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India. Scontri al Forte rosso, ma i contadini vanno avanti

Gruppi di coltivatori di numerosi Stati dell'India sono accampati da settimane alle porte della capitale per protestare contro le leggi volute da Modi per la liberalizzazione del settore agricolo

Pubblicato:27-01-2021 18:59
Ultimo aggiornamento:28-01-2021 13:30
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Di Brando Ricci

ROMA – Le organizzazioni e i sindacati di contadini che hanno organizzato un corteo di trattori, degenerato in scontri ieri nella capitale Delhi, si sono dissociati dagli autori delle violenze ma hanno detto che proseguiranno nelle proteste contro le tre leggi del settore agricolo volute dal primo ministro Narendra Modi. Nei disordini, cominciati quando un gruppo di dimostranti si è separato dal tragitto stabilito del corteo per dirigersi verso il centro città, è morto un manifestante e sono state ferite decine di persone, tra le quali almeno 80 membri della polizia. Durante gli scontri alcuni contadini hanno attaccato anche il cosiddetto Red Fort, detto anche Lal Qil’ah, il forte di epoca Moghul patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

La Samyukta Kisan Morcha, una rete che rappresenta 40 organizzazioni nata a novembre proprio per coordinare la mobilitazione dei contadini, ha fatto sapere di “condannare e deplorare gli atti inaccettabili” di ieri. Dello stesso avviso anche il partito politico Swaraj India, tra i promotori delle manifestazioni, che per bocca del suo leader Yogendra Yadav ha sottolineato che “gruppi anti-sociali hanno commesso degli atti da condannare”, inflitrandosi in quella che è stata definita una protesta “pacifica”. Entrambe le organizzazioni hanno invitato i contadini a rispettare le regole ma a portare avanti le proprie rivendicazioni.


Gruppi di coltivatori di numerosi Stati dell’India, e soprattutto Punjab e Haryana, nel nord del Paese, sono accampati da settimane alle porte della capitale per protestare contro le leggi. Secondo Modi, i provvedimenti, approvati a settembre, mirano a modernizzare e liberalizzare il comparto agricolo. Per i contadini, invece, mettono a rischio i loro mezzi di sussistenza e favoriscono i grandi gruppi privati.

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