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Inchiesta camici Lombardia, Fontana: “Non tollero si dubiti della mia integrità”

In aula il governatore rivendica il bonifico al cognato: "Avevo spontaneamente considerato di partecipare a una parte dello sforzo"

Pubblicato:27-07-2020 09:59
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:41

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MILANO -“Ho chiesto a mio cognato di rinunciare al pagamento e di considerare quel mancato introito come un’ulteriore gesto di generosità”. Attilio Fontana prende il toro per le corna, e affronta subito nel primo dei tre giorni di consiglio regionale il caso dei camici, che da sabato lo vede iscritto nel registro degli indagati della Procura di Milano sull’ipotesi di frode in pubbliche forniture.

Il governatore ricalca in sostanza la linea difensiva già trapelata nel fine settimana, rispetto alla contestazione dei pm sul bonifico con cui avrebbe cercato di rifondere il cognato dopo la donazione. “Avevo spontaneamente considerato di partecipare a una parte dello sforzo” del parente, perchè “la mia attività” gli aveva recato “uno svantaggio”, ma “quel gesto”, il rimborso ai famigliari, “era diventato sospetto”.

Sulla fornitura dei camici a Regione Lombardia, acquistati da cinque aziende diverse- sottolinea Fontana nel “rispetto delle procedure d’emergenza” validate dal governo- si è scatenata la “più faziosa informazione” ma la vicenda è “semplice e banale”.


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Della disponibilità di Dama spa Fontana ha detto di essere al corrente dal 12 maggio scorso. Le prime domande di Report, precisa il governatore, risalgono al primo giugno.

Resto convinto si sia trattato di un negozio corretto. Le critiche al mio operato sono doverose e legittime, ma non posso tollerare che si dubiti della mia integrità e di quella dei miei famigliari– conclude sul punto Fontana tra gli applausi della maggioranza- e resta il fatto che la Regione non ha speso un euro per quei 50 mila camici”.

FONTANA: “LE RSA? CI HANNO INCOLPATO INGIUSTAMENTE”

“È stata addossata alla Regione la colpa dei tanti anziani deceduti, quando l’Oms già a fine aprile dichiarava ufficialmente che, secondo le stime relative ai paesi europei, quasi la metà delle vittime del Covid-19 si trovava in quelle strutture”, sostiene Fontana.

“Come è stato accertato, la Regione Lombardia non ha dato ordini a nessuno, non abbiamo in alcun modo obbligato le strutture ad ospitare malati Covid”, assicura il presidente, che invita a leggere la relazione della commissione di verifica sul Pat (Pio Albergo trivulzio, ndr), “che dice bene cosa è successo e fornisce preziose indicazioni su cosa fare”. Fontana ammette poi di non aspettarsi scuse, “anzi oggi siamo di fronte ad una nuova curiosità: la Regione, prima attaccata per non avere dato regole rigide per le Rsa- sottolinea-, viene invece accusata oggi di aver prescritto regole troppo rigide”.

FONTANA: “SUI TAMPONI CI SIAMO MOSSI COME IL VENETO”

“Una parola anche sui tamponi, per ribadire che ci siamo mossi esattamente come ha fatto la Regione Veneto, finché i numeri ce lo hanno permesso e finché le disposizioni governative lo hanno consentito. Quando la curva dei contagi e dei ricoveri in terapia intensiva si sono impennate in pochissimi giorni, è diventato oggettivamente impossibile riuscire a fare tamponi a tutti”. Così il presidente lombardo Attilio Fontana durante la propria relazione in Consiglio regionale, soffermandosi sul caso tamponi e sugli attacchi piovuti sulla Regione Lombardia per quanto riguarda la mappatura della popolazione.

“Purtroppo, in quei giorni troppe persone si sono sentite sole ed abbandonate dal sistema sanitario, non trovando alcuno che le ascoltasse”, ammette il governatore, che riconosce “questa nostra inevitabile debolezza dovuta alla tempesta che ci ha travolti, e ne sento il peso e la responsabilità”.

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