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ROMA – Si è conclusa con un appello accorato contro l’ergastolo l’arringa della difesa di Filippo Turetta, imputato per l’omicidio di Giulia Cecchettin.
Gli avvocati del 22enne hanno cercato di smontare l’impianto accusatorio puntando sull’assenza di premeditazione e sulla forte alterazione emotiva che avrebbe spinto l’imputato a compiere il gesto.
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In aula, l’avvocato Giovanni Caruso ha aperto la sua difesa con una provocazione destinata a far discutere: “Filippo Turetta non è Pablo Escobar”. L’obiettivo della frase è chiaro: smarcarsi dall’immagine di un criminale spietato, costruita secondo la difesa anche da una “gogna mediatica” che avrebbe amplificato i contorni del caso.
“Non stiamo parlando di un boss del narcotraffico o di un killer freddo, ma di un ragazzo di 22 anni, insicuro e fragile, che ha commesso un gesto terribile in preda all’emotività”, ha ribadito Caruso, contestando la richiesta di ergastolo avanzata dal pubblico ministero Andrea Petroni.
La difesa ha posto l’accento su quello che definisce uno “stato di alterazione emotiva” in cui Turetta avrebbe agito. “Un cortocircuito psicologico, un momento di concitazione e perdita di controllo”, ha spiegato Caruso, evocando il concetto di “tempesta emotiva”. Questo stato, già richiamato in altre vicende giudiziarie, sarebbe la chiave per comprendere l’impulsività e la confusione con cui il giovane avrebbe compiuto il gesto.
“Le pugnalate sono state sferrate alla cieca, in modo sconnesso, senza la lucidità che caratterizza un’azione premeditata”, ha aggiunto la difesa, respingendo l’accusa di crudeltà.
Secondo gli avvocati, la famosa lista di azioni trovata in possesso di Turetta non rappresenterebbe una prova schiacciante della premeditazione, che richiede continuità tra intenzione ed esecuzione. “Filippo era incerto, insicuro su tutto. La premeditazione non è compatibile con la sua personalità”, ha sostenuto Caruso. La difesa ha quindi chiesto che l’aggravante venga esclusa, così come quella dello stalking, sostenendo che il comportamento ossessivo di Turetta non avrebbe generato in Giulia un perdurante stato di paura.
“L’ergastolo è una pena disumana e degradante”, ha dichiarato Caruso, definendolo “un tributo a un’ideologia vendicativa più che a uno Stato di diritto”. La difesa ha quindi richiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche, puntando sulla giovane età dell’imputato e sulla sua collaborazione durante il processo.
La decisione del tribunale è attesa per il 3 dicembre, quando si saprà se le argomentazioni della difesa riusciranno a evitare il carcere a vita per il giovane di Torreglia.
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