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Caravita (Asl Roma 1): “Vaccino anti Covid meno efficace nei pazienti con i tumori del sangue, ma raccomandato”

"Da giugno è possibile effettuare una profilassi con gli anticorpi monoclonali che garantisce una copertura pari a sei mesi".

Pubblicato:27-07-2022 17:30
Ultimo aggiornamento:27-07-2022 17:47

obbligo vaccinale
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ROMA – Il virus incomincia a frenare la sua corsa, ma i dati dei bollettini giornalieri sono sottostimati perché in questo periodo molte persone decidono di evitare i test ufficiali. Guai a sottovalutare le ricadute se l’infezione colpisce i pazienti più fragili con patologie pregresse. Parliamo di questo e delle nuove possibilità anche terapeutiche per i pazienti oncoematologici con il dottor Tommaso Caravita, responsabile Uosd di Ematologia della Asl Roma 1.

Le persone anziane e i fragili non devono sottovalutare questo virus e l’adesione per la quarta dose è semplicemente raccomandata. Sappiamo anche che il paziente con tumori del sangue rispetto a quello affetto da tumore solido risponde peggio al vaccino e rischia molto di più se infettato. Quali sono le raccomandazioni che lei fa ai suoi pazienti? E come gestite in questo senso la vaccinazione presso la vostra struttura?


“La vaccinazione rimane ancora oggi il presidio fondamentale per ridurre le infezioni ed evitare che la malattia si manifesti in forma grave. Questa è una regola aurea che vale per tutti ma in particolar modo per i pazienti estremamente vulnerabili, come quelli oncoematologici. E’ vero anche che questo tipo di pazienti può presentare una risposta alla vaccinazione meno efficace, ma in ogni caso, per loro, c’è comunque l’indicazione alla somministrazione del vaccino. Per questo la raccomandazione che facciamo ai nostri pazienti della Asl Roma 1 è quella di sottoporsi alla seconda dose booster. Nelle fasi precedenti della pandemia come Asl Roma 1 abbiamo somministrato il vaccino ai pazienti presso i presidi della nostra Asl, invece in questa nuova fase il paziente deve prenotarsi attraverso la piattaforma regionale o rivolgersi al proprio medico di medicina generale. Ci tengo a sottolineare, che il paziente ematologico deve continuare a proteggersi utilizzando i dispositivi di protezione individuale e cioè la mascherina soprattutto nei luoghi affollati. E’ importante ricordare che si tratta di soggetti immunodepressi per due ordini di ragioni: la prima legata alla malattia ematologica e la seconda alle terapie in atto”.

Per il paziente oncoematologico che non ha prodotto anticorpi a seguito della vaccinazione con vaccini a mnra sarebbe indicato, dicono alcuni esperti, un anticorpo monoclonale ad hoc. È così e che tipo di risposta induce nel paziente? E questo può essere somministrato solamente in ospedale?

“Anche se esiste una quota di pazienti che presenta una risposta anticorpale inadeguata, il vaccino e le dosi booster vanno comunque effettuate. Oggi è possibile effettuare la profilassi con anticorpi monoclonali in pazienti vulnerabili ad alto rischio di contrarre la malattia da covid indipendentemente dal titolo anticorpale. Quest’ultima strategia terapeutica è recentissima, essendo possibile effettuare questa somministrazione da giugno scorso. Questa profilassi sembra garantire una copertura dal Covid-19 pari ad almeno sei mesi. Noi della Asl Roma 1 collaboriamo con l’Istituto Spallanzani di Roma per questo tipo di trattamento con anticorpi monoclonali che, almeno al momento, è somministrabile solo in ospedale”.

Che ruolo assolve il medico di medicina generale (Mmg) nella presa in carico di un soggetto con tumore del sangue? Quali indicazioni deve offrire in linea generale visto che peraltro può prescrivere anche gli antivirali da fare a casa?

“La pandemia ci ha confermato la necessità di una stretta collaborazione tra i vari specialisti. Infatti, una presa in carico multidisciplinare del paziente è essenziale. La collaborazione con i medici di medicina generale (mmg) è strategica sia nella condivisione del percorso diagnostico-terapeutico, che nella gestione dell’infezione da Covid, considerando  che i mmg possono prescrivere gli antivirali e hanno un contatto diretto con i loro assistiti. E’ auspicabile, inoltre che le scelte terapeutiche nella gestione dell’infezione vengano condivise anche con lo specialista infettivologo”.

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