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Espianto di tessuto ovarico, così una 14enne malata di tumore potrà diventare mamma

Questa nuova modalità di preservazione della fertilità è stata applicata a Padova su una ragazzina di 14 anni: una volta reimpiantato, il tessuto ovarico inizia a funzionare e produce ormoni

Pubblicato:27-01-2023 15:05
Ultimo aggiornamento:27-01-2023 15:05
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VENEZIA – Il primo espianto di tessuto ovarico su una giovane ragazza oncologica di 14 anni effettuato a Padova, primo centro in Veneto, “apre una strada importante per la preservazione della fertilità, un percorso che nella nostra regione ha raggiunto l’avanguardia ponendosi tra i primi centri in Italia. Si tratta di una nuova modalità di preservazione della fertilità grazie alla quale oggi siamo in grado di preservare la possibilità di diventare madri in nuove categorie di pazienti oncologiche, prime tra tutte le bambine, ma anche le pazienti affette da tumori particolarmente aggressivi per cui non ci sarebbe il tempo di effettuare la crioconservazione degli ovociti”. Così Manuela Lanzarin, assessore alla Sanità del Veneto, commenta il primo espianto di tessuto ovarico effettuato dalla Pma dell’Azienda Ospedale Università di Padova, il Centro di procreazione medicalmente assistita, diretto da Alessandra Andrisani.

Le ultime linee guida dell’Aiom hanno inserito il tessuto ovarico tra le modalità di preservazione della fertilità benché sia una tecnica sperimentale. Questa tecnica, ricorda la Regione Veneto in una nota, “ad oggi ha consentito la nascita di poche migliaia di bimbi, ma tutti sani, e senza alcun rischio per le mamme. Un grande vantaggio del tessuto ovarico è rappresentato dal fatto che una volta reimpiantato inizia a funzionare, producendo ormoni, proprio come l’ovaio, per cui potenzialmente ripristina la fertilità naturale (non è dunque sempre necessario ricorrere alla ivf) ma anche la funzione endocrina (riducendo i sintomi da menopausa e i rischi, ad esempio di osteoporosi)”. L’intervento avviene grazie ad una semplice laparoscopia, ogni reimpianto può durare di media cinque anni.

A Padova è stata recentemente inaugurata la nuova struttura dedicata alla procreazione medicalmente assistita dell’Azienda Ospedale Università di Padova, con un investimento di oltre quattro milioni di euro. Lo spazio, di 563 metri quadri, è dotato di quattro ecografi di ultima generazione che consentono lo studio in 3D dell’utero, di attrezzatura per la sala operatoria e per il laboratorio, di apparecchiature per Icsi, ovvero l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo, di due microscopi, di una banca criogenica per la conservazione di gameti e tessuti, di analizzatori computerizzati per l’analisi cinetica del liquido seminale ed incubatori che permettono di visualizzare in tempo reale lo sviluppo dell’embrione.


“Ad oggi, la Pma di Padova, individuata come centro hub dalla nostra delibera del 2022 che ha costituito la rete Veneta della Pma, sono state prese in carico 10.000 coppie, effettuati 6.000 trattamenti e ci sono state 200 preservazioni della fertilità– evidenzia Lanzarin- numeri che indicano il ruolo determinante che ha questa struttura rispetto al territorio, dalla presa in carico, che richiede tre mesi per una prima visita, ai trattamenti e ai controlli per i quali non ci sono liste di attesa. Per il Veneto si tratta di una vera punta di diamante che garantisce l’accesso alla procreazione assistita ed è sinonimo di progresso e speranza grazie agli studi e ai protocolli legati all’oncofertilità”.
L’espianto di tessuto ovarico rappresenta l’ultima tappa “di un lungo percorso di attenzione nei confronti della donna e della sua possibilità di diventare madre in modo sicuro, seguendo un iter che tiene conto anche della sua sicurezza e dell’aspetto psicologico”, conclude l’assessore.

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