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Cucchi, il generale dei Carabinieri Tomasone: “Fu un arresto normale”. Spuntano nuovi falsi da parte del Comando

Intanto l'accusa porta nuove carte che dimostrano come il Comando passò al ministro Alfano documenti e referti falsi che lo indussero in errore (e gli fecero dare la responsabilità alla Polizia penitenziaria)

Pubblicato:27-02-2019 13:48
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:10

stefano cucchi
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ROMA – “Per me quello di Cucchi era un arresto normale“. Lo ha detto il generale dei Carabinieri, Vittorio Tomasone, all’epoca dei fatti comandante provinciale di Roma, durante la sua deposizione in Corte d’Assise nel processo bis per la morte di Stefano Cucchi, arrestato la notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009 per droga e deceduto sei giorni dopo all’ospedale Sandro Pertini.

Intanto, l’accusa oggi ha portato in aula nuove carte, documenti e referti che dimostrano nuovi falsi e prove artefatte. In particolare (LEGGI SOTTO), emerge che il Comando dei Carabinieri (che per diversi giorni dopo l’arresto di Cucchi non fece nulla di nulla, non chiese verifiche nè nulla), improvvisamente si attivò e chiese relazioni e documenti che poi vennero inviati al ministro Angelino Alfano che doveva riferire in Parlamento. Ma in quelle carte arrivate in mano al ministro, emerge ora, c’erano delle falsità. E l’intervento del ministro, il 3 novembre 2009, fece di fatto intendere implicitamente che la responsabilità era della Polizia penitenziaria, facendo uscire di scena completamente i militari. Il fascicolo che fino ad allora era contro ignoti ebbe i primi iscritti.

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TOMASONE: “FECI VERIFICHE, CONVOCAI RIUNIONI, ASCOLTAI TELEFONATE”

Il vertice dell’Arma ha ricostruito cosa fece dopo avere ricevuto, da alcuni giornalisti, la notizia che l’arresto del giovane geometra romano era stato effettuato dai Carabinieri: “Chiesi se era vero che era stato arrestato dai Carabinieri e mi fu detto che era stato arrestato una settimana prima. Quindi chiesi altre informazioni e mi dissero che, a parte l’attivazione del 118, non c’erano stati problemi, che c’era stata un’udienza di convalida dell’arresto e la consegna alla Polizia penitenziaria. Chiesi al comandante del gruppo e agli altri comandanti di preparare una relazione di servizio da parte di tutti quelli che avevano avuto un contatto fisico con Cucchi, dall’arresto fino alla consegna alla Polizia penitenziaria. Quindi, uno degli ultimi giorni di ottobre, chiamai la signora Cucchi per esprimerle la mia vicinanza personale sulla scorta di quello che mi era stato riferito e degli accertamenti possibili fatti”.

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Sempre a fine ottobre, Tomasone convocò una riunione: “A tutti coloro che erano stati presenti (rispetto alla vicenda dell’arresto di Stefano Cucchi, ndr) avevo chiesto di venire da me al Comando provinciale e, oltre a portare la relazione, di dire quello che avevano fatto. All’esito di questi ulteriori accertamenti, ne deducevo il convincimento che non vi potevano essere responsabilità- ha proseguito Tomasone-. Questo non solo per cogliere il focus del loro racconto ma anche, attraverso l’espressione del viso, per capire se qualcuno stava correggendo qualcun altro nella ricostruzione dei fatti”. 

Racconta ancora Tomasone: “Un carabiniere mi disse ‘io lo avevo in custodia, lamentava dei dolori e ho chiamato il 118’. Ricordo di avere espresso parole di apprezzamento e dopo che uno dei militari mi disse che aveva attivato la centrale operativa affinché potesse inviare un’autoradio presso la stazione dove di notte Cucchi era in camera di sicurezza, affinché lo aiutasse nell’operazione di metterlo sull’ambulanza, feci subito prendere dalla centrale operativa il nastro di quella telefonata e nell’ascoltarla non notai, nella conversazione tra il carabiniere e l’operatore della centrale, assolutamente nulla”.

Una verifica che avrebbe aiutato Tomasone a fugare anche un “ipotetico dubbio”, anche se l’esponente dell’Arma ha evidenziato di “non avere sospetti, ne’ dubbi”. Quindi, secondo Tomasone, “tutto questo portava a escludere qualsiasi coinvolgimento” dei carabinieri. Inoltre, l’allora comandante provinciale disse ai presenti alla riunione: ‘se oltre a questo (cioè al contenuto delle relazioni presentate, ndr) c’è qualche altra cosa, ditelo adesso perché questi atti andranno in Procura’.

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Il generale ha ricostruito anche quanto avvenuto in una seconda riunione convocata nel mese di novembre del 2009: “C’era stata una serie di segnalazioni da parte delle quattro Procure della provincia di Roma, che segnalavano disservizi sulla trasmissione degli atti. La riunione era stata convocata principalmente per fare un punto della situazione: si parlò di problemi che erano accaduti qualche giorno prima della morte di Cucchi, cioè l’arresto di alcuni carabinieri per un’estorsione ai danni del presidente della Regione Lazio, e dell’attività preventiva nelle strade più che un’azione repressiva. Il riferimento alla morte di Stefano Cucchi, che nel tempo era rimasto costante, non era ‘guardate cosa è accaduto’ ma ‘le cose vanno fatte in un certo modo perché da una parte si finisce arrestati e da una parte si entra nell’occhio del ciclone della stampa per questi motivi'”.

Tomasone ha detto di non essersi mai interessato dell’aspetto medico-legale della morte di Stefano Cucchi ma su questo è stato smentito dal pm, Giovanni Musarò, che gli ha sottoposto un atto a firma proprio del generale in cui di fatto venivano anticipate conclusioni sull’autopsia che la Procura di Roma ancora non conosceva. Alla domanda del magistrato su come avesse potuto avere accesso a quelle informazioni e arrivare a quelle sulle conclusioni, Tomasone ha ‘rimesso’ il tutto alla figura del colonnello Alessandro Casarsa, suo sottoposto diretto, aggiungendo di non sapere se lo stesso allora comandante del gruppo Roma avesse avuto contatti diretti con il consulente tecnico.

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INTANTO L’ACCUSA PORTA NUOVE CARTE: “COSI’ ‘INGANNARONO ALFANO”

Nuove carte depositate dall’accusa con le prove dei falsi e delle omissioni dell’allora Comando provinciale dei Carabinieri di Roma, Vittorio Tomasone. Documenti, referti medici, forniti dall’attuale comando dell’Arma che il pm ha dichiarato di avere e che negli anni delle indagini su Cucchi dimostrano anche come abbiamo tratto in inganno anche l’ex ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che il 3 novembre 2009 in aula al Senato accusò implicitamente gli uomini della Polizia penitenziaria. Fino a quel giorno, ha ricordato il pm Giovanni Musarò, il fascicolo era a carico di ignoti e solo dopo le parole di Alfano ci sarà l’indagine dei poliziotti.

Falsi che non si fermano qui. L’anemia messa a verbale da Cucchi diventa ‘anoressia‘ nelle informative dei Carabinieri. Così come falso è l’attacco di epilessia che il giovane geometra avrebbe avuto in caserma. La circostanza è stata smontata in dibattimento. Dati “inquietanti”, li ha definiti Musarò.

“Sia sul depistaggio del 2015 su cui abbiamo dichiarazioni, sia sui fatti del 2009 pensiamo di essere riusciti a capire e dimostrare esaustivamente cosa accadde”, ha precisato il pm Giovanni Musarò. “Un’acquisizione documentale di straordinaria importanza fatta nel novembre del 2018 grazie al Comando provinciale dei Carabinieri. Questa acquisizione- ha spiegato- verte su due circostanze: la prima è sulla ricostruzione dei fatti, la seconda attiene all’aspetto medico legale. Dopo la morte di Stefano Cucchi, per diversi giorni, l’Arma non fece nulla: nessuna indagine interna, poi dal 26 ottobre pullulano una serie di annotazioni false. Risulta dai documenti, che tutto trae origine da un’agenzia Ansa del 26 ottobre 2009 in cui Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone e Luigi Manconi fanno pubblica denuncia della vicenda Cucchi. Questo indica un lasso temporale di come i fatti fossero immediatamente chiari prima che qualcuno mischiasse le carte”.

Questa notizia scatena un putiferio, alle 16.46 il Comando provinciale dei Carabinieri chiede urgentissime notizie. Servivano informazioni- ha spiegato il pm- per redigere appunti per il ministro Alfano che avrebbe dovuto rispondere al question time di Roberto Giachetti. Appunti che il ministro Alfano legge al Senato il 3 novembre: il documento che viene redatto sulla base degli atti falsi trasmessi dal comando generale. Alfano dichiara il falso al Parlamento sulla base di questi appunti. Il documento è falso su tre punti: Cucchi è collaborativo e non è vero. Si omette ogni passaggio dalla compagnia Casilina, Cucchi già al momento dell’arresto era in condizioni fisiche debilitate e non è vero. Qui- ha proseguito il pm- inizia una difesa a spada tratta dell’Arma e dall’altra in una implicita accusa a tre agenti della Penitenziaria. Ad accusare la Penitenziaria fu proprio Alfano, cioè il ministro della Penitenziaria. Quando questo accade il fascicolo del pm Barba era contro ignoti”.

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