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ROMA – In ventinove persero la vita nel Gran Sasso Resort & Spa di Rigopiano la sera del 18 gennaio 2017 quando una valanga, seguita a due forti scosse di terremoto, spazzò letteralmente via l’hotel. A quasi due anni di distanza l’indagine si è chiusa: sotto accusa, dei 40 iniziali, restano in 24 più la società Gran Sasso Resort & Spa. Per loro l’accusa è di omicidio colposo e lesioni colpose sotto forma di negligenza, imperizia e imprudenza per non aver fatto quanto potevano e dovevano per evitare la tragedia, come sgomberare per tempo l’hotel o prevederne la chiusura invernale.
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Tra le responsabilità principali, scrive la Procura, quelle riguardanti i permessi edilizi rilasciati per l’ampliamento dell’hotel Rigopiano. Gli indagati in questi giorni hanno ricevuto un avviso di fine indagine, atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura. Ora hanno venti giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o presentare memorie difensive, poi la Procura valuterà se chiedere il processo per tutti.
Tra i 24 a cui è arrivato il fine indagine ci sono l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, il presidente della provincia Antonio di Marco, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, Paolo Del Rosso (fino al 2009 amministratore insieme a Roberto Del Rosso, deceduto il 18 gennaio, della Gran Sasso Resort), il direttore dell’hotel Bruno Di Tommaso e alcuni dirigenti regionali e provinciali.
Tra le persone destinate a uscire dall’inchiesta (la Procura ne ha chiesto l’archiviazione) ci sono gli ex presidente di Regione Luciano D’Alfonso, Gianni Chiodi e Ottaviano del Turco, a cui si contestava la mancata realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli da valanga. Richiesta di archiviazione anche per gli assessori che si sono succeduti nella delega alla Protezione civile, Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Mimmo Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca.
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