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Maggio fiorentino, confermato lo sciopero per il Fidelio

Ritirare lo sciopero e permettere

Pubblicato:27-04-2015 13:13
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:17

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maggio musicale fiorentino - firenzeRitirare lo sciopero e permettere la recita del Fidelio di Beethoven “al momento è decisamente improbabile. Lo stato di agitazione è confermato ed è già in atto: chi era di turno al mattino sta già scioperando”. A poche ore dalla messinscena Cristina Pierattini, della Slc Cgil Firenze, è netta: la protesta che investe la prima dell’opera tedesca (Singspiel), nonostante gli appelli del sindaco di Firenze e presidente della Fondazione del Maggio musicale fiorentino, Dario Nardella, non torna indietro. Braccia incrociate anche il 30 aprile e il 6 maggio, in occasione delle repliche, così come è stato confermato il presidio “del 5 maggio” a Roma davanti al Mibac. Per fermarsi, sottolineano dal sindacato, “ci vorrebbe un miracolo”.

Un evento, tuttavia, inatteso dalle parti di Borgo dei Greci, sede della Camera di commercio di Firenze, “visto che- spiega Marco Del Cimmuto, segretario generale Slc Cgil- sono passati 75 giorni dall’inizio della vertenza e ancora non abbiamo avuto uno straccio di risposta formale: non c’è un atto scritto che metta nero su bianco quanto è stato dichiarato alla stampa da Franceschini, Nardella e dal soprintendente Bianchi”.

Il ‘prodigio’, secondo la Cgil, dovrebbe camminare su due gambe. Il primo nodo riguarda il futuro dei 52 lavoratori che dal teatro passeranno ad Ales, la società di gestione del patrimonio artistico ‘in house’ al Mibac. Un punto dirimente, che ha portato il sindacato a ritirare la firma dall’accordo del 7 gennaio 2014: “Con il decreto Art Bonus del ministro Franceschini, quello che doveva essere un trasferimento dei lavoratori, con il mantenimento delle condizioni pregresse di anzianità e salariali, si è trasformato- dice Pierattini- in una procedura di licenziamento collettivo”. Prima la lettera di licenziamento, poi l’iscrizione nelle liste della mobilità, ed infine la riassunzione in Ales “con un contratto ex novo” e, continua, “senza garanzie sul futuro”.


Garanzie su cui, continua Del Cimmuto, pendono una serie di interrogativi “che per noi è decisivo sciogliere”. I lavoratori, una volta riassunti, “saranno sottoposti ad un periodo di prova? Nel loro contratto sarà applicato il jobs act e quindi non avranno la tutela dell’artico 18? Sono al riparo da trasferimenti futuri in altre città?”. Ed infine “se le commesse di Ales venissero meno, i 52 lavoratori avranno la possibilità di tornare in Fondazione?”.

Domande che, fino ad oggi “non hanno ottenuto risposte”, anche perché “quello che sta succedendo al Maggio è una primissima volta”. E la cosa, incalza Del Cimmuto, ci preoccupa: “Nell’applicare la legge Franceschini, il Maggio è come laboratorio e i lavoratori le cavie della sperimentazione di questo che è un modello nazionale”. C’è bisogno, inoltre, di garanzie tempistiche, “se non altro per verificare le posizioni previdenziali dei possibili pensionandi”.

L’altro capo della questione, riguarda la pozione di Dario Nardella: “Il sindaco- affonda la Cgil-, in questa partita, è in palese conflitto di interessi”. Come sindaco di Firenze, infatti, Nardella da statuto è presidente della Fondazione del Maggio, quello “cioè che ha aperto la procedura dei licenziamenti”; come primo cittadino della Città metropolitana, però, è al vertice dell’ente che dà sede alla trattativa “garantendo l’elemento di terzietà”. Per questo, sostiene Pierattini, “abbiamo sollevato il caso con le nostre segreterie nazionali” e “la stessa Città metropolitana ha riconosciuto il vizio nella procedura”.

Un problema “enorme, un errore macroscopico”, dice Del Cimmuto, “che potrebbe innescare un effetto a valanga: solo il fatto che sia stato dichiarato il vizio potrebbe dare il là ad una serie di contenziosi i cui costi, se trovassero ragione in sede di giudizio, come noi crediamo, affosserebbero definitivamente il teatro”. Per questo la Cgil chiede, dentro la cornice di questo “paradosso denunciato e confermato dagli interessati”, che la vertenza passi sotto l’egida di “un tavolo di crisi interministeriale”.

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