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Giornata della Memoria, storia di Arpad Weisz “l’allenatore gentile” morto ad Auschwitz

Una vita dedita al gioco più bello del mondo stroncata dalla follia dell’uomo

Pubblicato:27-01-2017 15:09
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:50

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ROMA – Questa è la storia di un uomo buono, mite, gentile. Padre di due figli, marito esemplare. Con la passione per il calcio, con la volontà di fare del calcio la propria vita. Questa è la storia di Arpad Weisz, una di quelle storie che i giovani non conoscono ma farebbero bene a conoscere. È la storia di un allenatore, di uno di quelli che ad oggi si definirebbero “vincenti”. Una storia che affonda le sue radici in quell’epoca quando il calcio si giocava ancora con il pallone di cuoio cucito a mano, epoca oscura, nefasta che coincide con gli anni della progressiva occupazione nazista dell’Europa.

Giornata della Memoria, Arpad Weisz “l’allenatore gentile”

Nato nel 1896 a Solt, piccolo borgo a cento chilometri da Bupadest, dopo le iniziali esperienze con squadre minori del suo paese, arriva in Italia a 28 anni per giocare con il Padova. Tempi cupi, per l’Italia, che proprio nel 1924 subisce l’accelerazione totalitaria del governo Mussolini, iniziata nel giugno dello stesso con l’uccisione di Giacomo Matteotti. La carriera di Arpad, invece, pare decollare. Disputa una buonissima stagione con gli euganei, tanto che per la stagione 1925-1926 è addirittura il Football Club Internazionale di Milano a fare carte false per acquistarlo. Arpad firma con gioia, giocare a Milano è un sogno che si avvera. Ma spesso, i sogni durano poco, troppo poco. Un infortunio, che ad oggi non farebbe saltare più di tre partite, ne pregiudica invece l’intera carriera. Arpad, dopo una sola stagione con i nerazzurri, deve lasciare il calcio giocato. È però un uomo forte, e ancor più forte è la moglie Elena. Che lo sostiene, e lo sprona a non abbandonare il calcio: se non lo si può giocare, lo si può insegnare.

Giornata della Memoria, Arpad Weisz e l’Italia

È la svolta: dopo un semestre sulla panchina (allora gloriosa) dell’Alessandria, il terzo presidente dell’Inter, Giuseppe Cesare Borletti, imprenditore avveniristico e fondatore de La Rinascente e della Upim, lo volle sulla panchina nerazzurra. Non accettava rifiuti, il “Senatur” Borletti: ma Arpad non si fece pregare, stupendo rimanere all’ombra della “Madunina”. Arpad si lega sempre più alla società nerazzurra: passano i presidenti, passano i giocatori, lui rimane in sella. Non si scompone neanche quando, il 31 Agosto del 1928, il Football Club Internazionale si piega all’obbligo del regime di unirsi alla US Milanese, dando vita all’Ambrosiana. Troppa paura faceva al fascismo una squadra che richiamasse nel nome la Terza Internazionale. Nulla cambia, però, nel suo modo di allenare, anzi: il successo è alle porte. Stagione 1929-1930: arriva il terzo scudetto della storia nerazzurra, il primo con il campionato a girone unico. Arpad Weisz in panca, Giuseppe Meazza (da lui scoperto) in attacco: non ce n’è per nessuno. L’amore con i nerazzurri dura ancora due anni, poi Arpad prende altri treni: allena a Bari, a Novara, ancora all’Ambrosiana, fino ad arrivare, nel 1935 a Bologna e compiere l’autentico capolavoro della sua carriera: due scudetti consecutivi all’ombra delle Torri, il terzo e quarto della storia rossoblù. Poi, il 1938: un’irrilevante particolare diventa la tragedia personale.


Giornata della Memoria, Arpad Weisz e le leggi razziali

Un regime disperato e alla ricerca di consenso internazionale promulga le leggi razziali. Per Arpad, di religione ebraica, e la sua famiglia comincia l’inizio della fine. Costretto ad abbandonare il lavoro, comprende che la sua salvezza è nella fuga: con i figli Roberto e Clara e la moglie Elena, l’approdo nella tollerante Olanda appare come la salvezza. Trova anche lavoro: fino all’irreparabile, allenerà il Dordrecht, dando lustro alla società. Ma l’Olanda nel maggio del 1940 viene invasa dai nazisti; per il paese e per Arpad è l’inizio di un lungo stillicidio. E’ il 2 agosto del 1942 quando la Gestapo si presenta a casa dei Weisz. Arrestati e trasferiti in un campo di lavoro, a Westerbork, nella zona nord dell’Olanda. Da qui moglie e figli verranno trasferiti subito ad Auschwitz, trovando la morte nel novembre dello stesso anno.

Giornata della Memoria, Arpad Weisz ad Auschwitz

Arpad, solo e dilaniato, trasferito in un campo di lavoro dell’Alta Slesia. Ci rimarrà fino al gennaio del 1944, quando tornerà anch’egli ad Auschwitz, per morire l’ultimo giorno di gennaio in una camera a gas. Solo nel 2004, il calcio italiano ha ricordato Arpad Weisz, sia a Bologna che a Milano sono state scoperte targhe ricordo. Oggi Milano lo ricorda con un torneo tra le migliori giovanili della città: la sua Inter, i rivali del Milan. Ma, come ha scritto Matteo Marani, giornalista bolognese autore del libro “Dallo scudetto ad Auschwitz” che ripercorre le gesta di Arpad: “Di Weisz, si era perduta ogni traccia. Eppure aveva vinto più di tutti , aveva conquistato scudetti e coppe. Ben più di tecnici tanto acclamati oggi. Sarebbe immaginabile che qualcuno di loro scomparisse di colpo? A lui è successo”.

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