NEWS:

Emilia Romagna, la proposta di Snami: “Medici del 118 per aiutare gli ospedali”

Il presidente del sindacato Snami Emilia Romagna, Roberto Pieralli, chiede alla Regione di trovare un equilibrio tra il ruolo contrattuale dei professionisti e il supporto alle attività di Pronto soccorso

Pubblicato:27-04-2022 12:41
Ultimo aggiornamento:27-04-2022 12:42

snami emilia romagna 118
Getting your Trinity Audio player ready...
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

BOLOGNA – Medici del 118 in soccorso dei Pronto soccorso. È l’idea lanciata dallo Snami Emilia-Romagna e proposta alla Regione, per risolvere con un’unica manovra due problemi: quello della carenza di personale per i servizi d’urgenza in ospedale e quello del mancato riconoscimento professionale per i medici di emergenza.

“Uno dei piani più critici al momento è quello dell’emergenza-urgenza”, conferma Roberto Pieralli, presidente dello Snami Emilia-Romagna, in un’intervista all’agenzia Dire. “Abbiamo presentato una proposta alla Regione sui medici di emergenza che in questi anni hanno di fatto tenuto aperto i Pronto soccorso, lavorando come se fossero dipendenti ma senza essere assunti, e ai quali non è mai stato permesso neanche di frequentare le specializzazioni”.

Questo negli anni ha creato “un grosso attrito” che ha portato “i professionisti a lasciare i servizi di emergenza”. Per correre ai ripari, cioè per “invertire la tendenza” e favorire “il rientro dei professionisti”, oppure “l’arrivo di nuove leve”, lo Snami ha presentato appunto una serie di proposte alla Regione “che cercano il migliore punto di equilibrio tra il rispetto del ruolo contrattuale dei professionisti e il supporto alle attività di Pronto soccorso, che sono in difficoltà”. Del resto, ricorda il sindacalista, “le intese sul 118 erano ferme dal 2008. Con l’assessore Donini ora finalmente si parla di qualcosa di concreto”.


Pieralli immagina dunque una “collaborazione dei medici del 118, che hanno un inquadramento diverso dal Pronto soccorso, verso le strutture ospedaliere. Non vogliamo più vedere automediche sospese o soppresse, come accaduto a Modena. E non vogliamo più vedere il soccorso territoriale messo a rischio pur di tenere aperti i presidi, che hanno comunque una capacità di gestire solo le basse complessità. Noi vogliamo che il 118 rimanga aperto e solido, che sia in grado di dare risposta alle situazioni critiche, ma ci rendiamo conto anche delle criticità delle attività ospedaliere. Quindi vogliamo fare il massimo posssibile per supportarle”.

Da qui l’idea di “superare alcune incompatibilità insensate previste nella formazione dei medici del 118 a livello regionale – spiega Pieralli – fare corsi di formazione per chi vorrà collaborare all’interno degli ospedali e dare una strutturazione omogenea per tutta la regione, in modo che i medici del 118 che vogliono supportare l’attività del Pronto soccorso abbiano una loro tutela legale e assicurativa, insieme a un riconoscimento giuridico ed economico, per garantire la tenuta del sistema nel suo complesso”.

“MEDICI DI BASE? PIÙ CHE IN PENSIONE, SCAPPANO”

Il pensionamento dei medici di base non è l’unico problema. Quello di cui “la politica dovrebbe tenere conto” è anche “l’esodo dei professionisti” dalla sanità pubblica verso quella privata o la libera professione. È il monito che arriva da Roberto Pieralli, presidente dello Snami Emilia-Romagna, intervistato dall’agenzia ‘Dire’. “Abbiamo un esodo verso il privato e la libera professione – avverte Pieralli – c’è un problema manageriale grande come una casa, che è un problema di gestione delle risorse umane. La politica prima o poi dovrà rendersene conto”.

Il problema, spiega il sindacalista, è soprattutto il carico burocratico che negli anni si è accumulato sulle spalle dei dottori di famiglia. “Ma i professionisti non sono operai – avverte Pieralli – studiano per avere autonomia e discrezionalità. Il sistema invece crea percorsi obbligati e li forza in un certo modo. I medici questa cosa non la accettano e cercano strade alternative. Anche i cittadini ne devono essere consapevoli”. Nel pubblico, ormai, “hanno costretto il medico ad avere il 10% di attività clinica e il 90% di cartacce inutili – attacca il numero uno dello Snami – non è così che si può sperare di attrarre professionisti. Il lavoro del medico non è più attrattivo e la misura è colma“.

Questo problema si somma al pensionamento di tanti medici di base nei prossimi due-tre anni. “Il ricambio generazionale lo avevamo previsto numericamente già dal 2009 – ci tiene però a dire Pieralli – e lo avevamo segnalato: siamo sul Titanic, ma lo sapevamo da mo’ che l’iceberg stava lì. Però non si è fatto nulla, salvo rincorrere all’ultimo minuto”. Il ricambio generazionale dei medici, però, è appunto solo una faccia della medaglia. “C’è anche un problema di fuga – afferma lo Snami – i medici, nel sistema che purtroppo è stato creato negli ultimi anni, non ci vogliono più stare. Quindi non solo assistiamo ai pensionamenti per età, ma anche alla fuga dei professionisti che non vogliono sottostare a regole demenziali e a incombenze burocratiche, che di medico non hanno nulla”.

Si tratta, spiega Pieralli, di “sistemi che servono a controllare la spesa e l’appropriatezza, ma che in realtà sono incombenze burocratiche in più”. E aggiunge: “Il dottore oggi vuole solo tornare a fare il dottore. Se però le Ausl e la politica hanno necessità di controllare la spesa e l’appropriatezza, prendano del personale amministrativo con dei fantastici algoritmi senza ribaltare queste cose sul medico”.

Durante la pandemia, rimarca il sindacalista, “è successo di tutto e ormai questo lavoro è diventato non attrattivo. Ce lo dicono soprattutto i giovani, questo dovrebbe preoccupare le direzioni generali. È vero fino a un certo punto che i giovani sono più disponibili a lavorare nelle Case della Salute. Ma questo non significa che vogliono essere inquadrati in quelle strutture. Se questa è l’idea che certi manager si sono fatti, rischiano di andare a sbattere il grugno. Molti professionisti vogliono solo riappropriarsi della loro gestione professionale e fare il dottore, non l’amministrativo”, ribadisce Pieralli.

“UN’IDIOZIA ABOLIRE NUMERO CHIUSO A MEDICINA”

Decretare il ‘liberi tutti’ nelle Facoltà di Medicina “è un’idiozia”. Non ci gira intorno Roberto Pieralli, presidente dello Snami Emilia-Romagna, che in un’intervista all’agenzia ‘Dire’ risponde così a chi chiede l’abolizione del numero programmato per le lauree mediche. Presa di posizione ribadita, di recente, tra gli altri anche dal governatore Stefano Bonaccini. “Il numero chiuso è una cosa stupida, il numero programmato invece è sacrosanto – differenzia Pieralli – ma chi dice di volere l’accesso ‘full’ a Medicina in realtà sta ipotecando il futuro della preparazione, perché un medico per formarsi ha bisogno di stare in corsia e vedere i pazienti“.

Di conseguenza, afferma Pieralli, “se ho la capacità di formare decentemente cento persone, non posso mettergliene dentro 3.000, perché significa che vado sui numeri e non sulla qualità”. Il numero quindi “deve essere programmato, ma con la testa – insiste il presidente dello Snami – sulla base della reale capacità formativa della struttura. Dire ‘pace libera tutti’ o ‘dentro tutti’, senza pensare alle conseguenze che questo provoca, è un’idiozia”. Anche perché”io ho bisogno che i medici di domani escano avendo visto i pazienti e avendo fatto i tirocini – spiega Pieralli – altrimenti creiamo le lauree online e facciamo dei ‘laureifici’. Ma medicina non è solo teoria“.

Quindi, ribadisce il sindacalista, “va bene ampliare il numero programmato al massimo possibile della capacità reale che un Ateneo può avere. Ma non può essere ‘pace libera tutti’, perché questo crea solo problemi. Dobbiamo trovare il miglior punto di equilibrio tra quantità e qualità”, chiosa Pieralli.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it


California Consumer Privacy Act (CCPA) Opt-Out IconLe tue preferenze relative alla privacy