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I permessi di soggiorno? “Bisogna pagarli”. Nei guai dipendente patronato a Bologna

E' accusato di truffa, falso in atto pubblico e corruzione: la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio

Pubblicato:27-03-2018 10:32
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:41
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BOLOGNA – Per lui accuse truffa, falso in atto pubblico e corruzione: si faceva pagare raccontando che il denaro serviva per ottenere il permesso di soggiorno. In realtà i soldi finivano nelle tasche dell’uomo, un 46enne dipendente del patronato Inas-Cisl di Bologna, che per rendere più credibile la storia realizzava false ricevute di cui consegnava una fotocopia alle sue vittime.

Come se non bastasse, dalle indagini della Polizia è emerso che l’uomo si era fatto corrompere da uno straniero con 150 euro per attestare falsamente che la moglie di quest’ultimo aveva superato un test di italiano, e che in altri tre casi aveva contraffatto lo stesso documento in concorso con gli ‘esaminandi’, che risultavano così ‘promossi’ quando in realtà non avevano superato il test. Per questi motivi la pm bolognese Morena Plazzi ha chiesto il rinvio a giudizio del dipendente del patronato, accusato di truffa aggravata, tentata truffa aggravata, falso in atto pubblico e corruzione, e dell’uomo che lo ha corrotto, oltre che della moglie del corruttore e delle persone che avevano truccato l’esito dei test di italiano, accusati di aver violato le norme del Testo unico sull’immigrazione.

In pratica, stando alla ricostruzione della Procura, tra il novembre del 2015 e il gennaio del 2017 il dipendente del patronato avrebbe raccontato a una decina di stranieri che a causa di modifiche normative (ovviamente inesistenti) per ottenere il permesso di soggiorno avrebbero dovuto pagare, in contanti, una somma compresa tra i 100 e i 270 euro, per un totale di 2.070 euro (quasi sempre la cifra richiesta era di 200 euro), dicendo che avrebbe versato i soldi “a chi di dovere”.


Alle persone che truffava, l’uomo diceva inoltre di tornare in un secondo momento per ritirare la ricevuta, che nel frattempo provvedeva a fabbricare applicando un tagliando di un bollettino postale su un altro bollettino intestato al ministero dell’Economia con causale ‘Importo per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico’. Tutti gli episodi di truffa contestati sono aggravati dal fatto di “essere stati commessi con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti un pubblico servizio”.

A questi si aggiungono la falsa attestazione, rilasciata in cambio di 150 euro, del superamento, da parte della moglie del corruttore, di un test di italiano in realtà mai sostenuto, e le firme apposte dall’uomo su documenti falsi secondo cui alcuni immigrati avevano superato i test di italiano, mentre in realtà erano stati bocciati.

Un’altra persona, uno straniero, è infine accusata di violazioni al Testo unico sull’immigrazione per aver presentato una falsa attestazione del superamento dello stesso test da parte di un connazionale, che gli aveva consegnato il documento in cambio di 200 euro.

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