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Burkina Faso, Sunzini (Tamat): “Aumentare gli aiuti allo sviluppo”

Il direttore della Ong umbra racconta alla Dire del quartiere degli sfollati della capitale Ouagadougou

Pubblicato:26-11-2020 18:38
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:39

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ROMA – Mai come oggi i Paesi europei devono aumentare gli aiuti allo sviluppo, nonostante la crisi innescata dalla pandemia faccia cedere alla tentazione di tagliare i fondi.

Il quartiere Bissighin, nella periferia della capitale del Burkina Faso, Ouagadougou, e’ un esempio dell’urgenza di migliorare il lavoro che i governi possono svolgere per lo sviluppo. Lo racconta all’agenzia Dire Piero Sunzini, direttore dell’ong umbra Tamat, che fino a pochi giorni fa era a Bissighin per distribuire cibo e kit disinfettanti agli sfollati.

“Ci sono circa 600 persone ammassate e senza niente- dice il direttore- parte di quel milione e mezzo di profughi che hanno lasciato da un giorno all’altro le regioni del nord per scappare dalle violenze dei gruppi armati”.


Alla piaga del jihadismo, che si è approfondita nel 2020, in Burkina Faso si sommano gli effetti dei cambiamenti climatici e di politiche volte a offrire sostegno ai profughi. “A Bissighin- continua Sunzini- tanti trovano riparo da amici e parenti, in casette costruite con mattoni di paglia e argilla e senza un piano regolatore, dove mancano fognature, acqua potabile e corrente elettrica”.
Ad agosto, poi, su Ouagadougou si sono abbattute bombe d’acqua che hanno fatto crollare case e aumentare il numero degli sfollati. Eventi straordinari in una zona caratterizzata dalla siccita’, che ora e’ di fronte anche a una terza sfida: il Covid-19. Nel Sahel la pandemia non registra i contagi dell’Europa ma, avverte il direttore di Tamat, “ha determinato un’enorme crisi economica e sociale”.

La chiusura delle frontiere, ad esempio, per un Paese dipendente dalle importazioni come il Burkina Faso ha causato problemi con derrate alimentari, farmaci e pezzi di ricambio per i macchinari.

“La gente non sa cosa mangiare mentre le produzioni si fermano” dice Sunzini. “Persino un nostro progetto ne ha risentito: un allevamento di polli decimato da una malattia perche’ non abbiamo potuto importare il vaccino necessario a proteggerli”.

In questo contesto, secondo il direttore, la distribuzione di aiuti realizzata da ong come Tamat “è una goccia nell’oceano”. Sunzini è convinto che questi problemi “non possono essere lasciati alle organizzazioni, serve l’intervento strutturato dei governi in partnership coi donatori e le agenzia per la cooperazione allo sviluppo”. Un tema al centro della tre giorni di dibattiti di Codeway, Cooperation Development Expo, manifestazione organizzato da Fiera Roma alla quale Sunzini e’ intervenuto in un panel dedicato all’impatto della pandemia sui Paesi dell’Africa sub-sahariana.

Secondo il direttore di Tamat, il Sahel “è la frontiera più’ esterna del Mediterraneo e se la cooperazione non dara’ risposte l’effetto piu’ immediato sara’ l’aumento delle migrazioni”. La soluzione sarebbe “lavorare sulle opportunità che già esistono, sviluppando modelli economici che garantiscono reddito alle popolazioni e soprattuto ai candidati alle migrazioni: i giovani”. Secondo Sunzini, insomma, bisogna “creare lavoro e stimolare la produzione alimentare”.

Il direttore di Tamat sottolinea infine che se i Paesi europei come l’Italia non investiranno maggiori risorse, il rischio è”l’uso dissennato delle risorse ambientali ma anche l’arrivo di Paesi come Russia, Turchia e Cina, i cui interventi sono guidati da valori diversi, non sempre rispettosi dei diritti umani”.

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