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40 anni SSN, Magi (Omceo Roma): “Bisogna salvarlo, istituzioni ne comprendano importanza”

ROMA - Il Servizio sanitario nazionale compie 40 anni. L'agenzia Dire ha intervistato tre rappresentanti del mondo della sanità: l'istituzione,

Pubblicato:27-03-2018 16:02
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:41
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antonio magi sumai
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ROMA – Il Servizio sanitario nazionale compie 40 anni. L’agenzia Dire ha intervistato tre rappresentanti del mondo della sanità: l’istituzione, i medici e la popolazione.

Ecco le parole di Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma

– Il servizio sanitario nazionale, come recita la legge, è destinato alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione per assicurare a tutti l’accesso alle cure. Quanto questo obiettivo è effettivamente realizzato e cosa si può fare in futuro?

“Dopo la promulgazione della legge, voluta dall’allora ministro della Sanità Tina Anselmi, qualcosa di importante è avvenuto perchè questa norma ha abolito gli enti mutualistici e di fatto nel 1980 impresso una forte spinta affinché tutti i cittadini fossero ugualmente assistiti. Alcune differenziazioni però c’erano già allora tra il Nord e il Sud della penisola italiana; quest’ultimo sotto certi aspetti ‘depresso’, basta pensare alla Cassa del Mezzogiorno”.


“In queste zone non venivano erogati servizi sanitari di alta qualità, ma in ogni caso questi cittadini avevano garantito nel complesso una buona copertura sanitaria, sia per ricovero sia per primo accesso, sia dal medico di famiglia sia dagli specialisti in caso di ricovero ospedaliero. Non possiamo dire che ora succede la stessa cosa adesso. Diciamo che siamo passati da un universalismo ‘reale’ a universalismo ‘selettivo'”.

“In questo momento storico si sta verificando un definanziamento del Ssn. Nel nostro Paese l’efficienza complessiva del sistema sanitario nazionale ha fatto sì che si ci fosse maggiore prospettiva di vita e dunque richiesta di salute. Ma malagestione e anche ruberie hanno dirottato le risorse verso l’interesse di pochi, sacrificando l’interesse generale e deprimendo l’intero sistema, così oggi siamo costretti a ripensarlo”.

“Anche perché l’invecchiamento progressivo della popolazione provoca l’aumento delle malattie croniche. Ribadisco però che eliminando speculazioni, gestioni non accorte e non trasparenti, nonché le ruberie varie, il Ssn può essere tranquillamente finanziato. E ottimizzando le risorse ed eliminando il federalismo sanitario, che ha creato 21 sistemi sanitari differenti, si potrebbe incidere in modo positivo sulle disparità esistenti tra nord e sud del paese”.

– Questa ‘garanzia’ di equità e universalità del Ssn si scontra poi con evidenti squilibri territoriali, qual è la ricetta per contenere e meglio eliminare la mobilità passiva dei pazienti da regione a regione?

“E’ esattamente questa differenza nell’offerta sanitaria che provoca una mobilità passiva e che si risolve in uno spostamento dal sud al nord del Paese per ricevere cure migliori. Il nord lucra su questo e rinuncia a parte del finanziamento del Ssn in quanto preferisce recepire maggiori introiti dai cittadini in mobilità, i cosiddetti ‘soldi freschi’. Nella Sanità c’è una vera concorrenza economica tra regione e regione”.

“La ricetta è distribuire maggiore denaro dove serve e creare centri d’eccellenza in ogni regione. Questo limiterebbe notevolmente la mobilità sanitaria e tutto funzionerebbe molto meglio. Ancora: una cosa è distinguere le caratteriste regionali e altra sono gli aspetti di pubblica sicurezza come i vaccini scientificamente comprovati”.

“Quindi non ci può essere una regione pro vax e una contraria, perché riguarda appunto la salute pubblica e l’interesse generale che tali devono rimanere. Io sono favorevole, almeno in parte, per la centralizzazione del sistema ma soltanto finanziando sempre e correttamente tutte le regioni, al contempo non si deve perdere di vista l’universalismo. A mio avviso un servizio sanitario deve essere nazionale e non regionale”.

– La comunicazione e l’informazione al paziente, da parte delle istituzioni competenti, sono centrali quando si tratta di temi di salute pubblica. Si pensi a quanto accaduto per i vaccini o alle fake news che circolano sul web. Cosa si potrebbe fare per contrastare il fenomeno facendo network anche con i medici di base?

“Il discorso è ampio, le cosiddette fake news sono un fenomeno dilagante e preoccupante. Siamo nell’era del ‘dottor Google’: il cittadino si informa ma effettivamente non sa se sta consultando un sito affidabile oppure no. Al contempo si è perso il rapporto fiduciario tra medico e paziente e l’alleanza tra i due a causa della spinta crescente verso la possibilità di ottenere risarcimenti per presunti danni provocati dal singolo medico e dalla singola struttura sanitaria”.

“Molti finanziamenti del Ssn si sono dissolti anche a causa di questi risarcimenti che le aziende sanitarie devono sostenere, a volte in maniera impropria. Anche se nel 90% dei casi tutto si risolve nell’infondatezza della richiesta. Il medico dunque attualmente ha paura del paziente. Ma va anche detto che il paziente non si fida più e cerca informazioni sulla rete, spesso fuorvianti e persino dannose. A questo va aggiunto che il rischio zero in medicina non esiste e ciò va sempre ben spiegato al paziente: il medico ha la missione di curarlo ma, purtroppo, non si può avere mai la certezza della guarigione”.

“Per tutti questi motivi occorre ricreare l’alleanza terapeutica. A tale proposito, il medico deve imparare e trovare tempo per comunicare il più possibile e nella migliore maniere con i suoi pazienti, anche se oggi lavora con grande difficoltà perché i camici bianchi sono ormai pochi rispetto alla richiesta di cure, basta pensare alle situazioni che si vive nei Pronto Soccorso. E’ uno stato di cose originato anche dai tagli lineari impropri. S dovrebbe tornare a quella ‘normalità’ che abbiamo perso. Un altro esempio giusto per dare la dimensione della situazione: nelle convenzioni per rinnovo contrattuale sono stati erogati 271milioni l’anno contro i 114 miliardi istituiti per il fondo sanitario. Non si sta investendo sul personale in modo adeguato, bisogna pensare a incrementare gli operatori”.

“Se avessimo investito correttamente il Pil avremmo risolto anche il problema sanitario. In tutta questa situazione, certamente non facile, gli ordini dei medici si stanno attrezzando per essere comunque più vicini al paziente e per contrastare queste fake news di cui tanti si parla in questi ultimi tempi. Proprio per questo, all’Ordine di Roma stiamo formando dei nostri delegati che saranno presenti nei presidi sanitari pubblici e privati, per essere vicino e tutelare il paziente ma anche per stare vicino al medico e per dare a noi un feedback sul funzionamento della struttura in cui essi operano. Inoltre, stiamo aprendo proprio all’interno dell’Ordine di Roma uno sportello per l’informazione ai cittadini. Da ultimo vorrei fare un appello alle istituzioni politiche: si ‘sveglino’ e comprendano l’importanza di garantire un servizio sanitario accessibile a tutti. Quindi salviamo il nostro servizio sanitario nazionale”.




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