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Giornata della Memoria, medaglia d’onore a Costa: “Mio padre deportato nei lager”

A raccontare la storia di Nicola Costa, deceduto circa 15 anni fa, è suo figlio, il ministro dell’Ambiente, a cui questa mattina il prefetto di Napoli ha consegnato il riconoscimento

Pubblicato:27-01-2021 14:37
Ultimo aggiornamento:27-01-2021 16:10

sergio costa medaglia onore_giornata della memoria
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NAPOLI – Nel settembre del 1943 Nicola Costa era un ragazzo di 18 anni. Venne catturato dalle Ss a piazza Dante, a Napoli, e da lì portato in Germania. Trascorse quasi due anni in un campo di lavoro della Bassa Sassonia che si trovava vicino a un campo di sterminio. Riuscì a scappare dal lager nell’aprile del 1945 insieme ad altri internati e raggiunse Napoli dopo una lunga fuga a piedi o con mezzi di fortuna.

A raccontare la storia di Nicola Costa, deceduto circa 15 anni fa, è stato suo figlio, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, una delle trentadue persone a cui questa mattina il prefetto di Napoli Marco Valentini ha consegnato una medaglia d’onore alla memoria. Si tratta di 32 familiari di cittadini deportati e internati nei lager nazisti.
“Mio padre – ha raccontato il ministro – non parlava mai di quello che era successo, ma aveva redatto un diario che la mia famiglia custodisce gelosamente a casa. In quelle pagine sono raccontati questi quasi due anni di prigionia, le violenze, l’aggressività, la mancanza d’amore dei carcerieri. Ma anche la solidarietà tra chi era internato nei lager: mentre lavorava nel campo papà si ruppe una gamba, ma grazie all’aiuto dei suoi compagni riuscì a evitare di essere ucciso. Quel diario è il ricordo vivo di papà che ci dice che non deve accadere mai più. La memoria è bellezza, va coltivata continuamente o c’è il rischio che qualcuno dimentichi quelle sofferenze, sofferenze vere che io ho sentito dai racconti di papà. Erano strappi nell’anima”.
“Mio padre – ha continuato Costa – era un uomo molto buono ma rigoroso e provava un profondo amore per la legalità e la giustizia, valori che ha trasmesso a me e a mio fratello e che hanno guidato anche i miei 38 anni di carriera nelle forze di polizia e in questi due anni e mezzo circa da ministro. Ho provato a vivere questi anni al governo del Paese con trasparenza, correttezza e linearità, sempre al servizio del Paese e non di un partito o di una convenienza. Così continuerò a fare sempre nella mia vita”.

PREFETTO VALENTINI: “VALORIZZARE LA MEMORIA PER EVITARE IL RISORGERE DI IDEOLOGIE SUPREMATISTE O DISCRIMINATORIE”

“Valorizzare la memoria significa non solo pensare a cose e sentimenti del passato, ma anche ai pericoli della società di oggi come il risorgere di ideologie suprematiste o discriminatorie di cui la cronaca ci dà testimonianza ancora in questi giorni”. È il messaggio lanciato dal prefetto di Napoli Marco Valentini in occasione del Giorno della Memoria.
Valentini, nel corso di una cerimonia in prefettura
, ha consegnato le medaglie d’onore alla memoria ai familiari di trentadue cittadini della provincia di Napoli, deportati ed internati nei lager nazisti. Sono originari di Gragnano, Massa Lubrense, Meta di Sorrento, Napoli, Piano di Sorrento, Portici, Sorrento, Torre Annunziata e Vico Equense.
Il prefetto ha inoltre partecipato alle celebrazioni organizzate dal Comune di Napoli. Durante la prima iniziativa al Borgo Orefici è stata deposta una corona di fiori in via Luciana Pacifici. La strada è intitolata alla bambina napoletana che è stata tra le più giovani ad essere deportata in un campo di concentramento. Luciana aveva solo un anno di età quanto morì nel treno della morte che avrebbe dovuto condurla ad Auschwitz. Tutti i suoi familiari moriranno poco dopo nelle camere a gas.

“Oggi quella bimba ebrea avrebbe 77 anni – ha ricordato il prefetto – ma una strada della città di Napoli porta il suo nome e si tratta della via che prima era intitolata ad Azzariti, presidente del tribunale della razza e firmatario di quel manifesto della razza che ha consentito la deportazione di 60mila ebrei italiani”.
Valentini ha raccontato di aver scritto un libro, lo scorso anno, in cui racconta la storia di suo padre, che a 18 anni fu recluso nel carcere di via Tasso, a Roma, luogo di tortura dove vennero reclusi migliaia di prigionieri, molti dei quali rimasero vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
“Mio padre – ha raccontato il prefetto – riuscì a sopravvivere perché scappò dal carcere il giorno prima di quella tragedia. La memoria non deve essere un momento di commemorazione retorico. Questa settimana sui giornali si parlava di un movimento di neonazisti e sovranisti negli Stati Uniti che vogliono combattere ebrei, femministe, omosessuali, persone di colore, rom e sinti, 500mila dei quali vennero uccisi nei campi di concentramento. In poco tempo il canale Telegram dell’ideologo di questo movimento, un 22enne, ha raggiunto 500 iscrizioni. L’idolo di questo movimento è Breivik, l’uomo che nel 2011 in Norvegia uccise 77 adolescenti”.


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