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L’ indagine Unioncamere: nel 2022 un esercito di 1.3 milioni di imprese femminili

Sono al Sud il 36,8%. In post pandemia le donne investono nel digitale e nel green

Pubblicato:27-07-2022 16:54
Ultimo aggiornamento:27-07-2022 16:58

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ROMA – A fine giugno 2022, l’esercito delle imprese femminili conta un milione e 345mila attività, il 22,2% del totale delle imprese italiane. Questo universo ha caratteristiche proprie rispetto alle imprese gestite da uomini: una maggior concentrazione nel settore dei servizi (66,9% contro il 55,7%), minori dimensioni (il 96,8% sono micro imprese fino a 9 addetti, contro il 94,7% delle maschili), una forte diffusione nel Mezzogiorno (il 36,8% delle imprese guidate da donne opera in queste regioni, contro il 33,7% delle non femminili). Le analisi effettuate mostrano anche che le imprese femminili hanno una minore capacità di sopravvivenza: a tre anni dalla loro costituzione, restano ancora aperte il 79,3% delle attività guidate da donne, contro l’83,9% di quelle a guida maschile e, dopo cinque anni, la quota delle imprese femminili che sopravvivono è del 68,1%, contro il 74,3% delle altre. È quanto mostra il V Rapporto sull’imprenditoria femminile, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Centro studi Tagliacarne e Si.Camera, presentato oggi a Roma.
Secondo quanto emerso dall’indagine, inoltre, le imprese femminili saranno anche più piccole, più fragili e con una minore capacità di sopravvivenza, ma quanto a voglia di innovazione hanno una marcia in più. La ripresa post pandemia, infatti, ha convinto un ulteriore 14% di imprese femminili ad iniziare ad investire nel digitale (a fronte dell’11% delle aziende maschili) e un 12% a investire nel green (contro il 9%). A queste si aggiunge, in misura equivalente alle imprese non femminili, un 31% di aziende che ha aumentato o mantenuto costante gli investimenti in tecnologie digitali in questi anni, e il 22% che ha fatto altrettanto nella sostenibilità ambientale (contro il 23% delle altre imprese). Le donne d’impresa, quindi, si sono lanciate nella duplice transizione che le politiche europee sostengono con forza e che rappresenta il core del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano. Ma non senza difficoltà. La metà delle imprese femminili, infatti, ha interrotto gli investimenti o addirittura esclude di volerli avviare nel prossimo futuro.

“Di fronte alle grandi sfide poste dal Pnrr al sistema produttivo nazionale, le donne italiane a capo di una impresa stanno rispondendo positivamente, accelerando sul fronte degli investimenti digitali e in tecnologie più rispettose dell’ambiente- commenta Andrea Prete, presidente di Unioncamere- Ma questa inclinazione va sostenuta e aiutata. Le imprenditrici, infatti, sentono l’esigenza di migliorare la formazione alle nuove tecnologie 4.0 e green sia a livello scolastico che universitario, di avere un accesso più facile alle risorse finanziarie, di semplificare le procedure amministrative. E chiedono anche una forte e costante attività di sensibilizzazione su questi temi, per comprenderne meglio la portata e gli effetti. Sulla loro strada, le imprenditrici troveranno le Camere di commercio, che non hanno mai fatto mancare il proprio supporto a tutte quelle donne già impegnate o che aspiravano a impegnarsi nel mondo dell’impresa”.
   Cresce la quota di giovani donne che scelgono la via dell’impresa: le imprese giovanili femminili sono il 10,5% del totale delle aziende condotte da donne, mentre l’imprenditoria giovanile pesa il 7,6% sull’insieme delle imprese maschili. Fondare una impresa rappresenta anche una via importante di integrazione sociale ed economica e questo vale ancora di più per le donne. Le imprenditrici di origine straniera sono infatti percentualmente più numerose: tra le imprese femminili, quelle guidate da straniere sono l’11,8%, a fronte del 10,4% di quelle condotte da uomini.
   Nel secondo trimestre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021, si legge ancora nel report, il numero delle imprese femminili è rimasto sostanzialmente stabile, crescendo di 1.727 unità (+0,1%). Il confronto con lo scorso anno mostra un incremento delle imprese femminili soprattutto nell’industria (+0,3%) e nei servizi (+0,4%), tra le società di capitali (+2,9%), nel Mezzogiorno (+0,6%), tra le imprese straniere (+2,6%).
   “Viviamo in un’economia non dico di guerra, ma comunque che paga prezzi altissimi e li pagherà anche nei prossimi mesi. Quello che deve fare il Governo è difendere la sopravvivenza delle imprese, a partire dalla loro capacità di produrre e di acquistare materie prime e servizi a prezzi ragionevoli. Una prospettiva difensiva che non però dimenticare la promozione dell’imprenditoria, per rendere l’Italia una Paese fertile che attira giovani e donne sul terreno d’impresa. Colmare il gap del tasso di occupazione femminile e nell’attività di impresa al femminile è ancora più necessario oggi è un obiettivo codificato dal Pnrr, ma che era pre-esistente. Occorre attingere a quel patrimonio di energie e di creatività, espressa nel mondo femminile e in particolare al Sud”, ha commentato Giancarlo Giorgetti, ministro per lo Sviluppo economico. “Come Mise- ha ricordato- abbiamo istituito il Fondo per l’imprenditoria femminile che ha avuto così tanto successo da non consentirci di coprire tutte le domande. Abbiamo ricevuto, infatti, oltre 5.000 richieste di costituzione di nuove realtà imprenditoriali e oltre 8.000 richieste, per il secondo bando, di supporto di realtà esistenti dal almeno un anno. Questo ci dimostra che smettere al centro l’impresa, che produce reddito, è la chiave giusta per affrontare questi momenti di grande crisi e turbolenza. La misura ha funzionato, stiamo istruendo le pratiche- ha assicurato, annunciando inoltre di aver- chiesto di rifinanziare la misura dato il successo che ha ottenuto, dimostrando nel confronto con altre misure del Pnrr una facilità di messa a terra che ha contribuito al suo successo. Questa- ha precisato infine- è l’eredità che lasciamo a chi verrà dopo di noi al ministero”.

“Nel momento della mancanza di certezze e di stabilità, il rischio che si corre è quello di una retrospettiva, mentre ciò che serve sono fiducia e investimenti. Noi abbiamo scelto di
investire con inedita incisività sull’imprenditoria femminile- ha evidenziato Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità- Il tema della promozione della parità di genere non era mai stato come in questi anni al centro del dibattito e anche della visione e dello sviluppo imprenditoriale del nostro Paese. Abbiamo chiaro che tutto ciò che negli anni è stato di ostacolo alla messa in campo delle potenzialità, dei talenti, della creatività femminile è stato, di fatto, un ostacolo allo sviluppo di tutto il Paese. Investire nell’empowement e nel lavoro femminili è una delle risorse più valide ed efficaci che l’Italia ha per essere un Paese leader nello sviluppo economico e sociale. L’imprenditoria femminile- ha aggiunto la ministra- è una risorsa straordinaria che fino ad oggi non è stata riconosciuta né valorizzata, un po’ per regole del mercato del lavoro imprenditoriale che andavano cambiate e un po’ per la mancanza di servizi. Il Fondo per l’imprenditoria femminile ha come obiettivi la formazione, i servizi e la certificazione per la parità di genere che ha una visione sistemica, non si rivolge solo alle imprese guidate da donne. La certificazione vuole valorizzare imprese pubbliche e private che investono in lavoro femminile, attivando un sistema che ha un vantaggio di investimento per l’intero Paese”, ha concluso Bonetti.


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