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La mediatrice culturale: “Crotone piange la solitudine degli afghani”

L'intervista: "Tra le vittime del nubifragio anche appartenenti alla minoranza hazara"

Pubblicato:27-02-2023 19:03
Ultimo aggiornamento:27-02-2023 19:03
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ROMA – “La situazione del Paese è allo stremo ma l’Afghanistan per i Paesi occidentali si è stabilizzato. Al contrario chiediamo alle potenze del G20 di non lasciare il popolo afghano solo” e soprattutto le minoranze, come quella degli hazara, “di cui facevano parte, ne sono certa, molte delle persone che hanno perso la vita a Crotone“. Nazifa Mersa Hussain, mediatrice culturale afghana dell’associazione di volontariato Binario 15, lancia l’appello dopo che in un naufragio al largo delle coste della Calabria sono morte decine di persone migranti partite alcuni giorni prima dalla Turchia. A bordo, molti cittadini afghani.

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In Turchia vivono centinaia di migliaia delle persone fuggite dall’Afghanistan dopo la presa del potere da parte dei miliziani talebani, nell’agosto 2021. Hussain, in Italia dal 2022, al lavoro anche per altre associazioni in centri di accoglienza, mette l’accento sulla situazione della comunità degli hazara, di cui anche lei fa parte: “La situazione del popolo afghano sotto il dominio talebano è drammatica e quella degli hazara lo è in modo particolare“, premette la mediatrice. “In tanti stanno fuggendo a causa delle minacce, delle persecuzioni e della povertà“.

Nel Paese asiatico, stando alle stime dell’Ufficio dell’Onu per gli affari umanitari (Ocha), quasi due terzi di tutta la popolazione afghana, 28 milioni su 40 milioni di persone, “necessiteranno in forma urgente di aiuti umanitari”. Secondo la mediatrice, le “discriminazioni contro le minoranze etniche hanno costretto molte persone a cercare rifugio fuori dal Paese a qualunque costo. Sono certa che la maggior parte delle vittime afghane nell’incidente di Crotone sia hazara: questa comunità non ha alcun sostegno e non trova alcun riparo in Afghanistan. Nessuno sente il loro grido di aiuto”. Hussain denuncia ancora: “Ogni giorno tutto il mondo osserva il massacro di questa popolazione, ai cui esponenti vengono distrutte le case e rubata la terra”.

Un’altra fonte di preoccupazione e dolore è il trattamento riservato alle donne, a cui nel corso degli ultimi mesi è stato vietato di frequentare diversi luoghi pubblici, oltre che di studiare in tutte le università. “Le donne sono state private di tutti i loro diritti fondamentali e umani. Le loro condizioni di vita sono veramente un disastro, miserabili e insopportabili”.

E’ tutto il popolo afghano però a soffrire, aggiunge Hussain: “È una situazione tremenda su tutti gli aspetti della vita, ed è per questo che oggi l’intera popolazione, uomini e donne e bambini, vecchi e giovani, malati e persone con diversa abilità, cercano in tutti modi di fuggire e di salvare la propria vita”.
Da qui l’appello dell’attivista: “Chiediamo alle potenze del G20 di non lasciare il popolo afghano solo, di riconoscere che 20 anni di occupazione non hanno prodotto alcun beneficio duraturo, di sostenere le forze democratiche e laiche che nel Paese resistono correndo gravi rischi fino anche alla morte, ma che non vogliono lasciare la propria terra e accettano una vita clandestina, così come chi migra ed è costretto a partire”. Nel 2022, nell’Unione Europea 129mila persone di origine afghana hanno fatto richiesta di asilo, stando ai dati dell’Agenzia dell’Ue per l’asilo (Euaa).

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