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VIDEO | Omicidio Vannini, i Ciontoli vanno in Cassazione: “No a 3 anni per gli altri familiari”

I legali della famiglia Ciontoli annunciano il ricorso in Cassazione: non per Antonio Ciontoli (condannato a a 5 anni rispetto ai 14 del primo grado), ma per gli altri familiari condannati a 3 anni: Martina, Federico e la moglie

Pubblicato:27-03-2019 12:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:17
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CIVITAVECCHIA – “Faremo ricorso in Cassazione per gli altri imputati“, Maria Pezzillo, la moglie di Antonio Ciontoli, e i figli Martina e Federico, condannati a 3 anni per omicidio colposo. E’ questa la notizia che ha annunciato Andrea Miroli e che ha aperto la conferenza stampa indetta dai legali della famiglia Ciontoli, appunto Andrea Miroli e poi Pietro Messina e Domenica Ciruzzi, all’Hotel San Giorgio di Civitavecchia.

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L’avvocato Miroli: “Nessun accordo tra i familiari”

I legali della famiglia Ciontoli, Andrea Miroli, Pietro Messina e Domenica Ciruzzi hanno dato appuntamento alla stampa per spiegare le motivazioni della sentenza che in Corte d’Appello ha ridotto la pena ad Antonio Ciontoli a 5 anni e ha confermato 3 anni ai famigliari per la morte di Marco Vannini, ucciso a 20 anni il 18 maggio 2015.


Fuori dall’Hotel San Giorgio, a Civitavecchia, una folla di operatori, telecamere e cronisti per il primo appuntamento dei difensori dei Ciontoli con la stampa su un caso che è ormai al centro di inchieste, trasmissioni televisive, petizioni popolari, vicinanza delle Istituzioni per la famiglia di Marco.

“In bagno solo Marco e Antonio Ciontoli”

“La verità processuale e la verità storica, se parliamo di responsabilità, sono la stessa cosa- ha detto per iniziare l’avvocato Andrea Miroli- e bisogna conoscere tutte e 4 le ore di intercettazione con le trascrizioni dei Carabinieri. Un dato inequivocabile acquisito in sede probatoria è che nel bagno fossero presenti solo Antonio Ciontoli e Marco. Un passaggio antecedente dell’intercettazione poi diventata famosa, riporta Martina dire: ‘All’inizio io non ero in bagno con lui'”.

“Ognuno ha raccontato sua versione”

Rispetto al narrato delle intercettazioni o all’affermazione di Viola “ti ho parato il culo”, invece, “il processo- ha ribadito Miroli- ha dimostrato che non c’è stato alcun accordo tra i famigliari dei Ciontoli. Tutti hanno reso una ricostruzione del vissuto diversa l’una dall’altra. Ad esempio- ha spiegato ancora Miroli- se si fossero messi d’accordo, Maria Pezzillo non avrebbe detto alla mamma di Marco che il figlio era caduto dalle scale. L’ha fatto pensando a una ferita meno grave di quella che lei immaginava e per non far preoccupare Marina”.

Anche se la presunta telefonata l’avrebbe fatta davanti al 118. “Marco è andato al Pit in codice verde, con un buchino da sigaretta. Ed è indiscutibile- ha detto Miroli- che la colpa di tutto questo sia di Antonio Ciontoli“, ma ha aggiunto “anche dell’infermiere e di altri”.

La foto delle lenzuola

Quanto alla ferita e alla perdita di 2 litri di sangue, l’avvocato Miroli ha mostrato la foto delle lenzuola della camera da letto dei Ciontoli e ha spiegato che è “la stessa quantità di sangue di quando uno si fa la barba”. Marco Vannini è morto di shock emorragico.

“Il reato è colposo, altro è fantasia”

“Nell’interrogatorio fatto alle 4 del mattino al papà di Marco, Valerio Vannini dice di aver sentito il figlio 4 o 5 volte durante il giorno e due volte la stessa sera, l’ultima alle 23.04. Come pensate che dalle 23.04 alle 23.20 possa esser accaduto tutto questo? Ci vuole una bella fantasia” secondo l’avvocato Antonio Messina, legale della famiglia Ciontoli che ha spiegato come la dinamica delle telefonate abbia subito orientato verso un colposo e questo spiegherebbe perchè “la casa non sia stata messa sotto sequestro”.

Ha spiegato inoltre l’avvocato Andrea Miroli sulle intercettazioni di Martina Ciontoli: “Quando il pm ha contestato a Martina le frasi rese note dalle intercettazioni – in cui riferiva la scena del delitto – la stessa Martina ha dichiarato che in realtà aveva riportato la ricostruzione sentita dal maresciallo Izzo”, il quale ha poi negato invece quanto riferito dalla ragazza e l’avvocato Miroli ha ricordato che “la testimonianza del maresciallo non è stata presa in considerazione”. Così ha deciso la Corte di primo e secondo grado, senza che il maresciallo sia stato indagato per falsa testimonianza.

“Famiglia vive tragedia”

“Da dopo la sentenza non dobbiamo più parlare di volontarietà, noi non siamo qui per difendere la Corte d’Assise, ma per chiarire alcuni aspetti di questa vicenda che sono stati alterati e strumentalizzati”. Ha chiarito la loro posizione con queste parole, rivolte principalmente ai media, l’avvocato della famiglia Ciontoli, Pietro Messina, nella conferenza stampa di questa mattina all’Hotel San Giorgio di Civitavecchia, ad ormai due mesi dalla sentenza emessa dalla Corte d’Appello del 29 gennaio 2019.

Una sentenza che ha letteralmente scosso l’opinione pubblica dopo la condanna a 5 anni di Antonio Ciontoli e la conferma dei 3 anni per il resto della famiglia in merito alla morte di Marco Vannini. E’ stato sempre l’avvocato Messina a rivolgere un pensiero al ragazzo e alla sua famiglia: “Voglio rivolgere un pensiero al povero Marco, stroncare una vita a 20 anni è una tragedia e noi comprendiamo assolutamente e siamo vicini alla famiglia che ha vissuto una tragedia impressionante, un danno irreversibile”, anche se ha aggiunto che “una tragedia simile la continuano a vivere anche i Ciontoli: non è possibile immaginare che abbiano mai voluto la morte di Marco. Nessuno può e nessuno ha potuto dimostrare la volontarietà di quanto accaduto a Marco e che dovesse morire, noi crediamo nella sentenza”.

“La Corte d’Assise non ha ridotto la pena- ha precisato Messina- perché ad Antonio Ciontoli non è mai passato per la mente che Marco dovesse morire e per questa ragione da omicidio volontario si è passati ad omicidio colposo, in una pena prevista in cui è stato dato il massimo, ovvero 5 anni. Una colpa grave, ma- ha ribadito Messina- non possiamo crocifiggere una persona per un errore commesso da chi non ha dimestichezza con le armi. Una sciagura di un’entità indicibile, ma Antonio Ciontoli non era esperto e non è stato capace di tenere il controllo dell’arma. Non ha colpito volontariamente, ha fatto un’azione sproporzionata e censurabile ma non volontaria”.

“Da valutare il ricorso per Antonio”

“Abbiamo indetto la conferenza stampa di oggi per poter intervenire e dire la nostra sul processo, cosa che fino ad ora non abbiamo fatto. E questo è il momento, dato che il processo di merito si è concluso e quanto acquisito nel dibattimento si è così cristalizzato”, ha spiegato Andrea Miroli, legale della famiglia Ciontoli, all’agenzia Dire, a margine della conferenza stampa indetta questa mattina sulle motivazioni della sentenza che hanno condannato a 5 anni Antonio Ciontoli per omicidio colposo con colpa cosciente e a 3 anni i famigliari per colposo.

“La differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente è una sofisticata differenza giuridica, quasi incomprensibile per chi non è giurista” ha sottolineato Miroli che ha comunque confermato il ricorso in Cassazione per i familiari, mentre “per Antonio Ciontoli- ha detto- dobbiamo valutare”.

di Silvia Mari ed Elisa Castellucci

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