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Mali, Diarra (Obes): “Rischio attentati, ma votiamo pace”

Domenica al voto per il presidente e per dimenticare Al Qaida

Pubblicato:27-07-2018 10:16
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:25

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ROMA –  “I dirigenti tuareg hanno garantito lo svolgimento del voto ma il rischio di attentati resta alto” spiega Abdoulaye Diarra, direttore della Organisation pour le Bien Etre Solidaire (Obes), raggiunto dall’agenzia ‘Dire’ a Bamako. Le elezioni, le seconde dopo il golpe del 2012 e l’avanzata dei ribelli tuareg e islamisti nelle regioni del nord, sono in programma domenica. L’intervento militare a guida francese ha permesso al governo di riconquistare terreno, ma sul voto che dovrebbe permettere a oltre otto milioni di persone di scegliere il presidente restano molte incognite. Secondo Diarra, animatore di progetti a sostegno delle comunità rurali, in Mali il tema della pace è il più sentito anche perché premessa di ogni sviluppo.

“A garantire la sicurezza – spiega il direttore di Obes – dovranno essere i peacekeeper della missione delle Nazioni Unite Minusma e i militari del G5 Sahel, la forza costituita dal Mali con Mauritania, Burkina Faso, Niger e Ciad”. Timori particolari riguardano le regioni del centro, nello specifico l’area di Mopti, e quelle del nord, già occupate tra il 2012 e il 2013 da Al Qaida nel Maghreb islamico. Proprio in quest’area, nella città di Kidal, colpita ancora nei mesi scorsi dal nuovo Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani, ha cominciato la campagna elettorale l’unico candidato donna tra i 24 aspiranti alla presidenza. “L’imprenditrice Djeneba N’Diaye ha incontrato la popolazione e lo ha fatto anche il capo di Stato in carica, Ibrahim Boubacar Keita” sottolinea Diarra: “I rischi di attentati sono concreti ma di sicuro le elezioni si terranno anche lì”.

Il principale sfidante di Keita, in corsa per un secondo mandato, sarà il dirigente di opposizione Soumaila Cisse. Ma più che da intenzioni di voto e percentuali i maliani sarebbero preoccupati delle prospettive di pace, non garantite pienamente nemmeno dall’accordo con i ribelli tuareg siglato ad Algeri nel 2015. A confermarlo in questi giorni una “carovana” che, con il sostegno del Programma dell’Onu per lo sviluppo (Undp), sta facendo tappa in tutti e sei i quartieri di Bamako. L’obiettivo? Coinvolgere il maggior numero possibile di giovani con lo slogan “votiamo in pace”.


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