40% dei seggi uninominali

L'editoriale del direttore Nicola Perrone

Pubblicato:27-07-2022 18:57
Ultimo aggiornamento:27-07-2022 18:57

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ROMA – “Dopo il voto o Sole o Luna, non ci sarà una terza strada” ha detto Enrico Letta, leader del Pd. Immaginiamo che si ponga dalla parte del Sole, la luce, rispetto alla Luna regina della nera notte. Così si ricalca lo scontro diretto tra i due maggiori partiti, i Dem contro i Fratelli di Giorgia Meloni e l’immagine, perdonate, rimanda immediatamente a The Blues Brothers, il capolavoro di John Landis. Scena memorabile quella con John Belushi nella chiesa illuminato dalla luce del Sole che squarcia le tenebre e lo fa gridare al miracolo.

Il video qui allegato va visto e goduto in tutti i suoi 35 secondi. Perché visti i sondaggi, tutti i sondaggi, e le analisi dei solerti studi che ragionano sui seggi da assegnare, solo un miracolo porterebbe il Centrosinistra alla vittoria. A meno che, il dettaglio, tutti non stiano sottovalutando troppo l’aspetto incredibile, quasi farsesco, dell’attuale situazione politica. Con una campagna elettorale svolta ad agosto, con i candidati che andranno a cercare voti tra ombrelloni e passeggiate in montagna. Con i cittadini che, visto l’autunno complicato che li aspetta, già annunciato dal premier Draghi, magari vorranno starsene un pochino in pace li scacceranno in malo modo.

Sarà una campagna elettorale strana, carognesca, anche perché i posti in Parlamento si son molto ridotti, da 945 a 600 e quindi sarà lotta all’ultimo coltello. I leader del Centrodestra, Berlusconi, Meloni e Salvini, in questo momento si stanno confrontando per trovare la quadra sull’alleanza da schierare al voto. Alla fine, dopo le chiacchiere su chi sarà il candidato premier, le nostre fonti dicono che ci sarà accordo sulla ‘ciccia vera’, cioè la ripartizione per quota dei seggi uninominali.


Fratelli d’Italia, col vento in poppa, mette sul tavolo la richiesta del 50% a loro “per arrivare al 40-45 magari imbarcando qualche cespuglio” spiega un Fratel che segue da vicino la vicenda. Sul versante del Centrosinistra, il segretario del Pd sta cercando di tirare dentro quanti più possibile tenendo fuori i ‘grillini’ di capitan Conte e, soprattutto, il mostro Matteo Renzi. Una partita difficile, soprattutto sul versante dei seggi uninominali dove il Centrodestra andrà compatto e il Centrosinistra no.

E allora, ecco la genialata di qualche stratega, bisognerà far di tutto perché il Centrodestra vinca non troppo, così poi la partita vera, quella in Parlamento, magari potrà portare ad un risultato sorpresa. I rulli dei tamburi già battono il ritmo, sul pericolo sovranista, sul rischio di rotture con l’Europa, sul rischio di mostrarsi troppo filo Putin e poco filo Biden. Da sempre l’Italia deve fare i conti con queste logiche che influenzano e a volte dirigono il post risultato elettorale.

Vorrei ricordare, perché purtroppo ce ne scordiamo spesso, il dettato dell’articolo 1 della nostra Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Ecco, quella sottolineatura ‘la sovranità appartiene al popolo‘ in tutti questi anni è stata interpretata a favore di tutti meno proprio del popolo. Si badi: quel passaggio non significa, come vogliono far credere i furboni interessati, che la sovranità si esaurisce col voto, e poi chi si è visto si è visto. Al contrario, come sottolinea Carlo Esposito, illustre costituzionalista, “non è che il popolo costituisca la fonte storica o ideale del potere, ma che abbia il potere”… non che “abbia la nuda sovranità (che praticamente non è niente), ma l’esercizio della sovranità (che praticamente è tutto)”. Invece il dibattito corrente ha spostato l’attenzione, complice l’emergenza che sempre appare al momento opportuno, sulla decisione di trovare e nominare un salvatore della Patria. Così facendo, alla fine, si indebolisce la nostra democrazia, si manda ai cittadini un messaggio sbagliato: che il popolo non è mai maturo, che non sa scegliere e quindi ha bisogno di essere garantito dal Superman di turno.

Voglio sperare che prima o poi, più prima, si cominci anche a confrontarsi sul ritorno ad una normalità, ad una ridefinizione del gioco politico tra i partiti non basato sulla delegittimazione dell’avversario, che il Parlamento torni ad essere sovrano in toto. Insomma, quando si vota non è il giorno del giudizio universale ma il momento massimo dell’espressione della sovranità del popolo. E poi basta col mito dell’uomo forte, del super tecnico e del super qualcos’altro. Lo stesso premier Draghi è incappato in errore quando parlando alla Camera, prima di confermare le dimissioni, ha detto che ‘sono i cittadini a chiederci di andare avanti’. Ecco, ma i cittadini si esprimono proprio attraverso il voto non in altre forme. Ancora, basta col mito che solo un tecnico può interpretare e rispondere ai bisogni dei cittadini. Quasi che il suo giudizio sia super partes, che non implichi comunque una scelta.

Quando si vota, tocca alla politica, e la politica democratica punta prima di tutto alla creazione e all’aggregazione del consenso, offrire una visione per il Paese, rispondere alle domande. Le capacità saranno poi giudicate in base all’azione di governo. Non esiste una tecnica neutra in politica, ogni decisione crea vincitori e vinti. Cominciare a ragionare su come ridare slancio alla sovranità che appartiene al popolo potrebbe riavvicinare i tanti cittadini che sempre più manifestano insofferenza, che giudicano le regole democratiche inutili perché tanto poi accade altro e che vanno ad ingrossare l’astensione. Tocca ai partiti, tocca alla politica conquistare e mantenere la fiducia dei cittadini elettori.   

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